Clima. In attesa di Parigi 2015 e di un accordo globale
Varsavia 2013 non è stato certo un buon precedente. Le associazioni hanno infatti abbandonato i lavori della 19a Conferenza delle Parti Onu sul cambiamento climatico (COP19), ritenendoli, per il modo in cui si stavano svolgendo, sostanzialmente inutili. Hanno anche fortemente criticato il Paese ospitante, che sfruttando l'occasione di visibilità offerta dalla Conferenza avrebbe addirittura propagandato le attività di estrazione del carbone, accettando come sponsor il gruppo energetico polacco PGE e aziende come Arcelor Mittal, Bmw, Opel, Emirates.
La Conferenza di Varsavia era considerata un passaggio importante lungo la strada che porta alla firma di un accordo globale sulla riduzione delle emissioni di gas serra, previsto per il 2015 a Parigi. Invece, il 23 novembre 2013 (ultimo giorno del vertice), si raggiunse un accordo debole e ambiguo, che non imponeva alcun obbligo agli Stati.
Tutto questo mentre i rischi per l'equilibrio del pianeta continuano ad aumentare, invece di ridursi come sarebbe indispensabile da anni. Ci si avvicina a un punto di non ritorno che renderebbe inutile ogni strategia oggi ancora possibile per prevenire impressionanti catastrofi naturali.
LE POPOLAZIONI SONO IN GRADO DI DETTARE UNA SVOLTA
Le popolazioni subiscono già le conseguenze di irresponsabili aggressioni al pianeta e alle sue risorse. Possono e devono quindi contribuire a determinare le politiche dei governi.
Sui temi ambientali, per tradizione, la maggioranza della popolazione del nostro Paese è disattenta, soprattutto rispetto ai vertici internazionali. Non è da meno la disattenzione dei partiti politici, di gran parte delle istituzioni e del mondo dell'informazione. La partecipazione del governo viene vissuta e raccontata come una qualsiasi parentesi nel flusso di vicende e notizie più consuete.
Ma è una disattenzione molto pericolosa. Le decisioni e gli impegni che coinvolgono l'ambiente - intorno a cui questi vertici nascono e spesso falliscono - hanno effetti diretti su di noi, sulla qualità della nostra vita, sulla nostra salute e sempre di più sulla nostra incolumità. Il pericolo poi che deriva dall'aumento della temperatura ha dimensioni fisiche e geografiche che dovrebbero turbare qualsiasi individuo dotato di ragione, ed è sempre più concreto. Questo ci tocca certamente più di altre questioni di cui ci occupiamo regolarmente.
Le trattative tra i governi rischiano di essere condizionate da interessi contingenti, minoritari e però forti e spregiudicati. Abbiamo visto di recente ripetersi il gioco delle contrapposizioni tra i Paesi emergenti e quelli di antica tradizione industriale (ritenuti debitori, nei confronti del pianeta, di uno sforzo maggiore in termini di sacrificio dello sviluppo), che finisce per schiacciare i Paesi che, per la loro collocazione geografica e vulnerabilità in caso di innalzamento del livello dei mari, percepiscono ormai chiaramente che il loro destino dipende dalla capacità di fermare l'aumento della temperatura globale.
I popoli sono innanzitutto abitanti delle Terra. Diventa sempre più importante superare ogni sentimento d'impotenza che i continui fallimenti possono alimentare, spezzare i meccanismi che imbrigliano i governi e rafforzare i negoziatori più ragionevoli, a qualunque fronte appartengano.
http://peoplesclimate.org/march/
Il 21 settembre, giornata di mobilitazione anche a Roma (Fori Imperiali, h. 15.00):
http://www.eurodesk.it/notizie/21-settembre-giornata-mondiale-di-mobilitazione-contro-i-cambiamenti-climatici;
http://www.qualenergia.it/articoli/20140918-people-s-climate-march-il-21-settembre-il-mondo-manifesta-contro-i-cambiamenti-climatici
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