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Troppi tumori sotto l'elettrodotto

Il brutto primato di una piccola comunità a Sud di Roma: 36 casi di cancro, 5 di leucemia, 12 disfunzioni alla tiroide, ed altre gravi patologie tra quanti - meno di 200 persone - vivono accanto ai fili dell'alta tensione
29 marzo 2004
Sabrina Deligia


«Per anni scherzando abbiamo dato la colpa dei nostri mal di testa a quei fili, ma chi immaginava che facessero davvero male? Adesso poi vogliono attivare anche un'antenna per i videotelefonini. Ma noi non lo permetteremo». Nanda Pascolini, abita alla Longarina, frazione di Ostia Antica, da circa 40 anni proprio dove un elettrodotto sfiora tetti e balconi. A poche centinaia di metri dalla scuola calcio "Francesco Totti", inaugurata di recente. Tanto verde, il mare e la pineta a due passi, una oasi di pace a sud di Roma. Eppure qui ci si ammala più che altrove.

Negli ultimi 20 anni tra quanti vivono all'ombra dei tralicci ad alta tensione si è riscontrato un aumento dell'incidenza di alcune malattie degenerative che potrebbero essere considerate frutto dell'esposizione ai campi elettromagnetici. Trentasei casi di tumore (con 11 decessi), 5 casi di leucemia, 12 casi di disfunzioni alla tiroide ed altre gravi patologie. Questo il brutto primato della piccola comunità di circa duecento persone stretta tra due strade, via Passeri e via Sestini, che in questi giorni si è ribellata alla decisione della compagnia di video comunicazione Tre, che stava istallando un'antenna di ultima generazione, a pochi passi dalla casa di Giovanni.

«Per lui sarebbe un guaio doppio» racconta Tiziana, che in questi giorni è scesa in piazza con Nanda e Anna Grazia, e tutte le altre mamme della Longarina, per difendere il diritto di cura di Giovanni, sette anni, affetto da lesioni al cervello, gravi deficit visivi ed epilessia. Una emiparesi gravissima, le cui cure possono essere rese inefficaci dalla presenza dei campi elettromagnetici. Per anni la mamma e il papà non hanno potuto tenere i cellulari o la televisione accesi per non aumentare i fastidi che subisce il piccolo.

La scorsa settimana il neonato Comitato per Giovanni ha occupato la strada principale del quartiere per giorni, sit-in permanente davanti alla casa che ospita l'antenna (per il momento incompleta), a manifestare anche le scolaresche della zona. In prima fila, comunque, le mamme e tutti quelli che ogni giorno aiutano Giovanni, si alternano ai genitori, ai terapisti. Una situazione difficile che i genitori del bambino hanno affrontato riuscendo anche a migliorare lo stato di salute del piccolo. Ma hanno temuto il peggio quando alcune settimane fa è comparsa quell'antenna a pochi passi da casa.

La pronta mobilitazione della piccola comunità ha per il momento interrotto i lavori. Dopo una rapida consultazione i comitati hanno inviato all'ufficio comunale che controlla i permessi di installazione delle antenne un certificato firmato da un medico dell'azienda Usl Roma D che mette nero su bianco come «l'esposizione del bambino, prolungata nel tempo, ad onde elettromagnetiche, provenienti dall'antenna che deve essere installata in via Luigi Pernier 21, può danneggiare ulteriormente il suo stato di salute». Contemporaneamente il Comitato per Giovanni ha scritto anche al sindaco Walter Veltroni, all'assessore alle periferie Luigi Nieri e a quello all'ambiente Dario Esposito.

Scongiurata, per il momento, l'antenna per i videotelefonini, resta l'elettrodotto, la croce di Nanda. Uno dei due cavi elettrici quasi tocca la villetta plurifamiliare dove lei è cresciuta e dove ha visto ammalarsi di tumore i suoi due fratelli, papà, mamma, marito e cognata. E la piccola nipotina: «Quando ho capito che non solo nella mia famiglia ma anche nel vicinato in tanti si ammalavano e morivano, ho cominciato a informarmi su quei fili e ho deciso di fare qualcosa».

Così Nanda, una sorta di Erin Brockovich nostrana, si è messa in moto, portandosi dietro un sacco di persone, ha tirato su un comitato contro gli elettrodotti, armata di carta e penna ha cominciato il censimento tra i suoi vicini, 45 case a ridosso delle due piccole strade attraversate dall'elettrodotto dove ben 36 persone si sono ammalate di cancro. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che queste case sono nate dopo i cavi elettrici, sono state infatti costruite abusivamente negli anni '60, ma è altrettanto vero che sono state condonate e che la sanatoria ha ignorato i tralicci incastonati nei giardini di via Sestini.

In queste ore grazie la lavoro di Nanda, Anna Grazia, Tiziana e dei comitati (quello delle mamme della Longarina, quello contro l'elettrosmog, quello di quartiere e quello per Giovanni) e il sostegno di Rifondazione comunista a partire dal circolo di Ostia Antica, il caso elettrodotto è finito sotto la lente di medici ed esperti dell'Istituto superiore di sanità.

Note: sabrina. deligia@liberazione. it 
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