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Oro e cianuro per il Guatemala

Bucherellando qua e là, con prospezioni che riguardano un'area di 10.000 ettari, l'impresa mineraria canadese Glamis Gold sta trasformando una zona verdeggiante e rigogliosa in una gruviera.
8 marzo 2004
Marina Zenobio


La Glamis Gold Ltd è un'impresa mineraria con sede principale a Vancouver, specializzata in attività di ricerca ed estrazione di oro e argento. Quanche anno fa, precisamente nel 1998, i moderni cercatori d'oro sono arrivati nel distretto di Marlin, zona sugli altopiani occidentali del Guatemala, non lontanto dalla frontiera con il Messico. Bucherellando qua e là, con prospezioni che riguardano un'area di 10.000 ettari, la Glamis Gold sta trasformando una zona verdeggiante e rigogliosa in una gruviera. Le etnie maya che lì vivono da sempre, i Mam e Sipakapense, alle quali nessuno ha chiesto alcun permesso né il governo ha ritenuto opportuno informare su quanto stava per accade, si sono ritrovate nel giro di pochissimo tempo a dover far fronte ad una vera e propria emergenza ambientale che rischia di peggiorare drammaticamente nei mesi a venire. Crateri a parte, che oltre a cambiare la visione del paesaggio aumentano i rischi di frane, le popolazioni locali denunciano con preoccupazione l'arrivo sulle loro terre di uomini armati al soldo dell'impresa aurifera che ostacolano la libera circolazione e controllano il passaggio tra le comunità, condizionando le relazioni tra famiglie e il normale lavoro agricolo.
Alla fine però la Glamis Gold ha trovato ciò che cercava e lo scorso dicembre il governo guatemalteco avrebbe dato l'ultima autorizzazione che permette di passare dalle prospezioni alla produzione commerciale, prevista per il primo trimestre del 2006.
Lo studio di fattibilità della Glamis Gold prevede un periodo di sfruttamento non inferiore a 10 anni di miniere sotterranee e a cielo aperto con un estrazione complessiva finale di 2,5 milioni di once d'oro e di 29,2 milioni di once d'argento. In cambio l'impresa mineraria lascerà nel paese solo l'1% cento dei guadagni netti, metà allo Stato e metà ai municipi.
Anche se con un po' di ritardo, le organizzazioni indigene e di base dell'area, tra cui i collettivi Madre Selva e Difesa donne indigene, il Movimento dei lavoratori e dei contadini, Centro di azione legale e ambientale si stanno organizzando per combattere questo ennesimo saccheggio delle loro risorse naturali. Con un documento firmato collettivamente e reso pubblico lo scorso dicembre a San Miguel Ixatahuacán, si sono rivolte al ministero dell'ambiente perché riveda lo studio sull'impatto ambientale.
La preoccupazione primaria è sulle conseguenze dell'uso del cianuro e dei composti chimici che Glamis Gold utilizzerà per separare i minerali dalla roccia. La zona è situata nella conca del Rio Cuilco e le operazioni estrattive rischieranno si contaminare seriamente il bacino idrico con conseguenze immaginabili per la popolazione e l'agricoltura locale.
Ma il distretto di Marlin non è l'unica zona, in Guatemala, dove agisce l'azienda canadese.
Nell'anno in cui iniziavano le prospezioni alla ricerca del prezioso metallo nei pressi del confine con il Messico, la Golden Gold acquistava, attraverso una felice fusione con la Francisco Gold Corporation, tutti i giacimenti presenti a Cerro Blanco, a sud ovest, vicino la frontiera con El Salvador.
I due progetti estrattivi di Cerro Blanco e Marlin in realtà fanno parte di un unico grande progetto di sfruttamento delle risorse aurifere del paese. Ma c'è di più, fanno parte anche di una potente espansione che supera le frontiere guatemalteche: a nord, con progetti di sfruttamento in Chiapas, a sud ovest con la minera di San Martin già attiva in Honduras.
Per la Golden Gold, quelle centroamericane, sono acquisizioni strategiche verso un nuovo sviluppo dell'impresa con una produzione a basso costo. Inutile chiedersi chi verrà penalizzato dalla sua necessità di risparmio.

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