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L’inceneritore di Brescia non può essere preso a modello

Il Guru Paul Connet: I limiti dell'inceneritore

«L’inceneritore di Brescia non può essere preso a modello come il migliore per risolvere la questione rifiuti. Produce emissioni tossiche per la salute e non fa decollare la raccolta differenziata, che in altre città d’Italia supera il 70 per cento, come a Novara o Treviso, per esempio».
26 gennaio 2008
Pietro Gorlani
Fonte: Brescia Oggi

. I concetti ripetuti da anni da diversi ambientalisti bresciani, definiti troppo «integralisti», ieri sera sono stati approfonditi al Museo di scienze naturali dal professor Paul Connet, docente emerito di Chimica alla St. Lawrence University di New York e teorico della strategia «Rifiuti Zero».

INVITATO A BRESCIA dal gruppo meetUp «Amici di Beppe Grillo di Brescia» e dall’associazione «Ricomincio da Grillo», in collaborazione con la rete nazionale «Rifiuti Zero» (l'evento è stato patrocinato dall'assessorato Ambiente, Mobilità e Traffico del Comune), Connet ha parlato di fronte a una platea stracolma, dopo aver visitato - nel pomeriggio - l’inceneritore di via Codignole con una guida d’eccezione: l’ingegner Antonio Bonomo, «padre» dell’impianto.

Qual è il giudizio più approfondito del professore sull’inceneritore A2A? «Il giudizio va letto sotto due punti di vista - esordisce Connet -; se paragonato ad altri inceneritori presenti sul territorio nazionale, può essere anche valutato positivamente. Ma preso singolarmente no, visto che è la scelta dell’incenerimento dei rifiuti che non è sostenibile e che ha frenato la raccolta differenziata in questa città, la quale ha bisogno di rifiuti da bruciare (810 mila tonnellate l’anno, ndr.) per mantenere l’impianto».

Il punto di forza di Brescia è solamente uno: «Il fatto di aver realizzato l’inceneritore dove esisteva già una rete complessa di teleriscaldamento; proprio grazie al teleriscaldamento l’impianto di Brescia è più efficiente di altri, che funzionano solo per la produzione di energia elettrica, con un rendimento bassissimo, nell’ordine del 20 per cento».

Resta comunque il fatto che l’impianto è costato troppo: «300 milioni di euro, andati soprattutto a pagare tecnologia tedesca e che quindi non hanno avuto ricadute positive sul territorio. E poi si sono creati solo 80 posti di lavoro. Quella cifra avrebbe potuto essere investita per lanciare la raccolta differenziata, dando lavoro a molte più persone. Il problema è che l’inceneritore conviene perché prende molti incentivi statali (60 milioni di euro l’anno, in quanto risulta come «fonte rinnovabile», ndr.)».

MA È SULLA QUESTIONE inquinanti che le tesi del professor Connet fanno raggelare il sangue: «Ogni inceneritore, quello di Brescia compreso, emette dalla combustione del rifiuto tra 600 e 1200 gradi diossine, furani, mercurio, piombo, cadmio sottoforma di nanoparticelle, le quali sono talmente piccole che, una volta respirate, possono superare la membrana cellulare e a lungo andare scatenano tumori». A questo punto proposito Connet cita gli studi di Stefano Montanari, medico e ricercatore internazionale (per approfondimenti www.stefanomontanari.net).

Ma il Comune di Brescia e Asm hanno sempre assicurato il bassissimo impatto ambientale delle emissioni dell’inceneritore, proprio grazie alle sofisticate tecnologie per l’abbattimento dei fumi... «Peccato che quando ieri pomeriggio ho chiesto dei dati precisi - spiega il professor Connet - mi hanno risposto che me li manderanno via mail». Ci sono però i dati certificati dell’istituto «Mario Negri» di Milano, al quale sono affidate le analisi delle emissioni. «Quelle analisi mi sembrano troppo buone», risponde il professore.

Ma cosa si dovrebbe fare allora? Cosa fate in America? «Negli Usa dal 1995 non costruiamo più inceneritori, perché la comunità scientifica ne ha capito la pericolosità, anche se qualche città ha preso ad esempio Brescia come modello positivo per giustificare i suoi progetti! Una cosa sola si dovrebbe fare: innanzitutto diminuire la produzione pro capite di rifiuti, e questo in parte ha a che fare con le abitudini di vita occidentali, troppo consumiste».

IN SECONDO LUOGO, «una vera raccolta differenziata, che a Brescia è ferma al 38 per cento. Si può fare, e in tempi molto rapidi. Si prendano esempi illuminanti, che anche in Italia non mancano. Si guardi a Novara, che in 18 mesi è arrivata ad avere il 70 per cento di differenziata. Si guardi Treviso, o Asti, con oltre l’80 per cento. Perché a Brescia si è fermi a percentuali così primitive?».

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