"Ambiente Svenduto"
Si chiama “Ambiente Svenduto” ed è uno dei processi ambientali più importanti nella storia d'Italia.
E’ il più grande per il numero delle parti coinvolte ma anche per la quantità di fascicoli e prove che sono oggetto d’esame. La sua importanza è invece legata al fatto che ad essere accusato è un colosso industriale dell’acciaio: l’Ilva.
Esplosa nell’estate del 2012, la vicenda giudiziaria era partita dalle indagini preliminari portate avanti dal Procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio. Un grande contributo iniziale è stato fornito dal GIP (Giudice per le indagini preliminari) Patrizia Todisco che ha disposto il sequestro senza facoltà d’uso di tutti gli impianti dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto.
Gli impianti coinvolti dal sequestro sono stati i seguenti: i parchi minerali dove vengono stoccate le materie prime (carbone e ferro in primo luogo), la cokeria (composta da dieci batterie), l’impianto di sinterizzazione che produce l’agglomerato (una prima “cottura” del minerale di ferro), gli altoforni (che sono cinque), il GRF (un’area di recupero dei materiali ferrosi) e i due impianti che convertono la ghisa in acciaio (Acciaieria 1 e Acciaieria 2).
Con la Legge del 24 dicembre 2012 (la prima “Salva Ilva”) è stata concessa la facoltà d’uso. La magistratura tarantina si è rivolta alla Corte Costituzionale ritenendo illegittima tale legge. La Corte Costituzionale, pur respingendo le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai magistrati tarantini, nel 2013 ha vincolato la prosecuzione dell’attività produttiva al rispetto del cronoprogramma dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale). Si è creata quindi una situazione paradossale per cui a Taranto gli impianti sopra descritti rimangono sotto sequestro ma con facoltà d’uso. E tale facoltà d’uso è vincolata, per esplicita sottolineatura della Corte Costituzionale, al rispetto dell’AIA.
La Corte Costituzionale ha sottolineato per l’Ilva l’“esigenza di prevedere una reazione adeguata delle autorità preposte alla vigilanza ed ai controlli rispetto alle eventuali violazioni in itinere delle prescrizioni AIA da parte di una impresa, già responsabile di gravi irregolarità, cui è stata concessa la prosecuzione dell’attività produttiva e commerciale a condizione che la stessa si adegui scrupolosamente alle suddette prescrizioni”.
La Corte Costituzionale evidenziava inoltre che “l’attuale disciplina consiste nel fatto che l’attività produttiva è ritenuta lecita alle condizioni previste dall’AIA riesaminata. Quest’ultima fissa modalità e tempi per l’adeguamento dell’impianto produttivo rispetto alle regole di protezione dell’ambiente e della salute, entro il periodo considerato, con una scansione graduale degli interventi, la cui inosservanza deve ritenersi illecita e quindi perseguibile ai sensi delle leggi vigenti”.
Come si può notare le varie leggi “Salva Ilva” che si sono succedute fino ad ora (ben sette) non hanno tolto alla magistratura il potere di intervento, ma hanno prolungato in maniera criticabile le scadenze dell’autorizzazione integrata ambientale posticipando il termine di tutti gli interventi a fine luglio 2015, tranne la copertura dei parchi minerali e un 20% delle opere più complesse all’agosto del 2016.
Lo stato attuale del braccio di ferro fra la Procura di Taranto e l’Ilva verte su una questione molto delicata: l’Ilva continua ad inquinare determinando una situazione di pericolo?
Oltre a tale questione, da cui potrebbe derivare una nuova inchiesta ipotizzando la prosecuzione di un disastro ambientale, vi è quella strettamente legata al procedimento penale in corso che non riguarda fatti presenti ma accadimenti passati. Tale procedimento penale è attualmente nella fase conclusiva dell’udienza preliminare. In realtà si è trattato di molteplici udienze, data la vastità degli imputati.
Le udienze preliminari davanti al GUP (Giudice dell’udienza preliminare) Vilma Gilli sono iniziate il 19 giugno 2014. Oggi c'è l'ultima udienza. Il GUP deciderà oggi il rinvio a giudizio o l’archiviazione per i 47 imputati (44 persone fisiche e 3 società), nonché sulle 5 richieste di condanna per gli imputati che hanno scelto la via del rito abbreviato. Fra questi l'ex assessore all'ambiente della Regione Puglia Lorenzo Nicastro.
Le ipotesi di reato sono molto gravi e si possono riassumere nell’accusa di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. L’accusa più grave riguarda l’avvelenamento delle sostanze alimentari (articolo 439 del Codice penale), e nasce dalle analisi fatte sulle pecore e capre abbattute e sul terreno contaminato da diossina. Alla base dell’attività investigativa c’è stato un esposto di PeaceLink del febbraio 2008 riguardante la contaminazione da diossina e PCB di un pezzo di pecorino, fatto analizzare da un laboratorio specializzato. L’indagine sulla contaminazione da diossina si è estesa poi anche ai mitili.
I prossimi giorni saranno importantissimi. Per seguire gli sviluppi giudiziari è stato creato un sito web: www.processoilva.eu
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