A Manfredonia, una fabbrica di morte. Un libro di denuncia.
I FANTASMI DELL’ENICHEM
di Giulio Di Luzio giuliodiluzio@libero.it
Baldini Castoldi Dalai Editore
Prefazione di Gianfranco Bettin
“E’ una lettura drammatica quella che siamo invitati a fare….. Sono le storie della rimozione e dell’inganno, dello scambio velenoso tra reddito e salute, tra salario e vita, tra sviluppo ed equilibrio sociale ed ecologico. Giulio Di Luzio si china sui materiali di queste storie e, uno a uno, prendono forma e si stagliano nel loro senso tragico i passaggi che hanno scandito la storia di Manfredonia. La storia delle vittime e la storia dei responsabili…. Quei fantasmi che hanno finalmente trovato una voce continueranno a parlare. Lo faranno con questo libro che, dunque, non ha nulla da temere da coloro che cercheranno di minimizzarne la portata, di ignorarlo, di farlo passare sotto silenzio, cosa che certissimamente proveranno a fare….” (dalla prefazione di Gianfranco Bettin). Il libro parte dalla prima colonizzazione del territorio, l’arrivo dell’Eni a Manfredonia all’inizio degli anni ’70, la devastazione di un ambiente incontaminato, la distruzione di autentiche oasi naturalistiche e di un patrimonio di inestimabile valore paesaggistico, naturalistico, archeologico, agricolo e turistico. Tutto in nome dello sviluppo economico e del ricatto occupazionale fatto pesare senza mezzi termini su un’intera comunità del sud affamata dalla disoccupazione. I posti di lavoro ci saranno ma non saranno certamente le migliaia promessi dal padrino politico del petrolchimico, il democristiano Vincenzo Russo. Ma le ricadute sull’ambiente sono dietro l’angolo e si toccheranno con mano una domenica mattina, quella del 26 settembre ’76. Sull’intera città, e in particolare sul quartiere Monticchio, situato a ridosso dello stabilimento chimico con i suoi 12.000 abitanti, cadono qualcosa come 32 tonnellate di anidride arseniosa, noto cancerogeno, in seguito allo scoppio della colonna di arsenico. Manfredonia conterà negli anni successivi decine di decessi tra i lavoratori e tra i civili. La catena alimentare di Manfredonia sarà contaminata dall’arsenico e lo è tutt’ora, la falda acquifera anche. Sarà un operaio e un medico un po’ strani, rispettivamente Nicola Lovecchio e Maurizio Portaluri, a condurre nell’isolamento generale, un’inchiesta di autotutela operaia in fabbrica sul perche’ delle tante morti tra i lavoratori in alcuni reparti. Una inchiesta che porterà a un esposto, al rinvio a giudizio e al processo in corso contro i vertici del petrolchimico di Manfredonia. Un processo scomodo per i tanti soggetti in campo che hanno sostenuto il contratto d’Area di Manfredonia e che ha permesso l’insediamento dai primi anni 2000, ancora in corso, sui siti ex-Enichem “bonificati” di decine di aziende con produzioni altrettanto inquinanti del precedente inquilino, l’Enichem appunto. Un contratto d’Area su cui è già intervenuta la magistratura sequestrando nel giugno 2001 80 dei 120 ettari inquinati dalle produzioni chimiche, ritenendo irregolari le procedure di disinquinamento, e condizionandone la continuazione al controllo dei carabinieri del Comando Tutela Ambientale. Parliamo di un’ingente volumetria di rifiuti pericolosi stoccati nelle discariche aziendali, di cui si dichiara l’estrema difficoltà di smaltimento. Parliamo di un quadro impressionante per tipologia e campionatura di rifiuti interrati,verosimilmente qualcosa come 28mila tonnellate di code benzoiche, 9mila tonnellate di code toluenuche, 1.000 tonnellate di fanghi permanganato, 2.000 tonnellate di fanghi bilogici, oltre a una quantità imprecisata di terreno inquinato a seguito del contatto con gli stessi rifiuti e alla ingente contaminazione da arsenico del ’76. Un’intervento della magistratura realizzato grazie alle denunce circostanziate del Comitato per la Salvaguardia e la Valorizzazione del Territorio. Un contratto d’Area che è ritornato nell’agenda della magistratura, se consideriamo che i recenti arresti tra gli esponenti del cosiddetto partito del mattone del foggiano sono legati a doppio filo proprio al contratto d’Area, cioè ai quei 4.000 miliardi di vecchie lire che stanno affluendo sul territorio per l’insediamento delle tante aziende sui siti ex-Enichem, aziende che hanno realizzato una bassa ricaduta occupazionale sul posto, visto che tanti padroncini calati dal nord si son portati insieme le maestranze specializzate. Un libro piu’ che attuale, dunque. Questo processo nel libro viene definito come seconda colonizzazione. Certo è che si tratta di uno sviluppo imposto pensato da altri. Il libro parla anche della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo a cui si rivolsero le coraggiose donne di Manfredonia, mentre una parte è dedicata alle testimonianze dei sopravvissuti alla mattanza di Manfredonia e delle vedove dell’Enichem. Infine ci sono gli appassionati interventi del medico Maurizio Portaluri, attualmente oncologo a Brindisi, che condivise l’esperienza umana e l’inchiesta autogestita di Nicola Lovecchio (Lovecchio è morto per tumore nel ’97, non prima di fare un esposto insieme a Medicina Democratica, grazie al quale è nato il processo), e di Tonio D’Angelo, presidente nazionale di Medicina Democratica, che ha sempre seguito la vicenda e l'esperienza di Lovecchio. Ma ciò che sta avvenendo a Manfredonia in questi anni, all'ombra di una campagna mediatica apologetica che intende presentare la reindustrializzazione come il nuovo volto del territorio, sembra tradire l'insegnamento e l'eredità morale e cristiana di questo lavoratore solitario e sognatore, sbeffeggiato dallo stesso sindacato, che nella sua coraggiosa ricerca della verità ci ricorda, con le sue parole serene: "...il prioritario diritto alla salute non deve essere mai subordinato al profitto ...".
Gianfranco Bettin
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