Utilizziamo i fondi europei
Articolo di Alessandra Cavallaro (2 aprile 2014, Gazzetta del Mezzogiorno)
Il suo dubbio, ed è più di un dubbio, sono i soldi. “Chi li metterà?”.
Il professor Erasmo Venosi, professore universitario di Fisica nucleare parlerà di “Bonifiche e processi di ambientalizzazione a Taranto” durante i lavori del convegno di sabato prossimo nella scuola L. Da Vinci a Statte. Sarà analizzato il caso-Ilva: inquinamento e conseguenze sulla salute umana.
“Intanto – dice Venosi – va fatta una premessa doverosa. Negli anni c’è stata una “afasia” istituzionale. Abbiamo accumulato un ritardo sulla possibilità di bonificare il territorio di Taranto, che io calcolo in almeno 25 anni perché il primo DPR che parla di emergenza ambientale è datato 1989, al quale si aggiunge il Piano Enea che aveva già sollevato alcune perplessità”. Al momento l’unica strada percorribile, “raccontando così la verità alla città”, aggiunge Venosi, è quella europea e riguarda l’aggancio dei Fondi Strutturali per il Sud.
Che idea si è fatto della crisi Ilva?
“Sono abbastanza convinto che prima o poi sarebbe scoppiata comunque. Mi spiego. Come prima cosa c’è una sovracapacità di acciaio in Europa. Se poi guardiamo al mercato della Cina ci accorgiamo non solo della differenza dei costi della loro produzione, ma vediamo anche che già oggi il 50% della produzione è di loro appannaggio. Quindi alla restante parte del mercato è rimasta solo una nicchia all’interno della quale muoversi. Dunque i costi e la produzione di Ilva non sono più sostenibile. E ancora. La Commissione Europea ha licenziato il nuovo pacchetto “Clima-energia” che fissa gli obiettivi al 2030. Due esempi: il 40% di riduzione delle emissioni di gas serra. Altro punto saldo: viene fissata al 27% la quota percentuale di rinnovabili nel mix energetico dei consumi finali lordi. (il documento dovrà essere approvato dall’Europarlamento e dal Consiglio Europeo) Si capisce bene che questi obiettivi portano Ilva definitivamente fuori dal mercato”.
E cosa risponde a chi sostiene che non si possono mettere migliaia di operai in strada?
“In premessa dico che le vite umane non sono paragonabili al lavoro. E poi aggiungo: serve da parte del Governo un piano straordinario di riconversione industriale che comprenda il lavoro, come è stato fatto per altre realtà che sono state sostenute. Qui bisogna capirci però: la città ha sì ottenuto benifici negli anni passati, ma è stata comunque sfregiata. Quindi su Taranto non solo serve un occhio particolare, ma prima ancora un atto di grande onestà da parte di chi ci governa”.
Le bonifiche e il finanziamento necessario. Come se ne esce?
“Si dice che per la bonifica servano da un miliardo e mezzo e a 4 miliardi. La domanda che mi faccio è: chi metterà questi soldi? Lo Stato oltre alla difficoltà oggettiva di rintracciare una somma tale, ha vincoli enormi da superare: uno su tutti il Patto di Stabilità che impone l’Europa. La famiglia Riva è chiaro che non abbia interesse a metterli, anche perché passerà da un processo lungo, e poi c’è il Commissario che mi pare abbia sospeso la proprietà. La soluzione paventata, ovvero passare da Cassa Depositi e Prestiti, mi sembra pura fantascienza. A vederla così sembra solo una grande voragine. Per questo suggerisco che qualcuno a Roma faccia la voce grossa con l’Europa affinchè una parte di quei 30 miliardi dei Fondi Strutturali per le regioni del Sud, che scadono a fine anno, possano arrivare a Taranto per la riconversione e le bonifiche. Ma ci vuole la volontà e soprattutto il coraggio”.
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