Fukushima : la testimonianza inedita dell’uomo che ha evitato il peggio
Si tratta di una testimonianza di prima mano, che ha valore di documento storico.
È stata fornita da colui che ha evitato il peggio alla centrale di Fukushima Daiichi dopo il sisma e lo tsunami dell ’11 marzo 2011. Masao Yoshida era ai comandi del sito quando la catastrofe naturale ha virato verso l’incidente nucleare planetario.
Precisamente tre anni e mezzo dopo l’11 marzo, il governo giapponese ha pubblicato questo giovedì (11 settembre, N.d.T.) le deposizioni di 19 dei protagonisti della crisi dell’incidente, tra cui quella del direttore della centrale, riportate dalla stampa giapponese.
Deceduto per cancro l’anno scorso, Masao Yoshida aveva passato all’incirca una trentina di ore tra luglio e novembre 2011 a raccontare di questa crisi ad un gruppo di ispettori governativi. Queste deposizioni non avrebbero dovuto essere pubblicate, ma due giornali, uno dei quali l’Asahi Shimbun in agosto, ne avevano pubblicato dei lunghi estratti. Pressato dai media, il governo giapponese ha finalmente deciso di rendere pubblico questo documento unico sulla più grave crisi nucleare dai tempi di Chernobyl nel 1986. A costo di contraddire le ultime volontà del capo di Fukushima, che non desiderava che le sue parole venissero pubblicate.
Nel corso dei suoi lunghi colloqui, Masao Yoshida, ritorna diffusamente sugli esordi della crisi, le azioni e gli errori dei tecnici, il lavoro in estrema urgenza e la paura, nella piena “disperazione” e col presentimento del “disastro” che sarebbe seguito. “Se la situazione fosse divenuta veramente orribile e fosse stato necessario scappare, avrei fatto rimanere solo il minimo di persone strettamente necessario. Io, avevo intenzione di restare”, ha raccontato agli ispettori. Come ricorda il Japan Times, , Yoshida ha chiesto agli operai non indispensabili delle aziende che lavoravano con Tepco di “rientrare a casa”. Smentisce però ogni intenzione di abbandonare il sito come già sospettato dal Primo ministro Naoto Kan che non aveva ricevuto informazioni da Tepco. “Tra il sito (di Tepco) e l’ufficio del Primo ministro sono intercorse delle conversazioni assurde (riguardo a un ritiro), ma (gli impiegati) sono fuggiti? No.”
La sua testimonianza fornisce il dettagli delle operazioni svolte per tentare di riprendere il controllo del sito devastato dalle onde, le scosse, le esplosioni in serie e minacciato da tre nuclei di reattori in fusione. “Quando l’edificio del reattore 3 è esploso, sul momento non avevamo notizie di 40 persone. In quel momento, mi sono detto che se fosse loro successo qualcosa, mi sarei aperto il ventre sul posto. Fortunatamente, non è morto nessuno: è stata una fortuna nella disgrazia, senza dubbio grazie a Dio.”
Il sito dello Yomiuri Shimbun cita Yoshida nell’atto di evocare i dubbi sull’azione dei generatori diesel trascinati via dalle onde, di precisare le operazioni per ventilare gli edifici, ecc. Incoerenze, ritardi, contrordini, egli fa luce nello stesso modo sul clima di tensione e di incomprensione tra la sede di Tepco che gestisce la centrale, a Tokio, e l’ufficio del Primo ministro, Naoto Kan: “Perché sono stato costretto ad interloquire direttamente col governo, cosa facevano la sede (Tepco) e le autorità? Io l’ho sempre trovato insensato.” I media giapponesi e l’AFP ritornano sull’azione decisiva del capo della centrale che ha continuato a raffreddare i reattori con dell’acqua di mare, disobbedendo al Primo ministro e contravvenendo - fortunatamente - agli ordini di Tepco. “Ho segnalato al gruppo di gestione della crisi sul sito: Io dirò (alla sede di Tokio) che l’immissione di acqua di mare sarà sospesa, ma non bisogna in nessun caso fermarla. Poi, ho detto alla sede che l’immissione era stata fermata.”
D’altra parte, Yoshida ha allertato le autorità riguardo al problema dell’acqua a Fukushima
“Avevo avvertito sin da marzo 2011 che, se non ci si fosse occupati in maniera corretta del trattamento urgente dell’acqua, ci sarebbero state delle difficoltà nello stabilizzare la situazione.” Tre anni e mezzo più tardi il problema è ancora lì. E la centrale resta in uno stato molto precario.
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