"Ecoantropologia. Dall'ingerenza ecologica alla svolta etico-culturale"
Il libro di Lanternari - "l'ultimo grande maestro dell'etnologia italiana", come l' ha definito sulle pagine de il manifestoAugusto Illuminati, ci invita a riflettere sul significato dell'ecologia, intesa genericamente come scienza che studia le relazioni tra gli esseri viventi e l'ambiente in cui vivono, con particolare riferimento all'influenza che le variazioni climatiche, ambientali ecc. (comprese quelle indotte dall'uomo) esercitano sugli animali e sulle piante. Lo stesso Lanternari, ci ricorda già nell'introduzione e in particolare nel primo capitolo - sorta di breve exscurus storico sulla nascita "questione ambientale" - che esistono, oltre questo primo senso, diversi modi d'intendere l'ecologia, sia come scienza che pi ù in generale come nuovo modo d'interpretare il critico rapporto uomo/natura. Si può ri-pensare questo rapporto, in una prospettiva quasi astorica, discutendo semplicemente le prospettive epistemologico-scientifiche che lo caratterizzano, discutendo quindi cosa significa e cosa comporta definire la natura e l'uomo nei termini di una scienza organicistica/olistica come l'ecologia. Questo é il campo della scienza ecologia, che come "nuovo sapere", con una sua particolare episteme, "va ben al di là del campo delle primitive e parcellari "ecologie" del passato - dominanti fin dall'inizio del secolo attuale -, limitate alle sezioni agraria, animale-zoo-tecinca, sociologico-statistico-demografica" (p. 25). D'altro canto, si può tentare di ripensare la relazione uomo/natura in termini primariamente etico-politici, discutendo la o le forme che l'ethos sociale dovrebbe avere, rimodellando uomo e natura. Questo è il campo, in un certo senso, della bioetica così come lo stesso Lanternari l'intende, sebbene si potrebbe parlare, più precisamente, di environmental ethics oenvironmental philosophy. È importante cercare di distinguere questi due approcci, perché solo in tal modo il particolare punto vista di Lanternari può essere meglio percepito.
Quest'ultimo cerca di percorrere un'altra via: l'approccio proposto è quello antropologico o, meglio, quello dell'"etno-antropologia, aperta alla storia" (p. 243), l'Ecoa ntropologia. "L'ecoantropologia si pone, nel quadro delle scienze umane, come settore disciplinare nuovissimo e importante. Essa guarda e studia con occhio antropologico, ossia umanistico e assiologico, olistico e globale, l'ecologia presa pur essa come di sciplina globale devoluta ai rapporti pensati e praticati nei comportamenti delle società e culture umane verso la natura nei suoi molteplici aspetti: vegetali, animali, geofisici, paesaggistici, ecc." (p. 11). Lanternari stesso ricorda come ci sia un "rapporto di fratellanza storica fra antropologia ed ecologia" (p. 77), intesa sia come scienza che come questione etico-politica. L'una, l'antropologia, studiando la " rivoluzionaria idea di "cultura" resa estensibile a tutte le popolazioni del globo [...] nella diversità d'ognuna di esse" (ibid.); l'altra, l'ecologia, mettendo "in questione [il] consueto è tradizionale rapporto di cieca strumentalizzazione della natura al servizio dell'uomo" (ibid.), di fatto "appartengono a quell'unico e solidale movimento s torico-culturale di avanzamento critico e cognitivo che parte dal XVII secolo e si sviluppa nel XIX".
L'approccio ecoantropologico di Lanternari ricorda l'etnobiologia difesa da Eleonora Fiorani in Selvaggio e domestico. Tra antropologia, ecologia ed estetica (Padova 1997): l'etnobiologia, facendo convergere etnobotanica ed etnozoologia, " mette in luce la trama vegetale e animale della storia antropocentrica e riporta le società umane negli ecosistemi della biosfera". In altre parole, mettendo "in collegamen to intrinseco le scienze umane e le scienze della natura, utilizza in modo spregiudicato categorie e metodi dei due ambiti e ne elabora altri suoi caratteristici" (Fiorani, p. 6). Il percorso di Lanternari, se pur altrettanto ambizioso e stimolante, è meno scientificamente "spregiudicato". Così, se pure Lanternari ricorda che buona parte dei suoi lavori d'etnologo è nata confrontandosi con gli studi "che negli anni '60 del '900, scopriva l'ecologia come nuova dimensione dell'antropologia" dando "adito a studi indicati con denominazione di "ecologia culturale" o di "antropologia ecologica" [...] affermandosi in America uno stuolo di nuovi studiosi come Vayda, Duncan, Geertz, Stoddard, Leeds ecc." (p. 103), la sua Ecoantropologia, " svolgendo lo sguardo ai contemporanei" perché vuole essere "un libro dedicato a problemi di ecologia" (p. 7). In tal modo, Lanternari può non solo criticare alcuni assunti dell'ecologia culturale degli anni '60 (cfr. cap. III e App. § IV), ma uscendo dal terreno puramente antropologico, può rivolgere la sua critica ad altri ambiti in cui "l'ecologia proclama in nome della scienza un diritto d'ingerenza talora locale, talora anche globale" arrivando "a collimare e identificarsi con la globalizzazione" (p. 13).
In altre parole, il libro di Lanternari non è un entusiasta tributo all'intervento scientifico-ecologico in materie ambientali, piuttosto una scettica ricapitolazione di alcuni possibili limiti degli approcci troppo "radicali" nelle questioni ambientali, che rischiano di trasformarsi in offensiva-invasiva "ingerenza ecologica" a cui fa riferimento il sottotitolo del libro.
Potremmo dire che l'approccio di Lanternari è antropologico proprio perché è meditatamente antropocentrico . Infatti, quando nel secondo capitolo presenta "categorie concettuali impiegate ordinariamente" (p. 53) per qualificare il rapporto uomo/natura, pur dando evidenza alle relazioni ieratiche con la natura, normalmente dismesse in ambito pratico, esplicitamente parteggia per ogni forma d'antropocentrismo che non sia "dogmatico, cieco, smodato, squilibrato, rovinoso, cinico" (p. 53). All'interno della environmental ethics, sin dal sorgere di questa applied ethics, è fiorito il dibattito pro e contro l'antropocentrismo, cioè quell'assunto che riconosce solo l'Uomo, l'umanità come fulcro (agente-soggetto) di ogni possibile etica universale. Gli esempi scelti dall'autore servono a dimostrare che, se da un lato bisogna criticare l'antropocentrismo radicale e dogmatico dell'homo faber, non significa necessariamente sottoscrivere un'altrettanto radicale ma utopistica posizione ecocentrica, in cui la natura vale più dell'uomo che non riesce a vivere in equilibrio rispettosamente con essa. Così i casi studiati in Ecoantropologia, andando oltre le sole buone intenzioni teoriche, servono a dar sostegno a una non ingenua critica antropocentrica. Per tanto, il valore dell'ecoantropologiasta proprio nella scelta di questi casi particolari, perché grazie a essi l'autore riesce a trovare maggiore sostegno per un antropocentrismo moderato o, come altre volte egli stesso scrive, a un " Eco-antropocentrismo (o Antropo-ecocentrismo): assolutamente realistico in quanto contempla un rapporto equilibrato tra uomo e natura" (p. 53).
Lanternari affronta, in primo luogo, le culture tradizionali (dagli Zafimaniry del Madagascar ai Nuaulu di Seram in Indonesia) e alcune delle loro pratiche (dalla coltivazione itinerante ai rituali di caccia). Dal confronto con questi casi, conclude: "È il contegno religiosamente riguardoso di queste comunit à nei rispetti dell'ambiente e della realtà esterna tutta, l'impostazione mitologica della loro rappresentazione dei rapporti con tale realtà, l'insieme dei divieti, dei tabù sacrali, [...] che da noi occidentali, laicisticamente orientati si presentano ad essere classificati come superstizioni - [...] è tale contegno a lasciare trasparire, effettivamente, lo stimolo mitopoietico per null'affatto irrealistico. [...] Alla luce di tali considerazioni non è improprio ravvisare nelle culture tradizionali portatrici di questo tipo di intuizioni, emozioni e risposte culturali, altrettanti seri modelli di etica ecologica. E questa è l 'etica che consapevolmente discende [...] dall'autopercezione della limitatezza costitutiva della struttura cognitiva dell'uomo" (p . 74). Questa coscienza dei limiti dell'uomo è il tratto caratteristico dell'antropocentrismo difeso da Lanternari. Secondo tale prospettiva etica antropocentrica, l'uomo/l'umanità deve finalmente diventare responsabile per la propria intrinseca limitatezza.
È questa consapevolezza, sia essa orientata "sul terreno dell'emozionalità fideista" (p. 75) oppure semplicemente frutto di laica coscienza critica, che Lanternari cerca anche all'interno della nostra cultura contemporanea. Cos ì, per ciò che riguarda la prospettiva ieratica, Lanternari si confronta sia con una religione consolidata come il cristianesimo, sia con fedi nuovissime (come il movimento Wicca , o con The Eleventh Commandment Fellowship). Nel primo caso, per quanto riguarda "la politica della chiesa nei confronti dell'ambiente", riprendendo il classico articolo dello storico americano Lynn White jr. sulle Radici storiche della nostra crisi ecologica, che " molto ragionevolmente attribuisce alla "tradizione antropocentrica del cristianesimo" un atteggiamento neutrale verso i problemi ambientali " (p. 357), Lanternari riconosce che in tempi recenti la chiesa cattolica si è mossa.
Sebbene in un primo tempo ciò è avvenuto solo a opera delle "missioni [che] hanno insistentemente denunciato le tante gravi iniziative di organismi di affari e industriali volti a soffocare popolazioni marginali del Terzo mondo" (p. 388). In un secondo momento, con l'enciclica Centesimus annus si è riconosciuto "per la prima volta nella storia del pensiero cristiano l'affacci arsi di una questione ecologica", proponendo un "ecologia umana" che si basa sul "riconoscimento del debito di responsabilità verso la "natura"" (p. 400).
Altrettanto interessante è la scelta di analizzare, sul piano dei Nuovi Movimenti Religiosi "che si diffusero tra gli anni '60 e '70" (p. 378), il movimento Wicca (dall'inglese witch , strega), che re-interpreta in chiave neopagana-ecofemminista "il druidismo dei Galli e dei Celti" (p. 184). Lanternari, spinto da un coerente spirito pluralista, non nascond e i suoi dubbi su tali forme di spiritualizzazione della natura che propongono un approccio ecocentrico alla rivalutazione del rapporto uomo/natura. Comunque, come critico discepolo di Ernesto de Martino, riconosce con un intuizione importante che "la spiccata sensibilità religiosa induce nel soggetto una forte valorizzazione in senso emotivo, morale -religioso delle responsabilità comportamentali collettive e individuali. Perciò l'appello che il gruppo ecologista religiosamente impegnato rivolge alla collettività si fonderà su richiami d'ordine moral-religioso e non d 'ordine conoscitivo- scientifico" (p. 200).
Avendo riconosciuto questo carattere importante nei movimenti ecologici di matrice spiritualistica-religiosa, Lanternari analizza con la stessa profondità alcune pressioni laiche che rappresentano l'approccio politico collettivo ai problemi dell 'ambiente, in questo caso muovendo dal presupposto che "il gruppo ecologista d'indirizzo nettamente laico valorizzerà il richiamo che le conoscenze e il sapere scientifico ci hanno rivolto e insegnato, circa le conseguenze dell'agire irresponsabile dell'uomo verso la natura e verso l'obbligo di rispettare le giuste norme" (ibid.). Entro la corrente prettamente politica, Lanternari si confronta da un lato con i la vori di matrice marxista del Gruppo che fa riferimento alla rivista "CNS" (edizione italiana a cura di Giovanna Ricoveri) Capitalismo Natura e Socialismo(Mary Mellor, Giorgio Nebbia, Wofgang Sachs, James O' Connor), dall'altro con la corrente più liberal sia della deep-ecolgy (Aerne Naess, George Session, Bill Devall, Warwick Fox) sia dell'ecofeminismo (Vandana Shiva). Nella dimensione sociale ma più d'ordine etico individualista, Lanternari affronta sempre con originalità, sia i lavori di Hans Joans sul principio di responsabilità sia il discorso animalista-antispecista di Singer e Regan. Da tutti questi confronti, l'occhio ecoantropologioco di Lanternari sa ricavare curiosi ma precisi esempi, proponendo prospettive inusuali dagli allevamenti per gli xenotrapianti all'agricoltura con prodotti geneticamente modificati (biotecnologie), fino, ovviamente, al furto di saperi indigeni (biopirateria). Tali emblematici esempi possono dimostrare fin dove arrivano le conseguenze dell'indiscriminato strapotere di un visione "dogmaticamente antropocentrica".
L'Ecoantropologia di Lanternari, ponendo al centro l'uomo e la sua comunità per analizzarlo nel suo rapporto con la natura , non difende irrealistici progetti di dominio ecologico, ma può anzi essere un'importante riserva di esempi per cercare di sciogliere le complesse questioni di bioetica nella nostra società globale.
Vittorio Lanternari (Ancona, 1918). Nel 1972 si trasferì da Bari a Roma La sapienza presso la cattedra di Etnologia della facoltà di Magistero, che tenne sino al 1989 e poi ancora, fuori ruolo, presso la Facoltà di Sociologia fino al 1994. Negli anni Settanta ha compiuto spedizioni e indagini etnologiche in Ghana. Tra le sue ultime pubblicazioni: L' "incivilimento dei barbari" (Bari 1997), Antropologia religiosa (Bari 1997), Medicina, magia, religione, valori (Napoli 1997, 2 voll.), La mia alleanza con Ernesto De Martino e altri saggi post-demartiniani (Napoli-Genova 1997).
Links
Vittorio Lanternari sulla all'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche:
http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=790
Recensione apparsa sul Manifesto del 29 Luglio 2003, di Augusto Illuminati all' Ecoantropologia.:
http://216.239.59.104/search?q=cache:NqkU0AmzjCAJ:www.cestim.org/rassegna%2520stampa/03/07/29/la%2520natura%2520dei%2520privilegi.htm+Vittorio+Lanternari+&hl=es&ie=UTF-8
Lynn Jr.White's The Historical Roots of Our Ecological Crisis
http://www.geocities.com/atomicputty/ecological.html
Sul fenomeno Wicca con le FAQ sul movimento:
http://www.americanwicca.com/
Per il sito del CNS. Capitalismo Natura e Socialismo (Con indici e alcuni articoli di O´ Connor apparsi su Liberazione):
http://www.ecologiapolitica.it/
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