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Piombino spegne le acciaierie

Siderurgia. Il polo toscano, secondo in Italia per dimensioni (dopo Taranto) colpito dal pesante calo della domanda mondiale - A casa 1.100 dipendenti, 700 sono in Cassa. A giorni la chiusura degli altiforni Lucchini e Magona
13 novembre 2008
Cesare Peruzzi
Fonte: Il Sole 24 Ore

- Il modello economico basato sull'industria vacilla. La crisi della domanda mondiale, soprattutto in settori come l'automobile e gli elettrodomestici, rischia di mettere in ginocchio il polo siderurgico di Piombino, il secondo in Italia per dimensioni (dopo Taranto). Questione di giorni e gli altiforni potrebbero essere messi "a riposo".

In poche settimane il mercato si è come liquefatto. Spariti i compratori, bloccati gli ordini, fermate le navi che stavano arrivando in porto per caricare i prodotti (laminati, barre, vergelle, tubi e rotaie,le uniche quest'ultime a non subire ripercussioni gravi).

Lo scenario è quasi apocalittico, e si è concretizzato proprio quando le cose stavano marciando per il verso giusto, dopo la crisi degli anni '90, dopo le ristrutturazioni e il taglio dei posti di lavoro conseguenti alla privatizzazione (da 10mila addetti diretti a poco più di 3mila), e dopo che le tre grandi aziende dell'area, Lucchini, Magona e Dalmine, erano finite nell'orbita di gruppi multinazionali: rispettivamente Severstal, ArcelorMittal e Tenaris.

In questo momento, il portafoglio ordini della Lucchini non va oltre novembre. Già adesso restano a casa 1.100 dipendenti, su un totale di 2.300, utilizzando la cassa integrazione per 700 e il ricorso a ferie e permessi per gli altri, con la formula della rotazione che scatta dopo il quindicesimo giorno di lavoro, per non intaccare tredicesime e contributi previdenziali. La crisi improvvisa ha finito per rafforzare le relazioni industriali.

«C'è un clima collaborativo e di condivisione dei problemi», dice Giuseppe Bartoletti, segretario di zona della Cgil. «Su Piombino, fortunatamente il gruppo Severstal ha fatto una scelta strategica e non speculativa- aggiunge- . In questi anni sono stati assunti 6-700 giovani e gli impianti sono competitivi: questa crisi non è strutturale ma congiunturale, anche se rischia di bloccare l'altoforno,che significherebbe fermare il cuore e l'attività di tutto l'impianto».

L'imprenditore russo Alexej Mordashov, patron di Severstal, nei giorni scorsi è stato a Piombino e ha assicurato che per il momento le strategie non cambieranno: confermato il piano d'investimenti per oltre un miliardo entro il 2016, sul fronte ambientale e per la realizzazione della nuova linea di laminati, che costituirà una diversificazione produttiva in grado di attivare sinergie con l'impianto confinante della Magona (gruppo Arcelor-Mittal). I progetti, ha spiegato Mordashov, vanno avanti ma con tempi più allungati: anziché gennaio-febbraio, i lavori per la nuova linea produttiva potrebbero partire nella seconda parte del 2009. Sempre che il mercato riparta.

«Adesso lavoriamo al 60% della nostra capacità perché stoccare non avrebbe senso in questa situazione d'incertezza », dice Marcello Calcagni, direttore della business unit Piombino di Lucchini. Per Leandro Nannipieri, amministratore delegato della Magona, «la domanda rallenta per gli effetti della crisi mondiale, e anche perché i clienti stanno dando fondo alle scorte puntando su una diminuzione del prezzo dell'acciaio. Chiederemo ai lavoratori di utilizzare le ferie residue - dice ma sarà comunque difficile non far ricorso alla cassa integrazione ». Lo stop è previsto dall'8 dicembre fino a dopo la Befana.

Intanto, le aziende dell'indotto ricorrono a loro volta alla cassa integrazione (200 le richieste, e almeno altre 400 in arrivo in questi giorni). Al momento resiste solo Dalmine, che produce tubi, e il reparto rotaie della Lucchini, dove le commesse sono di lungo periodo. «Fu peggiore la crisi dei primi anni '90 - commenta Bartoletti - : allora rischiammo di perdere le aziende, adesso i problemi sono di mercato e il fatto di far parte di una multinazionale costituisce una garanzia migliore per l'impresa e per i lavoratori». Per Piombino, che cerca da tempo un'integrazione al modello economico tradizionale basato sull'industria pesante (si veda l'intervista), sarà comunque un Natale difficile.

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