Azienda Britannica del legname costringe 23.000 Ugandesi ad abbandonare la loro terra – Oxfam
Quasi 23.000 persone sono state costrette ad abbandonare la loro terra in Uganda, per far spazio a una nuova azienda del legname.
Secondo un recente rapporto di Oxfam, questa appropriazione – perfettamente legale, secondo la compagnia britannica – è una nuova dimostrazione di come le aziende internazionali stiano incrementando le loro acquisizioni in Africa.
L'azienda in questione, la New Forest Company, ha dichiarato che la maggior parte dei residenti locali fatti evacuare non possedeva alcun titolo di proprietà ed è stata allontanata in modo pacifico, e che tutta l'operazione era avvenuta sotto il controllo dell'Ugandan National Forestry Authority.
L'azienda aveva fatto sapere a Oxfam che il loro arrivo aveva portato lavoro e benessere alle comunità locali, e che le proprie attività erano state approvate dal Forestry Stewardship Council (SFC) e dall'International Finance Corporation (IFC).
E invece molte persone hanno riferito di come siano state costrette materialmente ad andarsene e lasciate senza cibo o denaro sufficiente a pagare la scuola per i figli. Alcune ingiunzioni del tribunale nei confronti dell'azienda hanno cercato di arginare il numero degli sfratti, ma testimoni oculari hanno visto personale dell'azienda prendere parte all'esecuzione degli sfratti. La New Forest Company, ad ogni modo, nega la sua partecipazione diretta.
“Hanno tagliato tutte le nostre piantagioni – non abbiamo più né banane né cassava”, riferisce Christine, un'agricoltrice 40enne che abitava nel distretto di Kiboga prima dell'esproprio dei terreni.
“I dipendenti temporanei dell'azienda ci attaccavano – picchiavano e minacciavano la gente. E a volte non ci facevano nemmeno tornare nelle nostre case a prendere le cose che ci servivano”.
“Gli espropri avvenuti in Uganda mostrano chiaramente come le misure correnti siano inadeguate per la salvaguardia della popolazione più vulnerabile”, dichiara Raymond Offenheiser, presidente di Oxfam America.
“Migliaia di persone stanno soffrendo perché sfrattate senza essere state né consultate né risarcite.
La New Forest ritiene di essere un'azienda etica, che si attiene agli standard internazionali. Ha l'obbligo di far luce sui fatti poco chiari e di rispettare i bisogni e i diritti delle comunità povere colpite dalle acquisizioni dell'azienda”. Oxfam chiede che si ponga rimedio a questo imponente esproprio e alle altre acquisizioni su larga scala che sono menzionate nel rapporto.
Nel rapporto si chiede, inoltre, che i governi e le organizzazioni internazionali mettano un freno alle appropriazioni attraverso la modifica di leggi, regolamenti e pratiche correnti, che spesso tralasciano di consultare le parti interessate e condurre trattative oneste.
Dovrebbero far sì che vengano rispettati anche tutti gli standard internazionali, compresi gli standard IFC e FSC.
Gli espropri ugandesi sono avvenuti tra il 2006 e il 2010. C'è stata un'ingiunzione dell'Alta Corte il 24 agosto 2009 che è rimasta in vigore fino al 18 marzo 2010. Un'altra è stata emanata il 19 giugno 2009 ed è rimasta in vigore fino al 2 ottobre 2009. Entrambe avevano lo scopo di regolamentare gli espropri.
La New Forest Company aveva comunicato al Daily Telegraph britannico che la popolazione interessata era stata trasferita in modo pacifico.
Un portavoce riportava che “[l'operazione] è stata corroborata da meticolose investigazioni eseguite da prestigiosi organismi internazionali, compresi FSC e IFC”.
A livello internazionale, Oxfam si adopera affinché finanziatori e compratori si assumano le responsabilità delle loro azioni, e perché i governi dei paesi che ospitano le aziende interessate alle acquisizioni richiedano standard e misure di salvaguardia per i piccoli produttori agricoli.
Il rapporto parla anche dell'urgenza di escludere gli obiettivi per la produzione di biocarburanti, che incoraggiano le acquisizioni di grandi estensioni di terra.
Secondo i dati del Rapporto Land and Power, dal 2001 nei paesi in via di sviluppo sono stati venduti o dati in leasing circa 227 milioni di ettari, per lo più a investitori stranieri.
Dato il carattere di segretezza tipico di queste transazioni non è facile ottenere dati precisi, ma una ricerca preliminare condotta da Oxfam stabilisce che metà delle acquisizioni è avvenuta in Africa e che queste coprono un'area quasi equivalente alla superficie della Germania.
Ma di fatto molti “accordi” sono stati portati a termine senza riguardo per i diritti e i bisogni della popolazione locale, e lasciando le persone senza una dimora.
“Gli investimenti sulla terra dovrebbero essere una buona notizia per i poveri, ma questo frenetico accaparramento rischia di portare risultati negativi per loro”, dichiara Mr. Offenheiser. “Gli investitori stanno prendendo sempre più di mira le proprietà terriere, e spesso ignorano la gente che vi abita e che dipende dalla terra per la sopravvivenza. Questa tendenza, che non ha precedenti, sta rendendo i poveri ancor più poveri, non il contrario”.
Secondo il rapporto la corsa alla terra odierna è la conseguenza della richiesta di produzione di derrate alimentari per le popolazioni straniere, oppure della produzione di dannosi biocarburanti, o della ricerca di facili profitti.
E probabilmente diventerà sempre peggio, considerando la crescente richiesta di cibo, il rapido cambiamento climatico, la scarsità di acqua e la creazione di piantagioni che non servono all'alimentazione, come quelle dei biocarburanti.
Il rapporto di Oxfam denuncia gli effetti devastanti degli espropri in Uganda, in Sud Sudan, in Indonesia, in Honduras e in Guatemala sulle comunità più vulnerabili.
http://www.theeastafrican.co.ke/news/UK+timber+firm++forces+25+000++Ugandans+off+their+land+/-/2558/1246694/-/uu46xr/-/
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