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Così si vive nell'era dello sviluppo insostenibile

"Lo sviluppo insostenibile"

Bruno Mondadori Ed.
6 marzo 2004
Romeo Bassoli


Dice un proverbio toscano: «Il fiume affitta, ma non vende». Il significato è ovvio: puoi pure pensare di prendere la terra vicina all’acqua che scorre, ma non sarà mai davvero tua. Prima o poi ti verrà ripresa dalla natura. L’ecologia scientificamoderna ci ha spiegato che proprio questo è il senso delle cose nel mondo che stiamo vivendo: siamo in tanti, usiamo sempre più risorse con cui diventiamo sempre più ricchi e pensiamo che questa crescita, questo sviluppo, possa essere senza fine. Ma il pianeta, come il fiume, ci può concedere un affitto che non sarà mai vita natural durante. Quindi, bisogna comportarsi diversamente per evitare di trovarci improvvisamente - e rovinosamente - a restituire tutto.
E se questo può sembrare «l’ecologia spiegata ai semplici», per tutti gli altri c’è un libro che spiega tutto questo in modo molto più raffinato, usando centinaia di dati, decine di idee sviluppate negli ultimi secoli (ma soprattutto negli ultimi 20 anni) e una bibliografia di duecento tra titoli e siti web. Il tutto in 202 pagine e in uno stile giornalistico «alto». Il libro è «Lo sviluppo insostenibile», edito da Bruno Mondadori e prodotto da due giornalisti amici da vent’anni, Pietro Greco, direttore del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste e commentatore su l’Unità, e Antonio Pollio Salimbeni, che all’Unità è cresciuto e che oggi fa il corrispondente da Bruxelles per l’agenzia del Sole24Ore «Radiocor».

Greco è un giornalista scientifico, Pollio è un giornalista economico e il loro libro ha quindi il pregio di integrare le due dimensioni dell’ enorme dilemma che abbiamo di fronte: riuscirà a sopravvivere il puzzle delle società così come lo conosciamo oggi? Oppure i segnali che negli ultimi vent’anni sono diventati sempre più forti rischiano di farci precipitare in crisi sempre più ravvicinate e globali nelle quali si intrecciano fattori umani e ambientali?
Il libro ci fornisce i dati dei diversi scenari dell’oggi. E la crisi dell’idea che si era fatta strada negli anni ‘80 e ‘90: governare i grandi problemi del pianeta attraverso una serie di accordi internazionali. La Conferenza di Rio de Janeiro nel 1992 aveva per prima sancito l’egemonia della cultura ecologica sul pensiero «preoccupato », quello di chi vede il sottosviluppo, le vergognose iniquità, i rischi di crisi globali dovuti a decisioni politiche ed economiche miopi. Così salvaguardia dell’ambiente e sviluppo più equo si fondevano nell’espressione «sviluppo sostenibile» che ha governato la letteratura internazionale per tutti gli anni ‘90ma non ha portato a casa, nei fatti, un gran che. L’elezione di Bush e del suo gruppo di liberistie ideologici «imperiali» - ha poi fatto il resto, trascinando una serie di governi di paesi «forti» verso la sterilizzazione degli accordi che da Rio in poi sono stati realizzati.

La cultura minimalista, del qui e oggi, sembra prevalere. Le emissioni di gas serra non vengono tagliate, le sovvenzioni dei paesi ricchi ai prodotti che potrebbero subire la concorrenza dei paesi poveri rimangono scandalosamente in piedi, il petrolio rimane al centro delle tematiche energetiche, politiche e militari planetarie. Così lo sviluppo diventa sempre più insostenibile. Eppure, spiega il libro, le grandi paure - il terrorismo, le crisi finanziarie - le grandi contese planetarie - quella sugli Ogm e sul cibo a rischio che dovrebbe viaggiare nel mondo - i timori per una gestione poco saggia delle scoperte scientifiche e tecnologiche, richiedono l’adozione di un criterio di precauzione planetario. Anzi, il passaggio da uno Stato-provvidenza, il Welfare State, ad uno Stato-precauzione. Infine, dal momento che anche chi scrive è amico dei due autori da molti anni, ci preme sottolineare una lacuna del libro. Questa è senza dubbio un’opera ricca. Ma proprio per questo si sente la mancanza di una critica serrata agli errori che la «diplomazia ecologica» ha portato con sé in questi anni. Cioè agli accordi basati su meccanismi inapplicabili, alla distorsione ideologica del principio di precauzione, alle illusioni che alcune soluzioni tecnologiche (dall’energia solare alle auto elettriche) hanno lasciato sul terreno.

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