Il Governo vuole le centrali nucleari ma nessuna regione vuole il deposito unico per le scorie radioattive
Senza l'accordo condiviso dalle regioni arriverà una decisione unilaterale del Governo, minaccia Palazzo Chigi. Oggi lo spinoso confronto ufficiale sul primo atto operativo del ritorno all'energia nucleare promesso dal Governo Berlusconi. Faccia a faccia tra gli assessori all'Ambiente e i manovratori del ministero dello Sviluppo e dell'Ambiente sulla prima annosissima questione da risolvere: il deposito unico per le scorie radioattive.
Problema a cui il Governo promette di dare una soluzione definitiva entro fine anno sulla base delle indicazioni di una commissione Governo-Regioni-Enea-Apat (insediata dal precedente governo di centrosinistra ma riconfermata anche dall'esecutivo in carica) chiamata ad individuare entro il 30 settembre almeno le procedure e la metodologia di selezione per realizzare il deposito dei nostri detriti nucleari.
Le premesse non sono affatto buone: una prima riunione informale ha prodotto, il 10 settembre, un sonoro altolà della Regione Puglia. Il Governo – fa sapere l'assessore pugliese all'Ecologia, Michele Losappio – ha confermato la procedura che prevede l'aut aut: in caso di mancato accordo con le regioni il deposito verrà individuato dal Governo tramite la costituenda agenzia nazionale per il nucleare.
«La concertazione è vanificata, e assomiglia ad un bluff» taglia corto Losappio, ipotecando seriamente il confronto ufficiale in calendario oggi. Losappio parla prima di tutto per il suo territorio. Ma argomenti "fotocopia", salvo poche varianti, sono state già abbozzate da tutti i rappresentanti regionali. Ognuno, nessuno escluso, pensa di avere ottime ragioni per vedere esonerato il proprio territorio da qualunque installazione che abbia anche lontanamente a vedere con l'elettricità da nucleare e relativa gestione delle scorie.
La Puglia «già sfiorata nel 2004 con la scelta berlusconiana di Scanzano Jonico» (il deposito lucano designato dal Governo per decreto e poi "revocato" dopo una vera sommossa popolare) in ogni caso «produce circa ottomila megawatt di energia e ne cede l'88% al resto del Paese» e dunque «dovrebbe essere perlomeno risarcita con la esclusione del suo territorio da ogni ipotesi di sito o di centrale nucleare». Comunque sia la Puglia «negherà il suo consenso nell'iter procedurale» avverte Losappio.
Il Governo cerca intanto di accelerare la nascita della nuova Agenzia per il nucleare, che piloterà sia i criteri per l'"omologazione" dei siti che ospiteranno le future centrali sia i controlli tecnici e ambientali. L'orientamento è quello di assegnare formalmente l'agenzia al ministero dell'Ambiente con un ruolo consultivo del ministero dello Sviluppo. L'Agenzia dovrebbe avere un organico di circa 300 persone, eredità delle vecchie strutture dell'Apat (Ministero Ambiente) con "rinforzi" dall'Enea. Nessun travaso invece (né di uomini né di ruoli) dalla Sogin, che continuerà a svolgere il suo ruolo di decommissioning e di attività di consulenza (retribuita) nel settore, in Italia e all'estero.
Per Sogin si parla piuttosto di un possibile spacchettamento tra le attività pubbliche di decommissioning dei nostri vecchi impianti e competenze ingegneristiche più mirate al business, in vista di una eventuale fusione con Ansaldo Nucleare, scorporata tre anni fa da Ansaldo Energia (Finmeccanica) e destinata alla quotazione all'inizio del prossimo anno.
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