Le torri della diossina
ACERRA - Eccole le due cime d'acciaio dell'inceneritore più discusso di Europa. Svettano nel Pantano (nome della località dove sorge il sito) di un'Acerra sventrata e martoriata. Tra le campagne alla diossina, le pecore malate e malformate, e gli abitanti con il più alto tasso di tumori e malformazioni congenite della Campania. Due torri gemelle che sovrastano un territorio dimora di contadini, ma colonizzato da vecchie fabbriche in disuso, come la Montefibre, o cave illegali ex miniera d'oro per la camorra, prima che il terreno si saturasse.
Il presidente del consiglio non ha mai abbandonato del tutto il tormentone «Napoli pulita» con cui insieme allo scandalo Alitalia e al Mastella day ha vinto le elezioni, e lunedì scorso gli è tornata alla mente Acerra. Berlusconi ha buttato lì tra le notizie sulle proteste per la svendita della compagnia di bandiera e il massacro in Palestina, che verrà il 23 gennaio prossimo a inaugurare l'impianto, questione di giorni ormai.
In pochi hanno prestato attenzione a quelle poche parole dette nel frastuono di una giornata qualunque piena di impegni. La cartolina di una Napoli coperta di liquami e maleodorante è lontana, sbiadita, non riguarda più la pubblica opinione. Ma i diretti interessati, gli abitanti, invece aspettavano questo momento, l'avvio dei forni e loro dicono «l'inizio della strage silenziosa».
Solo pochi mesi fa lo stesso Berlusconi, in una delle decine di conferenze stampa a Palazzo Salerno, sede della prefettura partenopea, aveva assicurato che questo baraccone brucia rifiuti non avrebbe inquinato più di qualche macchina con il motore sempre acceso. Ma se solo i bambini molto piccoli credono ancora in babbo Natale, gli acerrani hanno rilanciato e i comitati hanno fatto sapere che si stanno preparando a una manifestazione di piazza. Dopo dieci anni di rinvii, inciuci e battaglie perse oggi la popolazione è divisa, ci sono i rassegnati, gli indignati, i delusi, ma chi tornerà in piazza fa parte di quell'esercito che ha ancora voglia di lottare. «Questo è un inceneritore obsoleto - fanno sapere con un comunicato - che nasce senza alcuna garanzia per i cittadini e per il territorio, al di fuori di ogni controllo e che obbedisce solo ai desiderata delle lobby finanziarie e delle multinazionali che si preparano al grande affare in nome dell'emergenza».
Su questo Termovalorizzatore se ne sono dette tante. Pochi i punti fermi. Si tratta dell'impianto più grande del vecchio continente, ma con una tecnologia superata, anche se è stato assicurato che con gli ultimi ritocchi sia dotato della migliore tecnologia d'avanguardia. In grado di «fondere» almeno 3mila tonnellate di monezza al giorno, dovrebbe però entrare in funzione a un regime limitato di 1700. Sebbene dopo lo scandalo rifiuti che ha fatto arrossire le isitituzioni locali, sia passato per affidamento diretto dello stato in mano alla ditta milanese A2A, ancora oggi è al centro della causa Impregilo, la quale nonostante tutto sta terminando i lavori. Il lungo processo che vede imputati tra gli altri i fratelli Romiti e lo stesso governatore Bassolino per truffa ai danni dello stato, però è una vicenda complicata.
Una storia che è iniziata dieci anni fa con la gara Losco, che è passata per troppi commissari all'emergenza e che non sono riusciti a risolvere nulla, soprattutto il corto circuito dello smaltimento urbano. Perché in definitiva secondo l'impianto accusatorio dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo c'era l'intenzione di tenere in piedi un meccanismo malato che ruotava proprio intorno ad Acerra. Per riuscire a costruire il termovalorizzatore, infatti, Pier Giorgio Romiti a capo dell'Impregilo, Paolo Romiti direttore commerciale della controllata Fibe, gli altri dirigenti Armando Cattaneo e Vincenzo Urciuoli, insieme ai capimpianto dei cdr avrebbero ingannato, aggirato, lavorato sottobanco con la sola garanzia-speranza che il progetto andasse a buon fine. Nessuno si sarebbe dovuto accorgere che il cdr prodotto non era a norma, che non avevano in possesso le discariche dichiarate al momento dell'appalto nel '99, che non si erano accollati le spese di spedizione delle ecoballe fuori regione (come pure previsto dal contratto). Una volta accesi i forni le dieci milioni di tonnellate in eco balle non a norma, ferme nell'isola della munnezza a Taverna del re, si sarebbero «termo distrutte» nel nulla. Ma soprattutto avrebbero fruttato negli anni cifre astronomiche in energia.
A nessuno è mai importato più di tanto che questo territorio fosse già ferito dalle discariche tossiche della camorra, dai veleni provenienti dalle industrie del nord Italia e sotterrate di nascosto nel triangolo di Morta Nola, Marigliano, Acerra. Lo stesso sottosegretario all'emergenza Bertolaso ha presentato, quasi un anno fa, una ricerca sottoscritta dal Cnr e dalla regione che ammette una relazione tra l'inquinamento e il più altro tasso di malattie oncologiche nell'area. Cosa confermata anche dagli studi e dalle analisi di due professori dell'ospedale Pascale, Antonio Marfella e Antonio Comella. Non è stata fatta una piega. Anzi il governo Prodi, pochi giorni prima di capitolare, ha ammesso l'utilizzo dei Cp6, i fondi pubblici regalati ai produttori di energia e ai petrolieri, solo per la Campania. E se al peggio non vi è mai fine, l'allora governo ha anche concesso, in barba a tutta la legislazione precedente, che ad Acerra si bruciasse la qualunque, e non esclusivamente cdr.
Una miniera d'oro che è stata poi confermata dal decreto Bertolaso dello scorso luglio. E che fece dire con soddisfazione al capo della protezione civile: «Se sono gli impianti di cdr il problema, noi li abbiamo eliminati». Nulla è cambiato rispetto a prima - dicono i comitati - Anzi, approfittando di un'emergenza figlia del malaffare e della commistione fra politici, camorra e industria, come dimostra anche il processo per truffa aggravata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture, reati che si avviano alla prescrizione, si continuano a violare i diritti dei cittadini, a calpestare i principi democratici e la partecipazione popolare e ci si avvia alla definitiva distruzione del nostro territorio».
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