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Taranto come Acerra

La salute e l’ambiente salubre, quali componenti di uno stesso bene primario, non sono suscettibili di alcun condizionamento da parte dei Pubblici Poteri, che possono al più solo regolamentarli, nella prospettiva di una tutela e di uno sviluppo ambientalmente sostenibile.
14 aprile 2013
Coordinamento Regionale rifiuti - Campania

Era il 27 Novembre dello scorso anno quando il Ministro dell’Ambiente Clini proponeva per Taranto un modello di legge calzato su misura, invitando a basarsi sull’esperienza di Acerra. Il parallelo però non riguardava affatto le due nefaste situazioni di spaventosa pressione ambientale che accomunano il paese campano alla città pugliese.

Acerra è uno dei tre vertici del cosiddetto “Triangolo della morte”, figura geometrica tristemente nota per rappresentare il luogo simbolo della devastazione ambientale compiuta dalla camorra che, con la connivenza di politica ed industria del nord d’Italia e d’Europa, ha letteralmente imbottito i terreni agricoli di rifiuti tossici, usandoli finanche come concime o arrivando a seppellire intere cisterne contenenti prodotti di scarto industriale, finendo in tal modo per compromettere in maniera irreversibile terreni, falde acquifere ed aria.
Il simbolo di quei terreni contaminati sono state per anni le pecore dei fratelli Cannavacciuolo, oggi tutte abbattute, ma all’epoca nate deformi e già malate per l’insostenibile carico di inquinanti ingeriti che, come dimostrava una ricerca del CNR di Leopoldo Iannuzzi, aveva portato a vere e proprie mutazioni genetiche in quel tipo di animali.
Un fenomeno drammatico, che oggi, per profonda ignoranza o malafede, viene ridotto a semplice fenomeno dei “fuochi”, sminuendo la portata di un dramma poco visibile ma di proporzioni enormi.
Eppure ad Acerra, nonostante il disastro in atto, nel maggio del 2008 il governo italiano aveva sommato danno al danno,  imponendo, tramite  un decreto legislativo “speciale”, poi convertito in legge, l’avvio del noto impianto di termodistruzione, sulla cui inaffidabilità ed illegittimità sono stati scritti fiumi di inchiostro; oggi addirittura la Regione Campania, tramite i giornali locali, fa trapelare l’intenzione di ampliare tale mostro, con l’intento di trasformarlo nel più grande impianto di incenerimento al mondo.

Taranto è oggi invece la città simbolo dell’inquinamento ambientale di un’industria pesante che non si è fatta scrupolo alcuno nell’agire al di fuori dei principi di cautela a tutela della salute della popolazione locale, dietro la potente clava del ricatto occupazionale. Una gran percentuale  dell'inquinamento europeo da diossina proviene da quella città; sono state visionate da un po’ tutti le immagini del mare di Taranto trasformato in una pozza di petrolio provocata dai liquidi di raffreddamento industriale in esso sversati; sono state rilevate ancora in questi giorni, nonostante le ripetute denunce del Fondo Antidiossina, emissioni fuori legge dalle cokerie dell’Ilva; una recentissima denuncia degli ambientalisti locali segnala per di più la rilevazione di piombo nel sangue di un campione di bambini residenti nell’area industriale della città, quale indicatore di una esposizione recente e continuativa a pericolosi inquinanti.

Clini, Clini l’africano, appellativo conquistato, come ricorda il “Il Fatto Quotidiano”, per la nota vicenda di accreditamento della società Eurafrica, destinata ad incassare dallo Stato italiano, era il 2007, oltre 700 mila euro per la stesura di un fantomatico progetto di bonifica della discarica di Dandora alla periferia di Nairobi, operazione che fu poi bloccata dal ministro Pecoraro Scanio quando due giornalisti di Nigrizia e del Corriere denunciarono l’operazione.
Questo tanto solerte quanto opaco funzionario dello Stato, onnipresente in ogni nuova legislatura e divenuto con il Governo Monti addirittura Ministro dell’Ambiente, il 27 novembre proponeva dunque per Taranto la cura Acerra, al fine di riutilizzare la stessa procedura di “militarizzazione” dei territori con la quale si sono imposte per legge in Campania 11 mega-discariche e l’inceneritore suddetto, deprivando i cittadini del potere di sovranità sui propri territori ed imponendo dunque, leggi speciali, sovranazionali e extra-ordinamento, con le quali consentire allo Stato, sul territorio nazionale, di agire al di fuori delle norme ordinarie per una presunta finalità di “interesse nazionale”.
L’esperimento della Campania esportato dunque a Taranto, con il vergognoso decreto Salva-Ilva convertito nella legge n. 231/2012 dall’intero precedente arco parlamentare; un decreto vergognoso che ha l’effetto di rendere non applicabile ad alcune imprese una parte del codice di procedura penale per un periodo di tempo che può arrivare fino a 36 mesi. L’individuazione delle imprese che beneficiano di questo trattamento è affidata allo stesso Governo, che lo fa attraverso un atto della Presidenza del Consiglio dei Ministri denominando le stesse “di interesse strategico nazionale”.
Il risultato di un simile aborto legislativo è che se il Ministro dell’Ambiente autorizza “la prosecuzione dell’attività produttiva” di una industria inquinante sequestrata da un giudice in via cautelativa, la sua volontà prevale su quella del giudice stesso.

La Corte Costituzionale, alla quale in questi giorni i giudici di Taranto, che avevano disposto il sequestro di parti dell’Ilva, si erano appellati per contestare l’illegittimità di una simile legge, si è pronunciata sostenendo nei fatti che le norme in questione non incidono su procedimento penale in corso.
È una decisione che come CO.RE.ri. - Coordinamento Regionale rifiuti della Campania non possiamo che considerare gravissima perché introduce per la prima volta una scala di priorità aberrante nel valutare l’importanza dei principi sanciti dalla nostra Carta costitituzionale, anteponendo il profitto di pochi, mascherato come interesse strategico nazionale in termini di tutela del lavoro, alla morte di cittadini italiani.
Come CO.RE.ri. riteniamo piuttosto che esistano diritti supremi e inalienabili, la salute e l’ambiente salubre, quali componenti di uno stesso bene primario, non suscettibili di alcun condizionamento da parte dei Pubblici Poteri, che possono al più solo regolamentarli, nella prospettiva di una tutela e di uno sviluppo ambientalmente sostenibile.
Per tale motivo esprimiamo piena solidarietà alla popolazione di Taranto invitando gli ambientalisti locali a valutare se tutto quanto sta accadendo non possa meritare un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Napoli, 14/04/2013

Coordinamento Regionale rifiuti della Campania
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Tel: 393-5477300 / 334-6224313

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