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Rigassificatore: un business da tre miliardi annui. Voluto dall'Enel in una delle aree archeologiche più belle del pianeta

L'intrigo del gas nella Valle dei Templi

Il rigassificatore di Porto Empedocle Un mostro da 320 mila metri cubi d'acciaio e otto miliardi di metri cubi di gas all'anno. In arrivo dalla Nigeria e destinato al nord Italia. La rivolta di comitati e ambientalisti.
18 gennaio 2008
Massimo Giannetti
Fonte: Il Manifesto - 15 gennaio 2008

L'intrigo del gas nella Valle dei Templi Tutti «vicini» a Totò Cuffaro, sponsor dell'impianto. Il sindaco, la soprintendente e il capo in Italia dell'Unesco. Il sindaco Firetto è dell'Udc, lo stesso partito del governatore, nonché un dipendente Enel in aspettativa. La soprintendente Costantino «adora» Cuffaro. E Puglisi dell'Unesco è anche presidente della Fondazione Banco di Sicilia. La rivolta di comitati e ambientalisti

Il commissario Montalbano dovrebbe fare il diavolo a quattro per tentare di fermare il delitto che si sta consumando proprio nella sua Vigàta, alias Porto Empedocle. Ma Montalbano, o meglio il suo inventore Andrea Camilleri, sebbene più volte sollecitato, non risponde, non parla, segno che non vuole immischiarsi in questa brutta faccenda del rigassificatore che l'Enel Nuove energie, per una pura e semplice convenienza economica, vorrebbe costruire a due passi dalla Valle dei Templi. Ma è un silenzio davvero sprecato, quello di Camilleri, perché in questa vicenda, sulla quale la magistratura agrigentina ha aperto un'indagine, ci sono sufficienti indizi per ritenere che dietro ad essa si nasconda un torbido intrigo di palazzo, un intrigo in cui proprio il suo celebre investigatore Montalbano, se solo potesse, farebbe carte false pur di ficcarci seriamente il naso.

I personaggi coinvolti sono tanti, ma quelli di un certo peso, quelli cioè che con il loro decisivo «parere favorevole» hanno dato il via libera al rigassificatore dell'Enel, ricoprono tutti importanti incarichi istituzionali grazie ai buoni uffici che hanno presso il presidente della regione Sicilia, Totò Cuffaro, padre putativo e grande sponsor del mostro in questione. Un mostro da 320 mila metri cubi di cemento e acciaio, che qualora andasse davvero in porto, stando alle stime della stessa multinazionale italiana dell'energia, dovrebbe sfornare la bellezza di otto miliardi di metri cubi di gas all'anno: gas che Enel, attraverso gigantesche navi metaniere, importerebbe allo stato liquido dalla Nigeria, per poi destinarlo, una volta trasformato in prodotto gassoso, al mercato energetico del Nord Italia (forse anche a quello estero) usufruendo del vicino gasdotto della Snam distante appena sei km da Porto Empedocle.

Il business è colossale, calcolato in almeno tre miliardi di euro l'anno, e l'Enel non intende assolutamente rinunciarvi, neanche se in ballo, come in questo caso, ci sono le sorti di una delle aree archeologiche ritenute dall'Unesco «tra le più belle al mondo»; neanche se a rimetterci le penne, oltre alla naturale vocazione turistica della zona, legata appunto alla Valle dei Templi (700 mila turisti l'anno), saranno anche le attività lavorative più strettamente legate all'economia marina. Decine di chilometri di mare agrigentino verrebbero infatti interdetti a chiunque nei centocinquanta giorni (almeno volte tre a settimana) in cui l'Enel prevede di far arrivare le suddette metaniere a Porto Empedocle. E questo perché, essendo le stesse gasiere delle «potenziali bombe atomiche», un minimo incidente o una collisione con un'altra imbarcazione rischierebbero di provocare un disastro di dimensioni incalcolabili. L'impianto di rigassificazione è tra l'altro previsto ad appena ottocento metri di distanza dal centro abitato, più precisamente in una ex area industriale vicina al porto, proprio a ridosso del parco letterario Luigi Pirandello, in Contrada Caos, un promontorio di «rara bellezza paesaggistica» e in quanto tale sottoposto a vincolo da una legge speciale della stessa regione Sicilia.

In un contesto insomma decisamente inopportuno, sotto tanti punti di vista, per un impianto «a rischio di incidente rilevante» come è quello che si vuole costruire. Ma gli affari sono affari e per la legge dell'Enel non ci sono altri argomenti che tengano. Il discorso però cambia radicalmente se ad assecondare gli interessi economici della multinazionale sono quelle stesse istituzioni che per loro natura dovrebbero al contrario gridare allo scandalo per lo scempio che si annuncia. E invece no, non è così: infatti sia la soprintendenza ai beni culturali e archeologici di Agrigento, sia la sezione italiana della stessa Unesco, sotto la cui «protezione internazionale» ricade la Valle dei Templi, si sono schierate con il nemico. Sullo stesso fronte è sdraiato anche il comune di Porto Empedocle, il cui sindaco Calogero Firetto sostiene la causa facendosi portavoce di una stravagante teoria - tutta cuffariana - secondo la quale «il rigassificatore non solo porterà sviluppo e occupazione nel nostro comune, ma rappresenta un'opportunità proprio per rilanciare il turismo nella Valle dei Templi».

Un miracolo che secondo il Cuffaro-pensiero dovrebbe avvenire in questo modo: «Dato che per consentire l'attracco delle metaniere l'Enel dovrà necessariamente adeguare le strutture del porto, questo consentirebbe anche alle navi da crociera di approdare finalmente a Porto Empedocle».

Se non è una presa in giro, poco ci manca. Ma dal sindaco Firetto, al quale in realtà premono soprattutto le compensazioni (soldi e infrastrutture viarie) che l'Enel dovrà dare al comune in cambio delle licenze edilizie, torneremo tra poco, anche perché il suo è un caso davvero interessante. Intanto vediamo cosa scrive la Soprintendente di Agrigento Gabriella Costantino nel suo benestare all'impianto: «Questa soprintendenza, nell'esprimere il parere di competenza nella trattazione del procedimento istruttorio si è soffermata esclusivamente alle superiori argomentazioni di carattere meramente paesaggistico, ritenendo conducibili alle proprie competenze solo le valutazioni di carattere estetico percettivo».

Tradotto, la soprintendente dice di aver valutato l'impatto ambientale del rigassificatore (due mega serbatoi alti 47 metri e larghi 72, parte dei quali sotto il livello del mare) mettendo a confronto il suo aspetto estetico con le strutture degradate dell'area industriale dismessa in cui dovrebbe appunto sorgere l'impianto. Lo ha insomma decontestualizzato da tutto il ben di dio che c'è intorno, non ritenendolo di competenza sui pericoli che esso rappresenta. Per dirla in maniera ancora più chiara, ha chiuso non uno ma tutti e due gli occhi, al punto da lasciare allibiti sia la presidente dello stesso parco archeologico di Agrigento, Rosalia Camerata Scorazzo, sia i suoi due predecessori alla soprintendenza, gli archeologi Graziella Fiorentini ed Ernesto De Miro, firmatari di un appello - sottoscritto da decine di altre personalità del mondo della cultura - in cui chiamano in causa direttamente le più alte cariche dello stato e il capo del governo Prodi per «scongiurare la sciagurata ipotesi del rigassificatore a un km dalla Valle dei Templi e adiacente alla casa natale di Pirandello». Altri appelli, firmati da Legambiente, Italia nostra, associazione Free, nonché dal presidente del Consiglio nazionale dei beni culturali Giovanni Settis, invitano la stessa soprintendente a revocare, finché c'è ancora tempo, il nulla osta concesso all'impianto.

Ma ci si chiede: «Com'è possibile una tale superficialità?» La spiegazione potrebbe forse essere la seguente: la dottoressa Costantino è una apprezzata storica dell'arte e in questa veste ha firmato anche varie pubblicazioni, ma nel curriculum che quattro anni fa l'ha portata al vertice della soprintendenza manca un particolare importantissimo: non c'è scritto infatti che a tale ruolo sarebbe stata fortemente sponsorizzata proprio da Cuffaro, con il quale, oltre ad essere legata politicamente, ha anche - legittimi per carità - stretti rapporti di amicizia, anzi di «adorazione» come lei stessa rivendica, e relative frequentazioni familiari. Tutto ciò ha a che fare con il suo sì al rigassificatore? La Costantino lo nega con tutto il fiato che ha in gola, dice che quel parere è stato scritto dai suoi uffici tecnici e minaccia querele «nei confronti di chi insinua una sciocchezza del genere». Ma ad Agrigento sono in molti a rilevare questa strana coincidenza.

Così come appare assai strano il comportamento di Giovanni Puglisi, capo della commissione italiana dell'Unesco, il quale prima ha bocciato il rigassificatore, poi ha mandato all'inferno il Tempio della Concordia. Questa la lettera da lui indirizzata allo stesso Cuffaro il 4 aprile scorso: «Mi onoro e mi sento in dovere di porre alla Tua attenzione l'effetto deturpante che potrebbe avere l'impianto di rigassificazione sull'area archeologica di Agrigento, mettendo a rischio la permanenza del sito nella Lista del patrimonio dell'umanità Unesco e conseguentemente arrecando grave pregiudizio all'attività turistica dell'area». Una presa di posizione quasi ultimativa, che però Puglisi si rimangia il 12 dicembre in un'intervista a La Sicilia: «Io da siciliano e da amante della Valle dei Templi forse avrei preferito che il rigassificatore si costruisse altrove. Ma poi mi vengono a spiegare che si tratta di un'operazione che ha una forte valenza economica per la Sicilia e mi spiegano anche che non c'è un impatto negativo per l'ambiente, a questo punto occorre buon senso.

Le innovazioni dobbiamo pure farle». Una conversione a 360 gradi. Ma cos'è accaduto nei quattro mesi che hanno diviso il Puglisi anti al Puglisi filo rigassificatore? Proviamo a spiegarlo così: il professor Puglisi non è soltanto il capo dell'Unesco Italia, ricopre infatti una miriade di altri incarichi accademici (tra l'altro è rettore della Libera università di lingue e comunicazione Iulm di Milano), ma è anche e soprattutto un banchiere e in questa veste è presidente della Fondazione Banco di Sicilia, titolare tra l'altro di un pacchetto azionario, pari allo 0,6%, in Unicredit, dove insieme alla stessa regione Sicilia, titolare di un altro 0,62% dello stesso Bds, esprime un consigliere di amministrazione. E' dunque un uomo d'affari, un imprenditore, e politicamente parlando (è stato anche assessore alla cultura a Palermo nella prima giunta Cammarata) fa parte della stessa cordata di Cuffaro, di cui è grande estimatore di vecchia data. Tutto questo ha a che fare con il suo voltafaccia? Il sospetto che sia stato proprio Cuffaro a traghettarlo sulla sponda opposta non costituisce ovviamente reato, ma visto il conflitto di interessi di cui è palesemente detentore Puglisi, forse non hanno tutti i torti le associazioni che fanno parte del Comitato provinciale contro il rigassificatore a chiedere le sue dimissioni almeno dall'Unesco.

A proposito di conflitti di interesse, un altro amico di Cuffaro che ne impersona uno grande quanto una casa è proprio il sindaco di Porto Empedocle, altro perno decisivo per le sorti del «gioiello» dell'Enel.

Senza le relative concessioni edilizie del comune, i cantieri del rigassificatore non potrebbero infatti mai partire. Ma è uno scoglio che non esiste. Per due motivi: primo perché Firetto, esponente dello stesso partito di Cuffaro (Udc), se siede sulla poltrona più alta del municipio è proprio per volontà del governatore siciliano (l'agrigentino è la sua roccaforte elettorale) e quindi non farebbe mai un torto al grande capo; secondo perché Firetto è anche un dipendente in aspettativa della stessa Enel (è capo del personale nella sede di Agrigento) e per questo motivo non si metterebbe mai di traverso al suo potentissimo datore di lavoro. E infatti Firetto non fa una piega, sostiene a spada tratta la causa del rigassificatore con le motivazioni sopracitate. I suoi concittadini non lo vogliono, o quantomeno vorrebbero saperne di più dei rischi che corrono dovendolo avere eventualmente dentro casa.

A tale proposito la direttiva Seveso dell'Ue (recepita anche dall'Italia) parla chiaro per gli impianti industriali ad alto rischio come questo: «Le popolazioni interessate devono essere informate e coinvolte nelle decisioni». Ma a Porto Empedocle l'opinione dei 17 mila abitanti fa paura, tant'è che il comune ha respinto la richiesta di consultazione popolare (cosa che invece ha recentemente accolto il vicino comune di Agrigento) presentata dal Comitato provinciale per il referendum contro il rigassificatore. E' una violazione bella e buona della stessa legge Seveso, ma è soltanto l'ennesimo sgradevole episodio tra i tanti che hanno caratterizzano questa storia sin dall'inizio, sin da quando, nel 2004, ha iniziato a muovere i primi passi sotto altre generalità.

Il progetto del rigassificatore, per la cui realizzazione è previsto un investimento di oltre 500 milioni di euro, è stato infatti formalmente presentato da una società a responsabilità limitata, la Nuova energie srl, di cui era titolare al 90% il gruppo siderurgico bresciano Stabiumi, e del restante 10% la Gi Gas di Siderurgia Investimenti. L'Enel ha rilevato la quota Stabiumi soltanto nel giugno scorso, dopo cioè che il progetto aveva ottenuto l'approvazione della regione. «Perché - si chiede il presidente del comitato referendario Joseph Morici, che per la sua opposizione al rigassificatore ha anche ricevuto due minacce di morte di probabile matrice mafiosa - l'Enel non ha presentato direttamente il progetto, visto che già all'epoca si parlava di una sua acquisizione di Nuove energie? Che bisogno aveva di mandare avanti una scatola vuota? E perché la regione ha rilasciato le autorizzazioni a un'azienda che non solo non aveva nessuna esperienza sui rigassificatori ma non aveva neanche i soldi per realizzarlo?».

E' un giallo che dovrà chiarire la procura di Agrigento, alla quale il comitato anti-rigassificatore ha inviato un esposto in cui ricorda un caso simile accaduto due anni fa a Brindisi, dove fu proprio una società srl a presentare il progetto del rigassificatore che la British Gas voleva costruire nel porto della città pugliese. Secondo i magistrati brindisini, che smantellarono l'imbroglio facendo arrestare cinque persone tra imprenditori e amministratori locali, la srl era servita per far transitare tangenti allo scopo di ottenere le autorizzazioni comunali. «Sicuramente non è il nostro caso - precisa a scanso di equivoci Morici - ma sarebbe opportuno verificare la trasparenza delle procedure autorizzative seguite anche per il rigassificatore di Porto Empedocle».

L'impianto Enel è ora sotto l'esame della commissione interministeriale che a Roma sta valutando il suo impatto ambientale. La sentenza, che sarà quella conclusiva, è prevista nelle prossime settimane. Ma nei prossimi giorni è prevista anche un'altra sentenza, altrettanto importante, quella al processo sulle talpe alla Dda di Palermo nel quale Totò Cuffaro è imputato per favoreggiamento aggravato e rivelazioni di segreti d'ufficio alla mafia (la procura ha chiesto otto anni di reclusione). Lo stesso Cuffaro ha detto e ribadito che se verrà condannato si dimetterà da governatore. In questo caso anche il «suo» rigassificatore potrebbe rimetterci la pelle.

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