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Moratoria ambientalista per il petrolio di Basilicata

A riaprire le polemiche in questi giorni sono il Wwf e la Ola, l'organizzazione lucana ambientalista che racchiude molte sigle dell'associazionismo. Gli ambientalisti chiedono che si fermi lo scavo di Monte Grosso, a Brindisi di Montagna, e lanciano una moratoria del petrolio in Basilicata. Circa due terzi della Basilicata sono interessati da istanze di compagnie petrolifere, sia concessioni alla coltivazione di idrocarburi (ma poche sono quelle realmente operanti) che permessi di ricerca.
24 febbraio 2008
Fonte: Gazzetta del mezzogiorno

- POTENZA - Circa due terzi della Basilicata sono interessati da istanze di compagnie petrolifere, sia concessioni alla coltivazione di idrocarburi (ma poche sono quelle realmente operanti) che permessi di ricerca. Di quest’ultimi, in particolare, lunga è la lista in attesa di autorizzazione. La mappa della Basilicata è praticamente tutta coperta tranne la «guglia» settentrionale della regione e la zona del Pollino. A riaprire le polemiche in questi giorni sono il Wwf e la Ola, l’organizzazione lucana ambientalista che racchiude molte sigle dell’associazionismo. Il comitato No Oil di Potenza è passato ai fatti, indicendo una manifestazione pubblica di protesta che ha raccolto anche le adesioni dei sindacati e di alcuni partiti politici, in particolare la Sinistra Arcobaleno. Questo movimento è nato per contrastare lo scavo di Monte Grosso, a Brindisi di Montagna. In quest’ultimo caso a provocare le lamentele degli ambientalisti è il giudizio favorevole di compatibilità ambientale concesso dalla Regione Basilicata ad un progetto esplorativo di perforazione di pozzo per ricerca idrocarburi denominato «Monte Grosso 2».

Contro questo progetto il Comitato No Oil ha manifestato mercoledì scorso a Potenza con un corteo per le strade e con un presidio davanti al palazzo della giunta regionale. L’obiettivo è ribadire il «no» alle ricerche a Monte Grosso ma anche allargare il fronte con la richiesta di una moratoria del petrolio in Basilicata. Non è l’unico fronte di tensione. A gettare petrolio... sul fuoco è anche l’istanza di permesso di ricerca in terraferma presentata dall’Eni per Monte Li Foi, tra Picerno e Potenza, un’area di 140,7 km quadri, che era una delle poche appenniniche finora rimaste fuori dalla «geografia» delle attenzioni delle società di idrocarburi.

Tornano ad accendersi in Basilicata le polemiche e le tensioni per l’estrazione di petrolio. La piccola regione meridionale è la principale fonte di approvvigionamento di greggio in Italia soprattutto con un programma di coltivazioni idrocarburi già attivo in Val d’Agri ad opera dell’Eni e con un altro che inizierà nei prossimi anni. Le compagnie petrolifere continuano a presentare richiesta per permessi di ricerca e di coltivazione idrocarburi al Ministero per lo sviluppo economico. L’ultima in ordine di tempo, il permesso di «Monte Li Foi» presentato dall’Eni il 30 dicembre dello scorso anno, ha ridato fiato al fronte ambientalista che mai ha accettato lo sfruttamento petrolifero della Basilicata e che, dopo alcuni anni di tregua, rilancia il tema dello sviluppo sostenibile. Un’altra tensione a livello locale è Monte Grosso, molto prossimo a Potenza, che ha dato origine ad un’aperta protesta contro la Regione Basilicata. La manifestazione indetta dal comitato No Oil contro il permesso di Monte Grosso si è trasformata in una protesta contro «la Petrolandia lucana» che mira anche ad ottenere una moratoria immediata sulle estrazioni di idrocarburi in Basilicata rispetto invece ad uno sviluppo nel segno delle energie alternative.

Di fronte alle polemiche sull’accerchiamento delle trivelle la Regione Basilicata ha inteso mettere dei paletti con le cifre ufficiali dell’Ufficio minerario del Ministero. I titoli vigenti di concessione alla coltivazione sono 21, per una superficie complessiva di 2120 kmq (la Basilicata in tutto è di 9.993 kmq). Di questi titoli, però, quattro sono in scadenza (una a maggio, un’altra a giugno 2009, le altre nei prossimi anni). Soltanto nel caso del sito della Val d’Agri la concessione risale agli anni 2000, le altre risalgono agli anni '60, '70 e '80 fatta eccezione per le due di Recoleta e Gorgoglione (1999) e quella di Monte Verde (1992). Tirando le somme, su 21 concessioni vigenti, sono solo due le aree dove materialmente si estrae il greggio, vale a dire la zona di Viggiano, in Val d’Agri, e quella di Pisticci, nel materano. Il maggiore giacimento è quello della Val d’Agri, concentrato intorno al centro oli di Viggiano. Qui l’Eni estrae circa 80 mila barili al giorno (l’anno scorso quasi 30 milioni in tutto) su un’area di 660.15 kmq. Ciò che maggiormente preoccupa è che la Basilicata è tappezzata di richieste che non sono ancora concessioni. Si tratta in particolare di 41 istanze di permessi di ricerca (23 in provincia di Potenza e 18 in provincia di Matera). Sono inoltre già vigenti 9 permessi di ricerca, per un’altra fetta di territorio di 1209 kmq. Di questi permessi, però, tre sono quelli validi (Torrente La Vella, Montalbano, Masseria Gaudella, tutti nel materano) mentre gli altri sei sono sospesi o scaduti. Proprio quello riguardante Monte Grosso, denominato Serra San Bernardo, è sospeso.

AMBIENTALISTI CONTRO REGIONE

Con l’estrazione in Val d’Agri e con quella che sta per iniziare nella valle del Sauro da parte delle compagnie Shell, Esso e Mobil Oil, la Basilicata sarà ancora di più strategica per la bolletta energetica nazionale. Nel solo 2007 (fino a novembre) complessivamente la regione lucana ha fornito all’Italia 4 milioni di tonnellate di olio, su un totale di 4.663.000 estratte sulla terraferma, e la metà della produzione di gas estratto sulla terraferma. Le vicende recenti hanno riaperto il dibattito sul futuro della regione. Il comitato No Oil di Potenza ha chiesto le dimissioni dell’assessore all’ambiente della Regione Basilicata, Vito Santochirico, attribuendogli di non aver comunicato dati veritieri sulla situazione dell’estrazione di idrocarburi in Basilicata. “I dati che ho fornito sono dati ufficiali del Ministero dello sviluppo economico, è quindi un’accusa non fondata” - dice Santochirico.

“Quasi tutti i permessi e le concessioni sono risalenti nel tempo - aggiunge - Non vi sono ulteriori permessi o concessioni e ricordo che occorrono sempre procedimenti complessi e lunghi prima di arrivare ad una concessione”.

“Sul caso di Monte Grosso -aggiunge- voglio ribadire che non c'è nessun permesso di ricerca, c'è solo una valutazione richiesta per legge. Capisco che ciò possa creare delle preoccupazioni ma certamente da parte nostra non c'è nè condotta omissiva nè mendace. La Regione non ha nulla da nascondere”. Tuttavia, ora che le compagnie petrolifere mettono gli occhi sulla Basilicata, visto anche l’andamento del prezzo del petrolio nel mondo, si riapre la discussione sullo sviluppo che la Basilicata si darà.

“Finora abbiamo costruito un rapporto equilibrato e partecipato, condiviso tra esigenze produttive dell’estrazione e tutela ambientale, cobsapevoli che bisogna esigere di più per il monitoraggio dell’ambiente, anche meglio e più intenso di quanto fatto finora - sottolinea Santochirico - e così continueremo a muoverci”. Laddove effettivamente ci fossero possiblità ulteriori di permesi o di attività estrattive ci sarà sicruamente un momento in cui si valuterà se sono compatibili con il territorio e ci si misurerà con le popolazioni locali. Non c'è nessuna predisposizione a dare tutto a tutti”.

Note: http://www.olambientalista.it

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