La straordinaria lotta di Scanzano Jonico
Ambientalista-Basilicata,
LIPU-Basilicata, Comitato di difesa della Costa Jonica.
- 03 febbraio 2004
Abbiamo voluto narrare quelle due straordinarie settimane che abbiamo
vissuto nel Metapontino per chiamarvi ad un confronto sulle
piu’significative esperienze di lotta che stiamo vivendo nel Meridione
d’Italia per l’affermazione di uno sviluppo eco-compatibile, contro la
devastazione sociale e culturale imposta da logiche neoliberiste e per
un’altra idea della democrazia, della partecipazione, della dignità e
protagonismo popolare.
Appuntamento il 15 febbraio a Scanzano
Nella mattinata di giovedi 13 novembre l’intera comunità lucana piombava
in un incubo spaventoso, il governo Berlusconi emananava un decreto
legge, con il quale individuava il sito unico nazionale per le scorie
nucleari a Scanzano Jonico, nel cuore del Metapontino.
Follia delle follie, con questo provvedimento sciagurato, si prevedeva la
possibilità di realizzare, anche, immediatamente, il deposito “temporaneo”
delle scorie nazionali, che da un momento all’altro potevano essere raccolte
tutte, provvisoriamente ed a cielo aperto, a Scanzano.
Appena informate della questione, le popolazioni locali pressochè
stordite, accusavano un generale senso di frustazione e disorientamento, che
veniva colmato in maniera straordinaria dalle forze sociali organizzate,
sindacati dei lavoratori ed organizzazioni agricole in primis, e dalle
istituzioni locali, Provincia (che sarà il primo ente a convocare il proprio
consiglio a Scanzano J.co ) e Regione Basilicata in testa.
Dal 13 novembre in poi tutto il resto ci sembrò, così come avvenne sempre
più nelle ore successive, secondario.
Cominciarono subito a delinearsi i contorni di una vicenda a tutt’oggi
inquietante, torbida e tutt’altro che trasparente.
Due passaggi fondamentali caratterizzerano le giornate successive:
1) l’intervento del Parroco di Scanzano, don Filippo Lombardi, che userà
letteralmente questa espressione: “la rassegnazione è un demone,
rassegnarsi è un peccato”, che diventerà il vero filo rosso di tutta la
vicenda;
2) il delinearsi di una intellighenzia, pressochè composta da militanti
della sinistra, comitati ambientalisti e cattolici impegnati nel sociale,
che rappresenterà il punto più avanzato e più consapevole di tutta la lotta,
e che, nel momento in cui scriviamo, ancora sta continuando un lavoro che
naturalmente va oltre la vicenda contingente.
Tra il Sabato 15 e la Domenica 16, inizia a delinearsi un quadro più
chiaro dal punto di visto politico e degli obiettivi, condito ad un
generale moto di insurrezione popolare, che sin dai primi minuti si
caraterizzerà per la assoluta non violenza, unità e radicalità.
Sabato 15 il Consiglio Provinciale riunito a Scanzano delibererà
l’istituzione di un comitato di coordinamento istituzionale, che avrà il
compito di sostenere la lotta spontanea ed auto-organizzata dei cittadini. A
questa seduta consiliare parteciperanno tutti i sindaci della Provincia di
Matera, diversi consiglieri ed assessori regionali, ed alcuni parlamentari
eletti in Basilicata.
Tra il Sabato 15 e Domenica 16, iniziano i blocchi stradali sulla strada
statale 106, all’altezza di Terzo Cavone in agro di Scanzano, a Nova
Siri al confine con la Calabria e nei pressi delle Tavole Palatine al
confine con la Puglia. A proposito dei blocchi stradali, che da martedi 17
in poi diventeranno ben 10, nove dei quali in provincia di Matera e
uno sull’autostrada Salerno - Reggio Calabria all’altezza di Lagonegro,
vorremmo fare qualche riflessione: naturalmente i blocchi stradali
rappresentano la prima reazione di ribellione, se vogliamo la piu’semplice,
ma crediamo che consciamente e inconsciamente rispondente a piu’esigenze,
una delle quali, la meno indagata, è però la piu’angosciante, quella di
avere delle sentinelle sul territorio, e, se notate, sostanzialmente sui
bordi del confine provinciale, contro il rischio di un transito ed un arrivo
anticipato delle scorie con mezzi militari per alimentare il sito
temporaneo in superficie previsto dal famigerato decreto legge.
Il solo pensiero di questo capitolo ci fa venire la pelle d’oca per le
implicazioni che tutti voi potete facilmente immaginare, una per
tutte è quella che le centinaia, migliaia di cittadini che presidiavano
questi blocchi sarebbero potuti arrivare, e vi diciamo che c’era questa
consapevolezza, ad un confronto con l’esercito .
Il lunedi 17 un manipolo di 20 – 30 persone, nel primo pomeriggio,
occuperanno i binari presso la
stazione di Metaponto, che da lì a pochi minuti diventerà uno dei punti più
simbolici di questa straordinaria e civile protesta. Chi in quelle due
lunghe settimane, quasi come in pellegrinaggio, non è passato a fare
visita ai binari di Mataponto o al Campo Base di Scanzano Jonico ?
Il Campo Base di Scanzano è sicuramente il punto più alto ed
esaltante di questa esperienza. Il cuore pulsante, il cervello pensante
della lotta di un popolo dignitoso che ha voluto dare, con tanta umiltà, la
voce al Sud, ai Sud del Mondo. Decine di tende, cucine da campo , bagni,
tendoni per riunioni, assemblee, messe e lezioni didattiche, internet-
point, una radio libera, un falò immenso che riscalderà e illuminerà i
volti in penombra di tanti giovani, mamme con i loro bambini dormienti tra
le braccia, e anziani fieri ed orgogliosi di appartenere a questo popolo
in lotta.
Se provavi a chiudere gli occhi, ti ritrovavi per un attimo nella
Selva Lacandona, accanto ad un popolo che difende e rivendica il proprio
diritto all’autodeterminazione contro una operazione neocolonialista e
militare, che disprezza chiaramente il meridione e le sue genti.
Dal lunedi 17 in poi in tutta la provincia di Matera e nella vicina
Puglia sarà un crescendo di mobilitazioni ed iniziative di cittadini,
studenti, agricoltori e lavoratori, al punto che noi stessi non riusciremo
più a censire le azioni organizzate.
L’unità del popolo lucano, con l’abbraccio fraterno delle
popolazioni pugliesi e calabresi, avrà culmine nella manifestazione delle
oltre centocinquantamila presenze del 23 Novembre, che rappresenterà uno dei
momenti più alti della recente storia italiana di difesa degli interessi di
una comunità e della stessa collettività nazionale. Sicuramente la più
grande manifestazione ambientalista e antinucleare mai fatta in Italia
Fra le immagini distorte che la grande stampa antimeridionale
offrirà di questa civile battaglia di popolo contro il decreto governativo,
ci ha particolarmente colpito il tono irrisorio riservato alla Madonna di
Loreto, portata in processione da oltre ventimila persone. Un errore
madornale. Al fianco del popolo lucano vi è stata sempre l’intera Chiesa
lucana, dai vescovi alle più umili suore, senza se e senza ma.
La stessa unità è stata rappresentata dall’encomiabile azione dei
sindacati dei lavoratori e dalla presenza di bandiere e simboli dal valore
antico ed universale, come l’arcobaleno della pace di Aldo Capitini e il
volto del “Che”, cullati e dondolati in un abbraccio tanto emblematico
quanto significativo con canti della tradizione popolare e della resistenza
partigiana.
Il resto è tutta storia che conoscete: una sconfitta del governo
Berlusconi per mano di un popolo che si riappropria del proprio futuro,
costringendo il governo a far scomparire dal famigerato decreto il nome di
Scanzano Jonico, il sito unico nazionale, il cimitero geologico e i poteri
speciali al commissario di governo; come l’ha definita l’ On. Nichi
Vendola, una vera “Caporetto” per il governo.
A Scanzano è nato un grande Movimento moderno e del futuro,
pacifico e non violento, radicale ed unitario che ha visto la
partecipazione, in ragione della sua scelta non violenta, di tutti i
cittadini compresi i bambini e i disabili.
Il popolo del Mezzogiorno e del Sud ha ripreso la parola in un
abbraccio straordinario tra una nuova cultura ambientalista e una storia
antica e dalle radici ancora vive, quelle della civiltà contadina .
Ha vinto la domanda di partecipazione e di protagonismo popolare
contro un provvedimento autoritario e militarista. Ha vinto la comunità e
l’idea che la terra è qualcosa che va oltre la proprietà per diventare un
bene comune, pubblico e indivisibile di chi la lavora e la vive.
Come già narrato, il lunedi 17 nel primo pomeriggio un manipolo di
cittadini, 20- 30 persone con il parroco di Scanzano in testa, occuperanno i
binari presso la stazione di Metaponto . Dopo circa un’ora di trattative
con la polizia, che chiedeva agli occupanti di liberare i binari (su uno
snodo importante da sud verso nord per i treni provenienti dalla Calabria,
dal Salento verso il corridoio tirrenico e adriatico), il Questore, sembra
su ordini provenienti da Roma, avrebbe minacciato che se non si fossero
liberati i binari sarebbe stato costretto a dare ordini ai suoi agenti di
farlo con la coercizione.
In poche decine di minuti, con un passa parola impressionante, sui binari di
Metaponto, si raccoglieranno qualche centinaia di amministratori locali,
sindaci, interi consigli comunali, consiglieri ed assessori provinciali,
consiglieri ed assessori regionali, quasi tutti i parlamentari lucani del
centrosinistra. Una tempestività straordinaria, in un abbraccio fraterno dei
rappresentanti del popolo a “difesa” dei loro cittadini, nel frattempo
anch’essi giunti a centinaia. Una straordinaria e coraggiosa prova di forza
che cambierà la protesta delle giornate successive. Da quel momento la
stazione di Metaponto insieme al Campo Base, diventerà qualcosa di più di un
semplice presidio. Diventeranno l’agorà delle comunità lucane e della antica
magna grecia. Un vero è proprio pellegrinaggio, quasi un luogo di culto,
dove si ritroveranno bambini, anziani, madri incazzate, disabili, studenti
ed operai, preti e suore, artisti e gruppi musicali. Si allestiranno due
punti musicali dai quali si alterneranno in quelle due settimane diversi
artisti e politici nazionali, tra i quali il segretario nazionale del
P.R.C., Fausto Bertinotti e gli onorevoli Nichi Vendola, Rosy
Bindi,Pierluigi Castagnetti Pecoraro Scanio ed altri.
Commovente la visita di Haidi Giuliani, che all’invito di razionalizzare le
risorse umane impiegate nel presidio notturno (mediamente 200 persone ) si
sentiva rispondere nel suo stupore ammirato che quella era la consistenza
volontaria del turno.
Altro aspetto, qualificante e straordinario della maturità del movimento che
ha dato vita a quelle epiche giornate, è rappresentato dal fatto che presso
la stazione di Metaponto, nonostante la presenza stabile di un groppuscolo
di una dozzina di militanti fascisti di Forza Nuova, nessuno ha raccolto le
loro provocazioni, poiché assolutamente ignorati ed isolati. I cittadini, e
gli stessi militanti di sinistra hanno isolato ed ignorato questi
personaggi, poiché avevano ben presente che qualsiasi loro provocazione
avrebbe potuto scatenare la reazione indiscriminata delle forze
dell’ordine, procurando così un nocumento mortale al presidio e quindi alla
lotta generale contro le scorie nucleari.
I nostri militanti ed attivisti, attraverso la non violenza attiva e la
disobbedienza, accanto e con i cittadini, hanno isolato la pericolosità
sociale ed idiologica dei fascisti ed hanno vinto ed affermato, cosa non
scontata in altre epoche, con la non violenza la battaglia per l’egemonia
cultura e sociale.
I nostri compagni hanno saputo interpretare il sentimento popolare che
richiedeva a tutti unità e radicalità mettendo dunque ai margini fino ad
espellerli tutti coloro che non si rivedevano in questo contesto.
A tale proposito vorrei ricordare che idendico sviluppo hanno avuto le
stesse forme di lotta e la discussione intorno ad esse. Ad esempio: sono
state marginalizzate tutte quelle spinte demagogighe ed irresponsabilmente
estremistiche, per lo più avanzate e sostenute da esponenti della destra che
vedendosi franare il terreno sotto i piedi, tenteranno di recuperare, con
fughe qualunquistiche ed irresponsabili, il terreno politico così
irremidiabilmente perduto. Infatti, nonostante i blocchi durassero da
quindici giorni (giorno e notte, al freddo e sotto la pioggia) e consapevoli
anche del rischio di una recrudescenza degli eventi, i cittadini hanno
respinto proposte demagogiche, tipo quella della chiusura della erogazione
dell’acqua alle Regioni confinanti, poiché il grosso del movimento, che non
aveva altri obiettivi se non quello di respingere il decreto, aveva compreso
da subito due cose, ovvero: che la battaglia non si vinceva solo a Scanzano
Jonico, bensì estendendo la mobilitazione a tutto il Sud, e che la protesta
doveva rimanere assolutamente unitaria, radicale e non violenta, in virtù
di una presumibile durata a lungo, addirittura 2 mesi i blocchi stradali.
I cittadini impegnati nei blocchi (migliaia al giorno ) e presso la stazione
di Metaponto, saranno alimentati tutti i giorni da una straordinaria corsa
di solidarietà operata dal consorzio degli albergatori, dei villaggi
turistici, forni e panifici, ristoranti e semplici famiglie.
Ognuno vorrà fare la sua parte, ognuno vorrà dare qualcosa di sè e come già
detto le manifestazioni estremistriche o più semplicemente autoreferenziali
verranno percepite come corpi estranei e quindi isolati e respinti .
In ragione anche di queste considerazioni, il coordinamento dei movimenti e
dei blocchi dopo la prima settimana di blocchi e nella consapevolezza di
estendere la mobilitazione, arriva a partorire un vero e proprio decalogo
per la gestione dei blocchi stradali. L’obiettivo rimane quello di mantenere
alto il livello di mobilitazione, ma senza danneggiare le popolazioni
locali, le attività socio-economiche e produttive. A tale proposito è
significativo l’accordo tra le organizzazioni degli industriali e i
lavoratori, che prevederà un impegno degli imprenditori a garantire la
partecipazione dei lavoratori alla mobilitazione a turni e scaglionati per
paesi (blocchi stradali e scioperi), a condizione che gli stessi non
avrebbero impedito il transito delle maestranze da e per le aziende e delle
merci deperibili, oltre naturalmente ad un sostegno economico e logistico ai
presidi (tende, container, alimenti). La gestione dei blocchi rappresenterà
un fatto straordinario, di grande coraggio e maturità , che in alcuni
frangenti ha rischiato per chi li proponeva (la sinistra comunista e il
coordinamento dei movimenti e dei blocchi) di rivelarsi impopolare, ovvero
contro la lotta e per la smobilitazione. Invece noi avevamo capito, ed
abbiamo lavorato affinchè anche gli altri comprendessero, che la destra
qualunquista, irresponsabile e criminale, aveva puntato proprio alla entrata
in crisi di questo sistema articolato, alzando paradossalmente il livello
dello scontro, per giungere infine ad una situazione di conflittualità
endogena, ovvero l’uno contro l’altro.
Abbiamo il fondato sospetto che la destra, da un iniziale momento di
sbandamento, e se vogliamo di sincera adesione allo sdegno contro il decreto
legge e quindi alla lotta, ha capito che l’unica via per recuperare il
terreno che si vedeva franare per responsabilità del loro Governo Nazionale,
era quella di esasperare il tono dello scontro anche con azioni estremamente
pericolose e che avrebbero, per effetto delle stesse, messo a rischio le
sorti generali della lotta.
Quando si è capito questo, si è reagito nel migliore dei modi che si potesse
immaginare senza cadere nel loro tranello, infatti non abbiano perso tempo a
rincorrerli sul terreno da loro proposto, bensi abbiamo lavorato ad
estendere, generalizzare e qualificare la protesta da prima nel resto del
territorio provinciale ed in particolare a Matera, con il coinvolgimento
dell’area murgiana delle Puglie, e poi alle Province di Cosenza e Taranto.
Quest’ultima darà un contributo straordinario con le iniziative di lotta
della città capoluogo e dei comuni dell’arco Jonico, con i sui comitati
ambientalisti, di studenti, agricoltori, amministratori e semplici
cittadini, quasi a riscoprire le comuni radici di appartenenza a quella che
fù la antica Terra d’Otranto.
Invece sul posto, da Scanzano, si iniziava a lavorare su due nuovi fronti:
la grande manifestazione del 23 Novembre che porterà a Scanzano circa 150
mila persone e il coinvolgimento, sensibilizzazione e mobilitazione dei
nostri fratelli conterranei sparsi in Italia e nel Mondo.
Straordinaria è stata la mobilitazione degli studenti fuorisede lucani a
Roma ed accorsi dagli altri atenei italiani che organizzeranno a Roma una
prima manifestazione con diverse migliaia di studenti per il lunedi 24. Da
quel giorno a Roma gli studenti lucani metteranno su un vero e proprio
laboratorio di sensibilizzazione e controinformazione, con assemblee
universitarie, presso centri sociali e presidi davanti agli studi della Rai
e alla Camera dei Deputati in piazza Montecitorio.
Intanto continua il lavoro del Campo Base, vero cuore pulsante e mente
organizzativa della protesta articolata e coordinata (idee – incontri –
scuola – progetti – radio –informazione e controinformazione etc…).
In questi quindici giorni decine saranno i cortei organizzati, da quelli
degli agricoltori, a quelli degli studenti, sempre accompagnati dai
gonfaloni delle amministrazioni locali e dall’intera chiesa lucana. Due
saranno i cortei più emblematici: la processione della Madonna di Loreto e
la manifestazione delle 150 mila persone del 23 Novembre.
La processione, con oltre ventimila persone, della Madonna di Loreto sarà
accompagnata da Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza e Presidente
della Conferenza Episcopale Lucana, che già nei mesi precedenti si era fatto
sentire tuonando in maniera forte, inequivoca e con assoluta precisione sui
temi spinosi quali quello dello spopolamento delle aree interne con il loro
fardello di precarietà, marginalità e povertà, contro la guerra in Iraq, e
quello di un uso piu’ equo e compatibile della risorsa petrolio ed acqua .
La manifestazione del 23 rappresenterà il momento piu’alto, anche se
paradossalmente, sia gli osservatori esterni che gli stessi manifestanti
non avranno la percezione giusta di quello che stava succedendo e di quello
che c’era in campo, poiché come si sa le manifestazioni sono sempre
giustamente festose, assolutamente corali e colorate e non drammatiche e
intense come la vita quotidiana nei blocchi e nei presidi.
Una strana coincidenza ha voluto che quel giorno, il 23 Novembre, ricorresse
per la Lucania, in una giornata così gioiosa e colorata una triste
ricorrenza, ovvero il 23° anniversario del terremoto dell’Irpinia che
provocò migliaia di morti e feriti. La percezione che si aveva era quella
secondo cui il popolo lucano che aveva saputo accettare, in ragione della
sua profonda religiosità, il terremoto del 1980 come un evento naturale e/o
un segno di Dio, non avrebbe mai accettato un decreto cosi’ infame, e quindi
peggio del terremoto, figlio di una cultura del disprezzo
antimeridionalista, che immagina un Sud straccione e fatalista al punto da
accettare supinamente e magari in cambio di qualche spicciolo o di un
millantato sviluppo o posto di maledetto lavoro, di diventare la pattumiera
nucleare d’Italia.
Questa manifestazione come tutte le altre, riuscitissime e organizzate
mirabilmente, saranno messe su in pochi minuti, non avendo tanto tempo
disponibile da dedicarvi e in quanto, come già detto, le manifestazioni ed
eventi saranno tali e tanti da sfuggire anche alla cronaca dei più attenti.
I lucani in quei giorni sospenderanno le loro vite quotidiane e le loro
attività per dedicarsi interamente a questa lotta, che sarà la loro lotta
per la vita contro la morte. A vicenda conclusa si conteranno i danni per
l’economia lucana (naturalmente da addebitare a Berlusconi e company, che
vorrebbero passare anche come i salvatori della patria ) pari a circa 15
milioni di euri.
I nostri compagni, impegnati in passato in mille battaglie ambientali e
sociali, come d’incanto, si troveranno e/o si metteranno alla testa del
movimento, non per egemonizzare ma per un senso di responsabilità verso il
loro popolo e la loro terra. I nostri ragazzi, fino a poche ore prima, molte
volte ostaggi di divisione e lacerazioni politiciste, diventeranno uomini e
donne che dirigeranno, organizzeranno, parleranno in nome e per conto delle
popolazioni locali in quanto dalle stesse riconosciute per la loro serietà,
responsabilità, coerenza ed onestà.
In quei giorni il nostro sentimento sarà pervaso da un misto di orgoglio ma
anche di paura per il peso enorme che graverà sulle nostre spalle, fragili
ma abituate ed allenate da tantissime battaglie combattute in questi anni.
Sarà una battaglia dall’esito assolutamente non scontato, non facilmente
codificabile, che vedeva contrapposti un Governo (e non la Nazione)
autoritario e militarista e un popolo mite e pressochè anonimo. Si, il
popolo e non una sua avanguardia politicizzata ed orientata.
Saremo impegnati in quelle giornate in una ricerca collettiva e quotidiana,
di decodificazione ed analisi, tattica e strategia dove nonostante la
lucidità di alcune analisi ed intuizioni personali, ognuno di noi, sarà
sempre pronto a mattersi in discussione ed ascoltare. Un insegnamento per
noi e per gli altri, frutto anche di questa straordinaria vicenda che ha
cambiato un po’ anche noi altri.
Con i tanti compagni, tutti straordinariamente e generosamente impegnati in
quei giorni daremo vita a quell’intellettuale collettivo di gramsciano
insegnamento, tante volte scomodato caricaturalmente e altrettante volte
facilmente rimosso.
Uno straordinario processo di osmosi di assoltuta novità e sostanzialità .
Per questi, ed altri motivi, non condividiamo la tesi di chi diceva che la
gente non voleva i c.d. “no global”, primo e banale perché noi apparteniamo
al movimento c.d. ” no global” e i cittadini lo sapevano. La gente invece
voleva solo mantenere saldamente in capo a se stessa la regia della
vertenza, e quindi avrebbe accettato, come ha accettato, tutti coloro che si
adeguavano al loro linguaggio, alle loro dinamiche, alle loro pratiche, che
ripeto, non violente, unitarie e radicali poiché la battaglia di cui
parliamo non era una delle tante battaglie, più o meno classica, era la
battaglia per la vita e per la morte di un popolo, di una terra antica e
dignitosa.
La verità è che questo movimento, moderno e da indagare, ha dato una
lezione alla nazione intera, ovvero che l’esercizio della disobbedienza
quando ha un fine giusto, è pratica di massa, fa bene alla democrazia, alla
partecipazione, al protagonismo popolare. Diversamente se minoritario,
decontestualizzato ed estremistico fine a se stesso, produce una separazione
e un rifiuto dei cittadini in quanto percepito come autoreferenziale e
propagandistico.
Lo abbiamo detto più volte, la scelta del metodo non violento non era del
tutto scontata. Tale orientamento ha prevalso anche grazie alla presenza
massiccia delle donne, e delle madri in particolare, e non nelle mansioni
più classicamente secondarie e gregarie (pulizia, cucina, accudimento ), ma
con il loro portato di esperienza , maturità, saggezza e pacatezza,
lungimiranza, tenacia, fermezza e radicalità, molto spesso alla guida del
movimento.
Vorremmo raccontare un episodio emblematico che abbiamo saputo governare con
saggezza, consci dei rischi e della delicatezza della situazione che vi
esporrò. Come già ricordato, presso la stazione di Metaponto, al blocco sui
binari, il più rilevante sotto tutti gli aspetti dei blocchi, insisteva un
groppuscolo di una dozzina di fascistelli di F.N. resosi protagonista di una
azione provocatoria, come la tentata aggressione nei confronti del compagno
Francesco Caruso. Tale azione non riuscirà per la freddezza dei compagni
napoletani, ed anche perché isolata dai cittadini lucani che in quel momento
erano a Metaponto e che non hanno seguito, come auspicato dai fascisti, la
sirena contro i c.d. “ No Global” . Bene avremmo potuto reagire (la
tentazione è stata forte ) nel piu’classico dei modi, e forse era quello
che volevano i fascisti per darsi un po’di visibilità, organizzando, cosa
peraltro facile e nelle nostre possibilità contando su centinaia di
attivisti e militanti antifascisti, ovvero organizzando una “Squadra “ per
scacciare i fascisti “carogne”. Non lo abbiamo fatto, senza farci lusingare
dal sentimento di respingere una codardia che non c’era, poiché avevamo
capito che i cittadini li avevano già marginalizzati e scacciati, e quindi
una nostra azione violenta non solo avrebbe potuto mettere a rischio tanta
gente inerme ma avrebbe prodotto l’effetto, ancor più deleterio, di farci
assimilare a loro in un unicum di minoritari e violenti. Anche questo è
stato un passaggio, ritengo importante, per affermare che l’egemonia non la
si impone, ma la si ottiene quando gli altri ti riconoscono egemone per
quello che dici e come lo pratichi.
La nostra condotta potrebbe apparire subalterna, buonista o peggio ancora
pressapochista. Tutto ciò è infondato poiché non solo la battaglia è stata
vinta, ma perché abbiamo inciso profondamente nella crescita ed
orientamento culturale e politico dell’area e di quel movimento. Abbiamo
portato gli altri sul nostro terreno in un processo di contaminazione
reciproca con rispetto e alterità, mettendo a frutto la coerenza di vecchie
battaglie che, se anche non vinte e a volte minoritarie, hanno sedimentato
la coscienza e quantomeno ci hanno consentito di presentarci come uomini e
donne coerenti e coraggiosi delle loro idee, della loro storia e delle loro
battaglie.
Altro elemento che ci dice che la battaglia per la contaminazione e la
egemonia è stata vinta, è dato dal fatto che l’esperienza del Campo Base
prosegue con un processo di elaborazione dal punto di vista dei contenuti
sul tema del nucleare, ma piu’in generale della democrazia (messa
pesantamente in discussione con il famigerato decreto legge n.314), della
partecipazione e del protagonismo popolare, avanzatissimo che pone questa
esperienza, noi pensiamo come una delle punte più avanzate nello scenario
antagonista e di lotta antiliberista nel meridione e forse nell’intero
Paese. Noi pensiamo che non sia un caso se a Roma alla manifestazione del 6
dicembre contro la legge finanziaria e la riforma delle pensioni, dalla
Basilicata sono arrivati oltre 10 mila persone, segnando un record per la
nostra Regione e dando vita, senza timore di essere smentito, allo spezzone
piu’significativo come qualità delle presenze (tantissimi giovani e donne )
e dei contenuti.
Concludiamo questa nostra riflessione-narrazione pensando che sta nascendo
un nuovo popolo, che non pensa solo a se stesso, ma pensa a tutti e per
tutti, dove la lotta non è solo uno strumento per sconfiggere gli altri, ma
è il mezzo per cambiare se stessi, gli altri e quindi il mondo intero.
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