Ferriera, duello davanti al Capo dello Stato
TRIESTE - Non si doveva parlare di Ferriera, il protocollo ufficiale non lo prevedeva. Ma alla fine l’impianto siderurgico di Servola è entrato prepotentemente nella due giorni triestina di Giorgio Napolitano. Argomento di discussione durante la cena in Prefettura, sul quale ieri mattina il Presidente della Repubblica ha voluto vederci chiaro incontrando le Rsu e le maestranze della Servola spa.
Un approfondimento nell’atrio della Prefettura, dopo aver ascoltato il giorno prima le ragioni dei servolani. Che idea si sarà fatto il Capo dello Stato? Non è dato a sapere. Ha ascoltato e fatto domande, le eventuali considerazioni di Napolitano durante quella cena ristretta sono rimaste nel palazzo. «È il Presidente della Repubblica, ci mancherebbe altro... Ma posso raccontare cosa mi sono permesso di dire io al Capo dello Stato», spiega il sindaco Roberto Dipiazza.
Lo stesso comportamento tenuto da Adalberto Valduga, presidente degli industriali del Friuli Venezia Giulia. Dipiazza e Valduga hanno presentato a Napolitano due posizioni opposte sulla Ferriera. Anzi, il sindaco è rimasto per sua stessa ammissione isolato mentre le tesi di Valduga hanno potuto contare sull’appoggio del presidente degli industriali triestini Corrado Antonini e del governatore Riccardo Illy.
«Ho espresso al Presidente Napolitano la mia idea: è impossibile mantenere al centro della città un impianto come la Ferriera», racconta Dipiazza. E aggiunge: «Qualcuno ha sostenuto che non inquina e così mi è saltata la mosca al naso. Una discussione civile ma ferma, con Illy e i rappresentanti degli industriali - dice - schierati per il mantenimento e il sottoscritto per la chiusura, da concordare con il prossimo governo in modo da ricollocare gli operai. Mi sono trovato da solo contro tutti».
In mezzo il Capo dello Stato ad ascoltare. Spetta a Valduga raccontare l’altra campana: «Assieme ad Antonini sostengo che quell’impianto non può essere eliminato. Non si chiude un’azienda solo con gli aggettivi, devono esserci delle regole a cui attenersi e dei numeri da rispettare». Poi una chiara stoccata a Dipiazza sul concetto di sviluppo di Trieste, che il sindaco non vede rappresentato dalla Ferriera. «Non si può dire di voler chiudere le acciaierie all’interno delle città. In Lussemburgo e ad Amsterdam, realtà più ricche e avanzate di Trieste, ci sono degli impianti normati - spiega - che operano all’interno del complesso cittadino».
Una discussione che il Presidente della Repubblica ha proseguito anche il giorno dopo con le Rsu della Ferriera. «Era già a conoscenza della situazione, ma si è voluto soffermare su alcuni aspetti - racconta Umberto Salvaneschi della Fim Cisl - chiedendo l’effettiva forza lavoro dello stabilimento, le norme di sicurezza e l’aspetto della salute degli operai».
Quesiti ai quali le Rsu, presenti anche Franco Palman della Uilm e Tiziano Scozzi della Fiom, hanno fornito una risposta. Partendo dal protocollo di sicurezza e l’attesa per i test effettuati dall’Azienda sanitaria sui lavoratori della cokeria, sottolineando come all’interno della Ferriera lavorino 527 persone.
«Non lavoriamo in un prato di primule, attendiamo a metà aprile i risultati degli esami clinici. Al Capo dello Stato abbiamo manifestato le difficoltà di una ricollocazione dei dipendenti - spiega Salvaneschi - e le perplessità su una riconversione dell’area a tappe. Il ciclo continuo dell’azienda non permette alcun tipo di frazionamento dell’area».
La strada indicata dal sindacalista Palman, che ha ricordato a Napolitano la ventina di neoassunti, è l’attuazione di quanto previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale approvata dalla Regione. Un documento contestato invece dai servolani che anche ieri attraverso il Circolo Miani, dopo il presidio in piazza Unità, hanno ribadito la necessità di arrivare all’«immediata riconversione della Ferriera per tutelare la salute delle persone che vivono e lavorano a Muggia e a Trieste».
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