Per una industria differente
L'industria pesante, quella dei grandi impianti, è all'attacco. Identificato negli ambientalisti il "capro espiatorio" degli effetti "collaterali" prodotti dalla sua ultradecennale presenza a Brindisi, sia sul piano ambientale che occupazionale, nonchè degli insuccessi della sua strategia di espansione (rigassificatore), preoccupata di assicurarsi un esito non ostile dalla prossima tornata elettorale, mette in pista i suoi opinion leaders per consolidare nell'opinione pubblica l'idea della ineluttabilità della sua presenza.
Lo fa attaccando alcune voci indipendenti e controcorrente che sollevano critiche verso il modello industriale realizzato in questa area, alle quali non chiede una dimostrazione scientifica di questa contrarietà, ma una legittimazione elettorale. Qualche suo alfiere paventa un inesistente diritto di veto delle voci critiche disconoscendo il portato democratico delle libere associazioni di cittadini. Non importa che aria, suoli, sottosuoli e corpi siano intrisi di veleni, sia il popolo a dire chi ha ragione. A questo pressante richiamo ad un fair play democratico corrisponde però una sua pratica di presenza nelle istituzioni che non calca gli stessi percorsi elettorali e che è fatta essenzialmente di una attività di "lobbing". Vestendo per un attimo la maschera della democrazia, chiede agli altri comportamenti che non appartengono alla sua prassi oltre che forse alla sua cultura.
Non solo, ma richiama gli avversari al dovere di misurarsi sui temi della crescita e del lavoro chiedendo conto dei risultati dell'invocato nuovo modello di sviluppo ma tacendo i risultati del modello vigente: 20.000 disoccupati, 5000 residenti in meno in 20 anni, emigrazione giovanile e lavorativa, danni ambientali in perenne attesa di riparazione sia pure con soldi pubblici nonchè perdita di salute e di aspettativa di vita in alcuni settori della comunità, soprattutto tra i lavoratori. Tutto ciò a fronte di un divario estremo tra utili degli azionisti e reddito da lavoro prodotto.
Ma il fronte industriale non è uniforme come si vorrebbe far credere. Non ha ricevuto in questi giorni dalla informazione locale la dovuta attenzione una notizia ampiamente ripresa invece da quella nazionale ed in particolare da IlSole24ore: "Materiali leggeri e riciclabili per nuove generazioni di serbatoi per il contenimento di olio destinati a motori per elicotteri. Serbatoi non più in metallo, ma in materiale plastico rinforzato, più leggero e riciclabile." Vincitrice del bando europeo la Telcom di Ostuni capofila di una cordata internazionale con all'interno anche il consorzio pubblico-privato Cetma con sede alla Cittadella della Ricerca.
Il modello dell'industria pesante non è quindi nè unico nè ineluttabile come si vorrebbe far credere. Qualche anno fa i due modelli si confrontarono all'interno di Confindustria ma vinse l'industria pesante che con più dipendenti dispone anche di più voti e di fatto sceglie il presidente. A chi critica gli effetti dell'industria pesante piace invece quest'altra industria piena di conoscenza in evoluzione, meno colpita dalla globalizzazione, più versata all'innovazione. Il nuovo modello economico non è anti-industriale come si vorrebbe capziosamente far credere ma contiene una industria diversa da quella che ha largamente monopolizzato l'area brindisina tanto da oscurare, con varie responsabilità, gli importanti risultati della prima.
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