Ignoranti? No, sostenibili!
Martedì 18 dicembre, presso la sala conferenze del rettorato di Lecce doveva tenersi un dibattito su “Heliantos 1”, la centrale a olio combustibile che Italgest Spa realizzerà alle porte della città. Tra i relatori del convegno il rettore dell’Università del Salento Domenico Laforgia, l’amministratore delegato di Italgest Paride De Masi, gli assessori all’Ecologia e alle Politiche energetiche, Gianni Scognamillo e Gianni Sergi, l’assessore comunale Giovanni Garrisi.
Al centro del convegno la discussione di una proposta che CulturAmbiente ha portato all’attenzione dell’ad di Italgest, che invitiamo a consultare sul nostro sito.
Alcune settimane fa, però, convocati dai tecnici responsabili del progetto per alcune discussioni preliminari, abbiamo potuto constatare l’assenza di disposizione al dialogo da parte dell’azienda, che ci ha etichettati come ignoranti, insinuando che non avessimo letto i loro documenti.
Tali supposizioni contrastano con il metodo di lavoro di CulturAmbiente, dunque abbiamo ritenuto di dover annullare il convegno: gli utenti potranno constatare sul sito che la nostra proposta, pubblicata il 21 novembre, riporta letteralmente le criticità del progetto Italgest, analizzandole e proponendo una via più sostenibile.
Non essendoci comunque possibilità di replica, siamo costretti ad esporle su culturambiente.it.
In questa sede si vuole invitare l’opinione pubblica ad una valutazione del grado e della misura dell’ “ignoranza” della nostra proposta.
L’analisi e la critica al progetto Heliantos1
Fermo restando che CulturAmbiente ritiene che un’azienda che investe sull’energia alternativa è da considerarsi una risorsa e non un demonio, precisiamo che le perplessità rilevate circa il progetto Heliantos 1 si concentrano tutte sul combustibile individuato.
Nel progetto si pretende che la combustione di oli vegetali non comporti un incremento di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera: questo non è vero perché nel ciclo di produzione devono includersi alcune fasi di notevole impatto ambientale, quali il consumo di energia fossile per la coltivazione, la raccolta, la lavorazione, la produzione ed il trasporto dell'olio.
Numerosi studi dimostrano che l’energia da biomasse sia utile solo se convertita entro poca distanza dal luogo di produzione, senza trattamenti intermedi.
Non può essere questo il caso dell'impianto proposto da Italgest: il girasole lavorato per la produzione di olio comporta un ulteriore utilizzo di energia, oppure è importato dai paesi come il Brasile, l’Indonesia o la Malesia, dove viene prodotto mettendo a rischio la vita di popolazioni nelle cui aree si procede all'abbattimento di estese foreste. Considerando poi la portata del combustibile nella centrale (5 ton/h), si può ben capire che la produzione in loco di 20mila ettari basterà ad alimentare solo una piccola parte del fabbisogno, producendo una ricchezza di certo non diffusa sul territorio.
Pensiamo occorra riflettere anche sui danni che la centrale arrecherà alle nostre falde già esigue e in gran parte salinizzate che potranno coprire in modo insufficiente ed inefficace la necessità di acqua per l’irrigazione dei girasoli.
Un’alternativa sostenibile: il biogas da biomasse locali
La proposta “ignorante” che abbiamo inoltrato a Italgest si basa sull’assunto che gli impatti negativi della centrale si bilanciano con ricadute positive sul territorio. Ci riferiamo al ricorso alla biomassa locale per la produzione di biogas.
Questa soluzione porterebbe un valore aggiunto a prodotti di scarto che oggi vengono in gran parte bruciati nelle campagne o gettati nelle discariche e contribuirebbe al miglioramento delle condizioni economiche degli agricoltori e dei comuni incentivando la differenziata e risolvendo il problema dello smaltimento dei fanghi di depurazione.
Il biogas è tra le fonti alternative a impatto zero più utilizzate per la produzione di energia da fonti rinnovabili e si ottiene dalla fermentazione anaerobica di sostanze organiche: è indicato dall'Unione europea tra le fonti energetiche rinnovabili che assicurano autonomia energetica e la graduale riduzione dell' inquinamento ambientale e dell'effetto serra.
L'esperienza in diversi Paesi europei (Germania, Olanda, Belgio, Danimarca, Austria, Svizzera), dove impianti di questo genere sono in funzione da diversi anni, si è rivelata un successo: ne esistono circa tremila solo in Germania e le esperienze europee positive hanno già contagiato la Valle d'Aosta e la provincia autonoma di Bolzano.
Non varrebbe la pena discuterne?
- Il sostegno scientifico alla proposta(Diparitmento Ingegneria dell'innovazione UniLe):http://www.culturambiente.it/pdf/energia/documento%20rinnovabili.pdf
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