Le campagne di camorra e diossina dove i bimbi giocano tra le carcasse
Il camion che ritira i sacchi con gli agnelli di Patrizia e Mario è già carico: ha due bufale, dentro. Morte per diossina, appena raccolte lungo la strada. In una scena di poco successiva la madre prepara ai figli dei panini bellissimi a vedersi: pane, prosciutto crudo e mozzarella. Il prosciutto sembra di velluto, la mozzarella a tagliarla rilascia il suo latte. La telecamera indugia con lo zoom. I bambini sono felici. Che bei panini. Saranno di certo buonissimi. La famosa mozzarella di bufala campana: "Femos in de uord".
Se l'Italia non fosse l'Italia ma un paese minimamente reattivo, se gli italiani andassero a vedere i documentari anche quando non sono di Michael Moore, se la televisione comprasse i diritti e mandasse in onda lavori come questo al posto delle gare di pacchi e se poi col satellite "Biutiful cauntri" arrivasse in Europa e nel mondo anche un qualunque spettatore tedesco, inglese, anche un giapponese pronto a partire per le vacanze a Pompei rinuncerebbe e penserebbe quello che pensiamo noi in questo preciso istante: che la mozzarella campana non solo non bisogna pagarla più delle altre ma non bisogna proprio mangiarla più e speriamo che non faccia troppo male quella mangiata finora.
Vediamo, poi, se il crollo del mercato alimentare e del turismo potranno quel che vent'anni di politica non hanno potuto. Di ricotta e mozzarelle si muore dicono le immagini limpide e asciutte del film, perché questo è un posto dove la camorra con la complicità dei politici locali e degli imprenditori di tutto il paese (hanno accento del Nord tutte le voci intercettate nelle telefonate) ha scaricato per anni sul terreno, nei fiumi, nei tombini aperti col piede di porco e quindi nelle fogne, nei fiumi e nei campi tonnellate di amianto. cobalto, alluminio, arsenico, milioni di quintali di sostanze tossiche e proibite che le stesse voci del Nord (ridendo, quasi sempre, al telefono) annunciano di aver appena spedito perché siano seppellite "alla cifra convenuta" e senza dare nell'occhio con le popolazioni che poi "rompono le palle".
Che seccatura tutti questi che prima di essere avvelenati "rompono le palle" invece di morire in silenzio come le pecore. Ecco: tonnellate di metri cubi di percolato nerastro e velenoso che hanno infiltrato la falda acquifera (i contadini lo sanno; infatti nel film annaffiano le piante con l'acqua minerale) e i campi dove si coltiva la patata doc di Acerra, i pomodini che al mercato di Torino si vendono più cari perché vengono dalla terra del sole, i finocchi e l'insalata.
Allora: le mucche, le bufale e i vitelli che pascolano accanto alle discariche muoiono per la diossina. Le discariche sono ovunque, prevalentemente abusive. Le persone che mangiano quelle mozzarelle, per esempio i bambini del film così contenti del panino, hanno una fibra più forte degli agnellini e non si accasciano sulle zampe, non restano accucciati agonizzanti per giorni ma non è che non si avvelenino: si avvelenano anche i bimbi. Per le persone non c'è un camion che passi a prenderle la notte: gli ospedali, però, sono pieni. Il puzzo nell'aria non è solo puzzo: è veleno, qui si muore di tumore.
Esmeralda Calabria (debutto alla regia, ha lavorato al montaggio con Moretti, Placido, Piccioni, Archibugi), Andrea D'Ambrosio (suo il documentario "Pesci combattenti" sui maestri di strada) e Peppe Ruggiero (curatore del rapporto Ecomafie di Legambiente Campania) sono gli autori del documentario che ha avuto al Festival di Torino la menzione speciale della giuria e che si proietta stasera al cinema Modernissimo di Napoli, domani al Nuovo Sacher di Roma, serate solo a inviti.
Nelle sale dovrebbe uscire entro febbraio, ma non bisogna dare niente per scontato: in fondo si parla pur sempre di politica corrotta e di camorra, ci sono voci e volti di tutti, il sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere, l'Impregilo di Cesare Romiti raccontata per filo e per segno, l'incredibile appalto che ha avuto e chi glielo ha dato, ci sono le voci delle vittime e dei carnefici e non tutti parlano con lingua del posto, c'è l'elenco dei sette commissari straordinari in tredici anni e c'è anche Bassolino.
Ci sono le immagini, principalmente. Ci sono quelle nuvole nere quei sacchi che figliano liquame a terra: le immagini quando le vedi non te le dimentichi più. Come i bambini che giocano tirandosi addosso le carcasse degli agnelli morti. Poi hai voglia ad ingaggiare pubblicitari all'ente del turismo, hai voglia a spruzzare tre volte al giorno deodorante con gli elicotteri. Se se ne accorgono all'estero addio export di mozzarella. Bisognerà mangiarla noi o magari mandarla in Africa con una missione umanitaria. Scriverci sopra made in Italy, però: e biutiful cauntri.
Articoli correlati
- Trent'anni dopo l'omicidio di don Peppe Diana
Gli studenti di Casal di Principe ricordano il sacerdote martire
La figura di don Peppe Diana rappresenta un simbolo di speranza e di resistenza alla camorra. La sua memoria è un monito costante contro l'indifferenza e la complicità, invitando ciascuno di noi a non tacere di fronte alle ingiustizie.19 marzo 2024 - Redazione PeaceLink - È tempo di smettere con l'ipocrisia e di affrontare la realtà
Taranto è in uno stato di sporcizia spaventoso
Troppo spesso si lodano le bellezze della città di Taranto per applaudire l'amministrazione comunale. Questi post sembrano distogliere l'attenzione dalla cruda verità che Taranto sta affrontando. Gli elogi alla bellezza della città sembrano essere uno strumento di propaganda politica18 novembre 2023 - Alessandro Marescotti - Il Rapporto ONU sull'inquinamento in Italia
Inquinamento e violazioni dei diritti umani in Italia
Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite ha visitato l'Italia dal 30 novembre al 13 dicembre 2021. Il Rapporto tocca Porto Marghera, l'inquinamento da PFAS in Veneto, la terra dei Fuochi, l'ILVA di Taranto, Livorno, i pesticidi, i rifiuti e altro ancora.14 dicembre 2021 - Redazione PeaceLink - La lunga vita dei rifiuti di platica
Flacone vecchio di 50 anni ritrovato nelle acque del porto di Ancona
«Ritrovare un oggetto come questo può sembrare assurdo, ma va considerata la particolare durabilità della plastica perché un prodotto di questo genere può resistere 400-500 anni in mare».7 gennaio 2021 - Maria Pastore
Sociale.network