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Emergenza imballaggi

Ognuno di noi produce più di 1,5 chilogrammi di rifiuti al giorno, in un un anno sette volte il nostro peso. Ma c’è voluto il caso limite e paradossale della Campania per riportare agli occhi di tutti una realtà nota: i rifiuti sono una delle più gravi emergenze all’ordine del giorno
Antonia Jacchia
Fonte: Corriere della Sera - 17 marzo 2008

- Ognuno di noi produce più di 1,5 chilogrammi di rifiuti al giorno, in un un anno sette volte il nostro peso. Ma c’è voluto il caso limite e paradossale della Campania per riportare agli occhi di tutti una realtà nota: i rifiuti sono una delle più gravi emergenze all’ordine del giorno. Insomma produciamo troppa spazzatura. E gran parte della quantità totale di rifiuti è costituita dagli imballaggi (circa il 35% in peso e il 50% in volume), oltre 12 milioni di tonnellate in Italià nel 2007, una tendenza che non accenna a diminuire (+2.3 sul 2006) secondo i dati Conai (Consorzio nazionale imballaggi, ente delegato dal decreto Ronchi, la prima legge quadro in merito al riciclaggio dei rifiuti).

Per dirla con Luciana Littizzetto («Che tempo che fa») «bisogna avere la decenza di non usare la parola emergenza. Qui è immondizia primordiale. Se compri un ago te lo avvolgono in una tonnellata di cellophane, i cereali te li mettono nella scatola, le pere in una vasca da bagno di polisti-rolo».
Per non parlare della categoria sempre crescente dei comodi «usa e getta», dal rasoio alle stoviglie in plastica. Per gli ambientalisti è tutta colpa del consumismo e dello stile di vita adottato.

«Attenzione, l’imballaggio ha diverse funzioni – spiega Stefano Pogutz, ricercatore all’università Bocconi –, serve a contenere, proteggere, conservare, trasportare, informare e comunicare. Coinvolge dalla logistica al marketing. Il problema è la sua sostenibilità».

La raccolta differenziata
Strategia sostenuta anche dall’Europa attraverso quella politica delle 4R nella gestione dei rifiuti (riduzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero di energia) lanciata dauno dei padri del riciclaggio in Italia, Walter Ganapini, oggi incaricato del piano rifiuti di Napoli. «La strada è quella della tecnologia e dell’innovazione – dice Pogutz – che passa attraverso l’alleggerimento dei materiali, l’utilizzo di prodotti facilmente smaltibili, la semplificazione del packaging». La parola magica è raccoltadifferenziata, mentre discarica è il nemico da combattere.

«L’incremento degli imballaggi è una tendenza che noi contrastiamo – spiega Giancarlo Longhi, presidente Conai –. Il packaging è un costo che l’azienda paga. E su cui quindi può risparmiare. Se pensiamo alla bottiglia dell’acqua minerale: il suo spessore è di molto diminuito da 10 anni a questa parte». Quello che ci vuole è un’inversione di tendenza: imballaggi che pesano meno, più sottili, meno ingom-branti, che abbiano più usi e che siano rici-clabili (oggi neanche al 60%) nella cultura della sostenibilità.
«Di più. Una rivoluzione culturale – spiega Longhi –. Si tratta di progettare a monte l’imbalIaggio perché sia sostenibile dal punto di vista ambientale, senza dimenticare come primo obiettivo la tutela del consumatore. Altrimenti si commette un guaio superiore, vedi il botulino nei latticini. 0, per quanto riguarda le conserve di pomodoro, solo il trattamento sterile evita problemi di ossidazione e alterazione dei contenuti».

Settemila imprese
E poi ci sono gli interessi delle aziende che producono imballaggi, un pianeta in Italia da 25 miliardi di euro di fatturato per oltre 7 mila imprese con 106 mila lavoratori. In questo campo l’Italia, anche se a tre velocità (forte al Nord, media al centro, insufficiente al Sud) non è il solito fanalino di coda, ha tradizione del riciclo secolare (vedi le cioce dei ciociari, le scarpe fatte con le lenzuola vecchie o la carta dagli stracci). Ed è in linea con i Paesi europei mentre la maglia nera va agli Stati Uniti. Su una cosa tutti convergono: la responsabilità è condivisa. L’impegno per una corretta gestione ambientale degli imballaggi è sia dei produttori sia del consumatore. Per il mondo dell’industria laparola d’ordine dovrebbe essere preven.zione. E la catena della prevenzione è lunga: da chi progetta l’imballaggio a chi loproduce, da chi riempie la confezione achi gestisce la logistica, a chi distribuiscela merce. Ma anche la pubblica ainministrazione deve fare la sua parte organizzando sistemi adeguati di raccolta differenziata, in modo efficiente ed economi-co e con una copertura omogenea del territorio. Della serie «non più Napoli». Perché un sistema di smaltimento sostenibile non si inventa in un giorno. Non si trat-ta solo di raccolta differenziata ma di costruire a valle un mercato in grado di rice-vere la carta, il vetro, la plastica.

Le scelte di chi fa la spesa
E il consumatore? Come mettere d’accordo la sostenibilità con uno stile di vita fatto di consumi e velocità, dove il crescente numero di single ha fatto lievitare confezioni monodosi e packaging? Secondo Pogutz «è più difficile contrastare i modelli di consumo. Le aziende cercano soluzioni tecnologiche perché hanno convenienza e vantaggi. Ci sono sperimentazioni nuove come quella della spesa sfusa all’EcoPoint anche se l’utilizzo dello «sfusoi» non si può fare su tutto. Bisogna tentare di affiancare varie soluzioni: solo da un mix deriva la so-stenibilità».

Legambiente riporta l’attenzione sul consumatore che può e deve fare la differenza. In fondo l’imballaggio viene pagato due volte, all’acquisto (tra il 20% e il 60% del costo totale del prodotto) e allo smaltimento con la tassa/tariffa rifiuti. Per questo gli ambientalisti scelgono la strada della sensibilizzazione. «Il 50% della spesa fatta al supermercato va a finire nella pattumiera – spiega Daniele Faverzani dell’Ecosportello rifiuti di Legambiente –. Bisogna dire basta agli sprechi inutili e sapere scegliere, privilegiare imballaggi riciclabili e meno ingombranti. Un esempio? Acquistiamo le mele senza la vaschetta di polistirolo, beviamo l’acqua dal rubinetto anziché dalla bottiglia, Con un risparmio anche dei costi di trasporto e dell’inquinamento». Per dimostrare che la salute del Pianeta dipende anche da ognuno di noi.

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