L'estinzione delle specie
L'umanità è testimone (e causa) di un'estinzione di massa, la più grande mai registrata dopo la scomparsa dei dinosauri: senza un impegno su vasta scala, la metà di tutte le specie esistenti potrebbe scomparire durante questo secolo. La biodiversità costituisce l'elemento di base in molti settori dell'economia, dall'agricoltura alla medicina moderna e la sua perdita rappresenta il principale problema ambientale. Possiamo annullare l'inquinamento, ma non possiamo ricreare le specie estinte. Jurassic Park è pura fantasia. Tuttavia, attraverso la protezione delle aree ad alta concentrazione di specie in pericolo, possiamo trasformare il problema in un'opportunità. I benefici eccedono di molto i costi relativi che, a loro volta, rappresentano solo una minima parte degli 1,5 trilioni di dollari di sovvenzioni annuali "perverse" che accelerano il degrado ambientale.
Circondati da ignoti
Non sappiamo nulla del nostro pianeta. Abbiamo identificato solo 1,7 milioni di specie su un totale stimato tra 7 e 15 milioni (probabilmente sono molte di più). Stiamo ancora scoprendo nuove specie di uccelli e di mammiferi (in media circa tre specie di uccelli ogni anno). Solo 45mila appartengono ai vertebrati e 270mila al regno vegetale. La quota restante è costituita da invertebrati, soprattutto insetti, funghi e microrganismi. La perdita degli insetti, che provvedono all'impollinazione, determinerebbe uno sconvolgimento dell'agricoltura. Un tempo il 10% della superficie terrestre era ricoperto da foreste tropicali umide dove vivevano circa la metà delle specie. L'estensione di tali foreste si è già dimezzata. La biodiversità vive in particolari aree degli oceani: la maggior parte delle specie marine si concentra sulla barriera corallina, meno dell'1% dello spazio oceanico.
Una fine mille volte più veloce
Ma a che velocità stiamo perdendo specie? Al momento attuale l'uomo minaccia l'esistenza almeno del 10% delle piante, dei mammiferi, degli uccelli e di altre specie conosciute, che,
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probabilmente, si estingueranno entro pochi decenni. Le specie meno conosciute non se la caveranno meglio. Una perdita del 10%, media calcolata nell'arco dei prossimi decenni, indica che assisteremo alla scomparsa di decine di migliaia di specie, molte delle quali non hanno un nome. Perfino per quelle che lo hanno, non saremo in grado di indicare il momento in cui si estingueranno. Sono come "morti viventi", specie destinate a morire perché i loro habitat sono diventati troppo piccoli. I tassi di estinzione attuali procedono a ritmi cento volte superiori a quelli naturali preistorici. Per il futuro, il tasso di estinzione subirà una probabile accelerazione di oltre mille volte maggiore rispetto a quella naturale preistorica, dal momento che la deforestazione delle aree tropicali distrugge anche gli ultimi rifugi di molte specie. Esistono, poi, altre minacce, fra cui la diffusione di specie invasive e i cambiamenti climatici. In alcuni "punti caldi" le piante e gli animali invasivi (compresi gatti e topi) costituiscono la causa principale dell'estinzione. L'evoluzione può generare nuove specie fino ad arrivare ad eguagliare le cifre di oggi. Ma servirebbero diversi milioni di anni.
I costi della sopravvivenza
Una strategia promettente è quella di concentrarsi sui "punti caldi della biodiversità", le aree ad alta concentrazione di specie che non si trovano in altri luoghi e che corrono un grave rischio di distruzione del proprio habitat. Circa il 40% delle specie si concentra in 25 "punti caldi" (15 dei quali si trovano nelle foreste tropicali), che coprono solo l'1,4% della superficie terrestre, molto meno rispetto all'originario (quasi 12%). La tutela dei punti caldi imporrebbe un freno all'estinzione di massa. L'operazione costerebbe almeno 2,5 miliardi di dollari in cinque anni, rispetto ai 6 miliardi di dollari necessari ora annualmente per il mantenimento di aree naturali e protette di tutto il mondo. Con uno sforzo maggiore si raddoppierebbero le dimensioni delle aree protette, includendo i principali habitat della terra e, con essi, la maggior parte delle specie terrestri, cui si aggiungerebbe anche il 30% degli habitat marini. Il costo di un'iniziativa simile si aggirerebbe sui 50 miliardi di dollari l'anno: una somma considerevole, ma inferiore al 3% degli 1,5 trilioni di dollari di sovvenzioni "perverse" (come i 350 miliardi di dollari che l'UE stanzia ogni anno per sovvenzioni all'agricoltura), che accelerano il degrado ambientale. Inoltre, la conservazione della biodiversità offre molti benefici derivati, come la protezione dei bacini idrografici, essenziali per l'acqua potabile e la fauna ittica. L'amministrazione di New York City ha tutelato le riserve idriche ripristinando il bacino idrografico con un costo minimo rispetto a nuove infrastrutture.
Fonti: The World According to Pimm: Scientist Audits the Earth (2001); Biodiversity Hotspots for Conservation Priorities (Nature, febbraio 2000); Marine Biodiversity Hotspots and Conservation Priorities for Tropical Reefs (Science, febbraio 2002).
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