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L'Annuario dei dati redatto dall'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici (Apat)

Bonifiche: la carica dei 12mila

Censimento su siti inquinati incompleto e già preoccupante
24 marzo 2004
Giuseppe Armenise


Inquinamento dei terreni, aree industriali dismesse, intere zone adibite a discariche, rifiuti pericolosi tra le case di decine di città, aree utilizzate per decenni come zona di riporto di materiali di risulta: a che punto la costruzione della mappa dei siti inquinati d'Italia? Una risposta cerca di darla l'Annuario dei dai ambientali stilato anche quest'anno dall'Apat, l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici recentemente presentato e che è disponibile nella versione integrale nel nuovo e esaustivo sito dell'agenzia all'indirizzo www.apat.it.
«Le anagrafi regionali previste dal Decreto ministeriale numero 471 del 1999 - si legge nel rapporto Apat - sono attualmente in fase di avvio, ma iniziano a fornire dati sul numero e sulle caratteristiche dei siti contaminati così come su quelli bonificati». E quali sono questi dati. Consideriamo un termine di paragone preliminare: nel piano delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale sono contemplati «appena» 41 aree dislocate in varie regioni d'Italia. E invece l'annuario Apat focalizza una situazione ben più complessa e articolata di quella che pareva potesse essere racchiusa in un piano che peraltro arranca nella sua strada verso l'eliminazione dei rischi da inquinamento. «Nel 2003 - dice l'annuario Apat - risultano censiti come potenzialmente contaminati circa 12mila siti, di cui oltre il 50% localizzato nel Nord Italia. tali dati sono tuttavia ancora disomogenei, in quanto solo alcune regioni hanno condotto un vero censimento ai sensi del citato decreto».
Avete capito bene: 12mila siti in Italia e si attendono ancora i censimenti di alcune regioni che non hanno ancora avviato le procedure preliminari per realizzarlo. Tra queste sicuramente c'è la Puglia, una delle ultime regioni d'Italia, peraltro, ad «attrezzare» la propria agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa), istituzione che da qualche mese si sta avviando in maniera compiuta pur tra inevitabili difficoltà per un organico che sicuramente non ha i numeri dei quali ci sarebbe bisogno.
L'enormità del numero di siti inquinati riporta l'attenzione (e la preoccupazione) sulle bonifiche in atto. «La maggior parte - è la conferma riportata nell'annuario Apat - è ancora nelle fasi iniziali del lungo procedimento previsto dal Decreto ministeriali 471 del 1999. Nonostante investimenti economici di grande rilevanza, le bonifiche si sono concluse, per ora, solo per il 9% dei siti. La maggior parte (58%) dispone solamente di una caratterizzazione (indagine su localizzazione, qualità e quantità dei rifiuti presenti nell'area oggetto di intervento) preliminare, mentre un terzo è ormai in piena fase di bonifica».
Il capitolo siti inquinati è ovviamente da richiamare per la pericolosità dei materiali che normalmente li rendono vere e proprie bombe ecologiche. Siamo in una categoria diversa da quella dei rifiuti che però, rispetto alle rivolte di intere popolazioni contro la creazione di nuove discariche, costituisce oggi un'emergenza quantomeno di pari grado rispetto a quella dei siti inquinati. E il dato risulta preoccupante anche nell'annuario Apat, che lo rimarca con un segno decisamente negativo giacché, per un ciclo integrato dei rifiuti che intende rinnegare la discarica, si continua a registrare un dato in crescita di poco inferiore al 7% di rifiuti prodotti rispetto all'ultimo anno di rilevamento (2001 su 2000). Meno male che continua a salire la percentuale di rifiuti raccolti con il sistema della differenziazione a domicilio. Siamo al 17,4% che è quasi il doppio di quanto si calcolava nel 1997, anno di introduzione del decreto Ronchi. Ma in questo contesto, il Sud si contraddistingue ancora per un andamento lento che contribuisce appena per il 4,7% al dato complessivo della raccolta differenziata.

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