Fukushima. I genitori di fronte a una scelta terribile
Dopo lo scoppio del disastro nucleare di Fukushima, sei mesi fa, per i bambini il livello massimo di esposizione alle radiazioni è aumentato. Ormai si è stabilizzato allo stesso livello di quello fissato in molti paesi per le persone che lavorano nei siti atomici. E le autorità assicurano che i bambini non devono temere nulla. Molte famiglie però non sono state affatto rassicurate dai discorsi ufficiali e hanno deciso di lasciare la zona soggetta alle radiazioni di Fukushima. La maggior parte, tuttavia, è rimasta, riluttante a lasciare il lavoro e la loro casa per mettere definitivamente una pietra sul loro passato.
I bambini sono prigionieri
Nella città di Fukushima, non si vedono più bambini giocare fuori perché costretti a rimanere in casa, dato che emissioni radioattive continuano a sprigionarsi dalla centrale ad una sessantina di chilometri di distanza. La maggior parte delle scuole, in questa città di circa 300.000 persone, hanno proibito agli studenti di giocare a calcio, a baseball o fare il bagno nelle piscine all'aperto. Le finestre delle aule restano chiuse nonostante il gran caldo estivo. Secondo l'Ufficio della Pubblica Istruzione di Fukushima, dallo scorso mese di aprile oltre 300 bambini hanno lasciato le scuole elementari e medie. Lo stesso ufficio informa che, entro il prossimo settembre, il municipio cittadino fornirà ad ogni studente un dosimetro per calcolare la quantità di radiazioni che sta assorbendo. Gli esperti concordano nel dichiarare che i bambini sono soggetti ad un maggior rischio rispetto agli adulti sia per lo sviluppo di tumori che di altre malattie. Ma "nessuno può prevedere con precisione quale sarà il vero impatto finale delle radiazioni sulla popolazione di Fukushima," riconosce il pediatra Makoto Yamada.
Poter giocare ancora sotto la pioggia ...
Sachiko Sato, 53 anni, vive solo a 35 chilometri dalla centrale nucleare. Ha deciso di mandare i suoi due figli in un'altra città, ma di restare a vivere nella casa di famiglia. " Ci siamo chiesti che cosa è più importante per noi " confida. " Per alcuni è il lavoro, per altri è la famiglia. Per me è il futuro dei miei figli." Hiroshi Ueki, 40 anni, ha trasferito la moglie e due bambini, di uno e quattro anni, a Matsumoto, una cittadina che dista 280 chilometri. "Continuavo a dire ai miei figli: « Non toccare questo. Non mangiare quello. Non levarti la maschera " ricorda. Così, quando siamo arrivati a Matsumoto, mio figlio più grande mi ha chiesto ancora una volta: "Papà, posso toccare questo fiore ? e questa macchina ?.... e posso anche giocare sotto la pioggia?"
Sentendo queste parole, mi è venuta un gran voglia di piangere. »
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