L'Arpa Puglia conferma: quei terreni sono inquinati
L'Arpa conferma: quei terreni sono inquinati. Intanto il movimento No Coke Alto Lazio ha incontrato le popolazioni di Brindisi. Pubblichiamo in versione integrale il testo del comunicato stampa.
BRINDISI — La contaminazione dei terreni agricoli attorno all'asse attrezzato ed alla centrale Enel di Cerano non è un errore della campagna di indagini di Sviluppo Italia, come Enel, in estrema sintesi, sostiene attraverso i propri esperti.
Lo dice l'Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale, che ha condotto una analisi di rischio nell'area rilevando livelli di inquinamento analoghi o superiori. Premettendo che vanno indagate le cause dell'inquinamento e i valori di fondo dell'area, escludendo dal rischio gli antiparassitari, tra l'arsenico, il berillio, il vanadio, il cobalto, lo stagno - dice l'Arpa - però vi sono «sostanze classificate come sicuri cancerogeni per l'essere umano, e si è deciso di applicare criteri di massima cautela».
E dato che questo stralcio di analisi di rischio era mirato a stabilire se e come si possano effettuare, sui terreni inclusi nell'ordinanza sindacale che vieta provvisoriamente ogni attività di produzione agricola, interventi di manutenzione come falciatura di erbe e piante secche e trattamento del top-soil, cioè della parte superficiale del suolo, ecco la risposta.
I lavori si possono fare, ma gli operatori non devono superare turni di lavoro di 8 ore, devono indossare tute, guanti, maschere ed occhiali protettivi. Vietato utilizzare l'acqua di falda, le aree dei lavori vanno isolate da nastri a bande bianco-rosse.
Ma la relazione dell'Arpa puntualizza un altro aspetto che Enel aveva contestato, quello dei parametri di riferimento per le soglie di rischio. Sviluppo Italia aveva usato quelli - più rigorosi e restrittivi - che si riferiscono ad aree urbane a verde pubblico, ma per Enel questo non può surrogare la mancanza di tabelle per i terreni agricoli. L'Arpa invece cita una sentenza del Tar dell'Umbria, per il quale «sembra ragionevole ritenere che la coltivazione connessa alla destinazione agricola, permettendo alle sostanze inquinanti di essere assimilate nei prodotti destinati all'alimentazione, richieda limiti di concentrazione non meno cautelativi di quelli ritenuti adeguati per il verde urbano». Pertanto quei limiti valgono anche per «il verde agricolo».
Il Movimento No Coke Alto Lazio ha incontrato le popolazioni di Brindisi:
"Abbiamo pianto con loro, per loro e per noi"
Che fosse una centrale maledetta lo sapevamo. La decisione di portare nei nostri territori una testimonianza diretta di quanto accadeva intorno alla centrale a carbone Federico II di Brindisi nasceva proprio dalle tante denunce di cui avevamo avuto eco. Ma quando siamo partiti, insieme a una delegazione del “Comitato dei Cittadini Liberi” giovedì 27 marzo, alle quattro della mattina, non avevamo la piena consapevolezza di quello che avremmo trovato, della crudezza delle testimonianze che avremmo raccolto. Non potevamo certo sapere la rabbia, mista a dolore ed incredulità, che avremmo trovato negli occhi degli agricoltori che ci hanno mostrato i loro ortaggi, tra cui il famoso carciofo brindisino, intrisi dei veleni emessi dal carbone, lasciati a marcire sui campi a migliaia.
Né il grido di dolore delle madri che ci hanno incitato a lottare e non mollare per difendere il futuro dei nostri figli; loro con bambini in braccio di pochi anni e già il futuro compromesso da gravi malattie legate all'inquinamento.
Non potevamo sapere che avremmo pianto con loro, per loro e per noi.
E non potevamo sapere che il monito unanime lanciatoci da amministratori, medici, oncologi, semplici cittadini fosse uno solo: non la fate accendere, dopo non sarete più in tempo.
Questa esperienza è stata dura, perché ci ha sbattuto in faccia la concretezza di quanto andiamo denunciando da anni, e insieme bellissima per la generosità di coloro che abbiamo incontrato. Uomini e donne che hanno messo a disposizione la loro testimonianza di sofferenza di persone e di territorio nel tentativo di fornire un contributo alla nostra lotta, che è poi la loro.
Questo ci da una certezza in più: dobbiamo continuare a lottare contro un mostro che devasta territori e coscienze perché abbiamo, dalla nostra, la forza della ragione. I campi bruciati, il mare morto per i miliardi di litri di acqua calda che vi è riversata quotidianamente dentro, il dolore di quanti stanno pagando con la vita loro e dei loro cari la protervia dell'ENEL di attribuire ai "caminetti" e ai "falò delle potature di ulivo" i picchi enormi di PM10, ed ancora la denuncia dura degli oncologi, l'inutilità di ogni forma di controllo e monitoraggio denunciato dagli amministratori, le decine di promesse non mantenute dall'ENEL e dalla politica e lo scoprire che il tutto è stato irrorato da tangenti versate addirittura per ogni tonnellata di carbone scaricata al porto di Brindisi, ci hanno dato la certezza che la storia rischia di ripetersi.
Anche a Brindisi l'ENEL aveva raccontato del suo grande impegno a tutela dell'ambiente, di un ingente incremento dell'occupazione, di diminuzione del costo dell'elettricità, aveva firmato convenzioni, promesso riconversione a metano della centrale dopo pochi anni. Ed invece complice una politica che, come raccontatoci dal Presidente della Provincia di Brindisi Michele Errico, si è piegata ed adattata agli interessi economici abdicando al suo ruolo di governo degli stessi, per anni l'ENEL ha immesso, e continua ad immettere, centinaia di tonnellate di veleni sul territorio.
Oggi i terreni e le falde acquifere sono inquinati da arsenico mercurio e benzene, la cui principale fonte antropica è la combustione dei combustibili fossili, i campi limitrofi al nastro trasportatore sono sotto ordinanza di blocco delle coltivazioni per centinaia di metri e nessuno acquista più i prodotti, una volta di eccellenza, di Cerano e dell'area del Brindisino ormai riconosciuta sito inquinato nazionale. Gli oncologi sono concordi: il monitoraggio conta solo i danni; che il carbone emetta numerose sostanze cancerogene è ormai evidenza scientifica.
Unica soluzione è il non utilizzare questo combustibile e chiunque ignora tale assunto si rende responsabile delle gravissime percentuali di mortalità e morbilità che affliggono quanti hanno la disgrazia di vivere attorno a tali impianti. Ancora di più oggi possiamo affermare che la volontà di portare al 50% la produzione di energia derivante dal carbone, come preannunciato dall'ENEL nel proprio piano industriale, è una volontà criminale, e criminale è chi, nelle istituzioni, acconsentendo a tale scelta, si rende complice della devastazione di interi territori, con le loro popolazioni e le loro economie. E ciò senza fare riferimento alcuno all'incremento di produzione di anidride carbonica, e il conseguente aggravamento dell'effetto serra, che la combustione del carbone comporta.
Di questa nostra esperienza abbiamo voluto farne un documentario, che sarà proiettato il 4 aprile a Tarquinia, (Top 16 ore 17) e in seguito a Civitavecchia, perché la sofferenza delle popolazioni di Brindisi, di Torchiarolo e dei paesi attorno sia da monito e da stimolo a quanti per rassegnazione, stanchezza o sfiducia pensano non ci sia più niente da fare per fermare la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia o altri mostri simili.
Ancora di più oggi ne siamo convinti: la nostra è una battaglia di legittima difesa; non vi e non ci daremo tregua finché non riusciremo a scongiurare questa ipoteca sul futuro dei nostri figli e del nostro territorio. Vogliamo infine ringraziare gli abitanti di Torchiarolo e di Cerano, ed in particolare Giovanni Liaci, senza i quali ogni cosa non sarebbe stata la stessa, nemmeno la forza che abbiamo riportato a casa.
Movimento No Coke Alto Lazio
www.nocoketarquinia.splinder.com
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