Per i siderurgici una sfida difficile
Per la siderurgia italiana «il pacchetto energia approvato dal Bruxelles è una sfida ambiziosa, ma temiamo l'effetto sui costi», afferma Giuseppe Pasini, presidente della Federacciai e imprenditore siderurgico con la Feralpi, «e per questo motivo siamo in linea con le obiezioni al piano che aveva posto in sede europea la nostra organizzazione Eurofer».
La siderurgia italiana è la seconda, per dimensioni, in Europa, alle spalle della Germania. C'è una differenza tecnologica: le acciaierie tedesche hanno come nocciolo gli altoforni, «mentre l'Italia è prima in Europa nell'elettrosiderurgia,che si basa sul forno elettrico. Questo è uno dei motivi per cui le acciaierie italiane sono così sensibili al costo dell'energia», spiega.
L'elettricità pesa sul costo di trasformazione dell'acciaio per circa il 30% mentre la manodopera rappresenta il 15% dei costi. «Nell'energia l'Italia –osserva Pasini – ha perso grandissime opportunità. Gli investimenti sul nucleare estero sono sì interessanti, ma non hanno effetti sui nostri costi aziendali».
Secondo Pasini le imprese metallurgiche italiane hanno pochi margini per adeguarsi al pacchetto europeo: «Il piano di riduzione delle emissioni del 20%entro il 2020 è senz'altro un piano molto ambizioso. Forse fin troppo ambizioso. Non so fino a che punto la siderurgia, che già ha ridotto di molto le emissioni di anidride carbonica, può riuscire a ridurle di un altro 20 per cento».
Per questo motivo la Federacciai suggerisce che gli interventi di efficienza si facciano anche su altri settori: nelle case e sui mezzi di trasporto, per esempio.
«Altrimenti – protesta il presidente –se si continua a battere sulle imprese e sulle industrie, per molti la delocalizzazione diventa quasi necessaria ». Una probabilità così prossima? «Non per tutti; noi acciaieri italiani non vogliamo delocalizzare e la nostra è una siderurgia efficiente che ha investito molto non solo nella produzione ma soprattutto nell'ambiente. C'è chi ha internazionalizzato l'attività, ma devo osservareche molti investitori di Paesi non europei, di Paesi cioè che non sono sottoposti ai vincoli sulle emissioni, investono sulle acciaierie europee, che evidentemente sono interessanti per il business.
Il problema – fa notare Pasini – è che l'energia italiana dipende quasi del tutto dagli idrocarburi, da petrolio e metano, e la situazione delle centrali elettriche non è mutabile di qualche anno». Il presidente della Federacciai però non è pessimista. «Non ho ancora potuto analizzare tutte le conseguenze del pacchetto energia, ma è interessantel'apertura fatta dalla Commissione Ue che riconosce, per le imprese "energìvore" come la siderugia o la chimica, la possibilità di avere quote gratuite di emissione. È uno strumento di flessibilità da non sottovalutare».
Bruxelles indica al 17% il traguardo «verde» da raggiungere nel 2020
L'Italia dovrà triplicare le fonti rinnovabili
L'obiettivo posto dall'Europa è difficilmente raggiungibile
L'Italia – fortissima in Europa nell'energia idroelettrica – dovrebbe triplicare la sua produzione da fonti rinnovabili. L'obiettivo al 2020 indicato mercoledì da Bruxelles è chiaro: circa il 17% dell'energia in Italia dovrà essere "verde". La penisola dovrebbe coprirsi di pannelli solari, interrompere ogni corso d'acqua con centrali idroelettriche, piantare i "ventilatori" eolici in qualunque luogo abbia un alito di vento.
Un obiettivo difficile da raggiungere quello deciso dall'Europa in un negoziato in cui l'Italia ha avuto ancora una volta una posizione marginalissima. Con quali costi? Non si possono oggi fare stime,ma un'indicazione può venire da un'analisi condotta in autunno dalla Confindustria sul piano per le rinnovabili proposto dal Governo italiano, piano molto più piccolo rispetto all'obiettivo europeo e che avrebbe portato a un rincaro del 20% sul prezzo dell'elettricità quotata alla Borsa elettrica.
Oggi l'Italia produce circa 50 miliardi di chilowattora di energia da fonti rinnovabili, e il prezzo all'ingrosso di mille chilowattora si aggira in media sui 75 euro. Il Governo programma di portare questa fonte di energia a 104,5 miliardi di chilowattora, pari a circa il 12%, con un sovraccosto nell'ordine dei 15 euro per mille chilowattora. L'Europa ci chiede di arrivare al 17%, cioè a una quantità non lontana dai 150 miliardi di chilowattora.
In altre parole,gli esperti temonoche l'obiettivo europeo sia raggiungibile solamente con regole molto vincolanti che potrebbero soffocare il libero mercato dell'energia e portare a costi forti. «Spero che il pacchetto energia varato ieri sia approvato entro il 2009, prima della Conferenza Onu di Copenaghen sul clima», ha detto ieri il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. Sul fronte della riduzione dell'anidride carbonica, un altro dei punti forti del "pacchetto energia" di Bruxelles, per il piano italiano di assegnazione delle quote di emissione «le consultazioni si concludono venerdì. Poi c'è il Comitato interministeriale. Dopo una decina di giorni dalla fine delle consultazioni – spiega il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani – si riunirà il comitato, dopodiché ci sarà la firma dei ministri: l'obiettivo è che entro la fine di febbraio le imprese abbiano le loro quote».
Le aziende delle rinnovabili sono pronte a questo impegno. «Ci attiveremo per collaborare con il Governo», ha detto ieri Gianni Chianetta, presidente dell'Assosolare, in occasione dell'assemblea che si è tenuta a Milano. I produttori eolici pensano a «un mercato che entro il 2020 dovrebbe registrare un incremento del 20% medio annuo per un totale di 12mila megawatt», ha osservato Carlo Durante della Maestrale Green Energy. Quello europeo è «un obiettivo ambiziosissimo – commenta Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club – ma raggiungibile solamente se tutti gli attori si attiveranno e se verranno sciolti alcuni nodi sul versante autorizzativo e si investirà in modo serio nella ricerca». «Non mi aspetto un impatto significativo sul nostro business», afferma l'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti.
La Federlegno Arredo punta sul valore ambientale che hanno le foreste e la lavorazione del legno: i boschi italiani e l'allevamento degli alberi – afferma la federazione, sostenuta dalle ricerche degli esperti pubblicate nel libro «Una nuova economia del legnoarredo tra industria, energia e cambiamento climatico» (Franco Angeli editore) – sono una risorsa preziosa, ma poco sfruttata e spesso dimenticata, per ridurre le emissioni di anidride carbonica e per avere una fonte di energia a basso impatto ambientale.
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