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L´inceneritore mitizzato

«Siamo nel 2008 e in Campania non esiste ancora un´idea concreta su come organizzare il ciclo dei rifiuti. Sono molto preoccupata». Con queste parole Pia Bucella, responsabile della direzione Ambiente dell´esecutivo dell´Unione Europea, bolla il disastro ambientale campano, ammonendo: «La direttiva europea sui rifiuti esiste da 33 anni. E non è troppo ambizioso chiedere alla Campania di rispettarla»
17 febbraio 2008
Aldo Loris Rossi
Fonte: La Repubblica

- Ma perché ciò è avvenuto? Cosa prescrive tale direttiva precisata ulteriormente, 16 anni dopo dalla 91/156 Cee?

In sintesi esse definiscono l´intero ciclo integrato dalla tipologia del "rifiuto" alla "gestione, raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti compreso … il controllo delle discariche dopo la chiusura". Esse sono state confermate dalle leggi nazionali: il Dpr 915/82 che prescrive tecniche tendenti alla "riutilizzazione dei materiali recuperabili, … a diminuire i quantitativi da inviare allo smaltimento"; e il D.L. 22/97 (Legge Ronchi) che ribadisce: "I comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia, economicità;... ".
Ebbene tutte queste leggi sono state sistematicamente violate dalle amministrazioni locali dal ‘75 ad oggi, come denunciammo 14 anni fa. Mentre l´assessorato alla Nettezza urbana, un dovizioso bacino di voti, era terreno di conquista dei maggiori partiti di destra, sinistra e centro mediante cedimenti demagogici e violazioni continue e progressive delle leggi europee e nazionali.

Questa diffusa irresponsabilità spiega perché oggi a Napoli «non esiste nessuna cultura che punti alla riduzione dei rifiuti» (P. Bucella); ma al contrario, si è consolidata una prassi clientelare che ha fatto deragliare l´intero ciclo dei rifiuti, ormai controllato in tutte le sue fasi, da clan camorristici.

In questo contesto si è innestata agevolmente «l´illusione di poter bruciare tutto - scrive Guido Viale - ma l´inceneritore è tossico soprattutto perché inquina il cervello di molti amministratori locali e governanti nazionali che aspettano da questa macchina e non dall´organizzazione del ciclo dei rifiuti attraverso la partecipazione e il coinvolgimento diretto dei cittadini - cioè di coloro che i rifiuti li producono - una miracolosa soluzione del problema» ("Manifesto", 8 gennaio 2008).

Il miracolo doveva farlo la Fibe che vinceva il concorso (‘98) prevalendo sulla Foster Wheleer italiana, l´Enel e altri. Ma, come afferma il giudice emerito della Cassazione Raffaele Raimondi: «Quando la Fibe ha vinto la gara non aveva i titoli nemmeno per parteciparvi. La stessa commissione definì il progetto obsoleto. Nel 2001 il massimo organo di consulenza dello Stato, la commissione per la compatibilità ambientale, denunciò che nel progetto non si faceva menzione della raccolta differenziata necessaria per produrre meno ecoballe e che l´impianto era vecchio e sovradimensionato. Il giorno dopo il ministro dell´Interno emise un´ordinanza per accelerare le attività di raccolta differenziata. Ulteriore prova sta nella relazione della commissione Via (Valutazione impatto ambientale) che bocciò senza appello il progetto e prescrisse oltre 20 ammodernamenti» ("Corriere del Mezzogiorno", 15 gennaio 2008).

Scrive sempre il giudice Raimondi: «L´avvocato Gerardo Marotta nell´introdurre l´esposto alla magistratura sul disastro ambientale dei rifiuti in Campania ha lanciato un vero e proprio atto di accusa alla Fibe nella persona di Cesare Romiti, "un imprenditore che ha condannato a morte la nostra regione imponendo un inceneritore vecchio di 30 anni che produce diossina e il pericolosissimo particolato ultrafine - come hanno dimostrato i medici dell´associazione internazionale dei Medici per l´Ambiente nei convegni a Napoli … Spero che la Regione diventi, anche se in gravissimo ritardo, promotrice di questo esposto e si affianchi ai cittadini così da riscattare 14 anni di inadempienze e cattiva amministrazione"». (Bollettino delle Assise, anno I, n° 3 - 3 giugno 2007).

Riteniamo questi autorevoli giudizi un´esauriente risposta al consulente Fibe che ha sollevato critiche al nostro articolo su "Repubblica" del 7 febbraio.

In merito al sovradimensionamento dell´impianto di Acerra rinviamo al testo di Antonio Marfella, tossicologo oncologo dell´Istituto nazionale dei tumori G. Pascale: "Il trucco dell´inceneritore di Acerra" (Bollettino delle Assise, ibidem) illustrato da due tabelle che confrontano le dimensioni di tutti gli inceneritori d´Europa.

Oggi, come ha rilevato la Commissione europea per l´Ambiente, in Campania il problema dei rifiuti è all´anno zero. Pertanto, se l´Italia vuole evitare nuove procedure d´infrazione, come afferma Jeremy Rifkin, il noto economista-ecologo americano: «Bisogna rispettare la normativa europea che mette al primo posto la riduzione delle materie prime utilizzate. Al secondo il riuso degli oggetti. Al terzo, il riciclo dei materiali scartati. E solo al quarto, cioè solo per quella piccola quota di rifiuti che non possono essere riciclati, l´incenerimento». ("Repubblica", 18 gennaio 2008): cioè, esattamente l´inverso di quanto è stato fatto in Campania.

Intanto, le speranze di uscire dal disastro ambientale in atto da decenni si affievoliscono sempre più, perché la società napoletana è praticamente immobile. Gli ostacoli maggiori alla risoluzione dei problemi che la travolgono sono frapposti dalla stessa società napoletana. Nel ventesimo secolo essa era dominata dalla piccola borghesia intellettuale, definita da Salvemini «uno dei flagelli più rovinosi del Mezzogiorno»; perché «gli spostati della piccola borghesia intellettuale finiscono quasi tutti col divenire professionisti della politica e della politica peggiore; non avendo niente da fare, possono dedicare tutto il loro tempo alla vita pubblica e conquistano i primi posti nelle fila dei partiti». Ma oggi la situazione è precipitata. Tale classe non è più né borghese, né piccola, né intellettuale.

Si è semplicemente dissolta nella società massificata, informe, "bloboidale", che a Napoli esprime il peggio di sé nell´assenza pressoché totale di spirito civico. Questo risulta dal progressivo degrado del livello antropologico dei quattro poteri che tradizionalmente controllano le risorse pubbliche: quello politico, tanto disinteressato alla programmazione quanto ossessionato dalla gestione; l´imprenditoria d´assalto, refrattaria ad ogni rischio; la sottocultura accademico-professionale, asservita alle lobby partitocratiche-affaristiche; e il quarto potere, la camorra, con la quale debbono fare i conti i primi tre. Questi quattro convitati di pietra garantiscono la sostanziale immobilità della società napoletana, che da troppo tempo "aspetta Godot", cioè un "Rinascimento" tanto proclamato a parole, quanto sconfessato dai fatti, dominati ormai da emergenze croniche devastanti.

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