L'Ilva, Taranto e il movimento di cittadinanza attiva
Quando ho cominciato a lottare avevo paura di scrivere le parole Ilva e Riva, ora le possono dire tutti. Sapevo che potevo essere trascinato in giudizio per aver danneggiato l'immagine e l'economia della città. E ci hanno anche provato. Ma in tribunale adesso ci vanno gli altri. Ho chiarissimo questo dramma dentro, l'ho avuto come un incubo per tutti questi anni, ed esserne uscito indenne è per me già una grande vittoria.
Abbiamo resistito, abbiamo sfidato la potentissima multinazionale dei Riva, abbiamo portato le prove del disastro ambientale, siamo andati pericolosamente controcorrente senza alcuna tutela politica, e ora ad essere processati non saremo noi ma loro.
Tutto bene? No. Vorrei aggiungere una riflessione amara ma necessaria. Oggi a me non fa paura Ilva, non fanno paura i poteri forti, non fa paura nessuno dei nostri avversari. Li avremmo battuti da tempo se non avessimo fra noi degli autolesionisti. Noi perdiamo perché abbiamo fra noi gli autolesionisti. A volte mi chiedo se al nostro interno l'avversario abbia piazzato degli autolesionisti, o se li generiamo spontaneamente dato il basso livello culturale di una città che legge poco e ancor meno studia. Mi dispiace che le lunga lotta per dare forza alle ragioni della nostra città con tutti gli strumenti a nostra disposizione non sia a volte sufficientemente compresa. Abbiamo scritto tantissimo, scriviamo tantissimo, ma mi chiedo quale sia l'efficacia di un lavoro molto ampio, approfondito e complesso (l'unico che possa farci uscire dal labirinto complesso) in una popolazione che è ormai abituata a messaggi sempre più brevi e semplificati. Una popolazione dove c'è gente che si secca o si annoia o ti critica se vede un piano strategico con troppe mosse da inanellare per fare scacco matto al re.
A Taranto c'è una parte della popolazione che crede in Sparta, nella spallata risolutiva, mentre a mio modesto parere occorrerebbe puntare su Atene e sulla difficile arte della cittadinanza attiva. Occorre puntare sulla scuola, sulla cultura e sulla formazione, che a Sparta non esistevano.
In una città in cui molti non sanno che aria respirano e neppure come si misura, gli strumenti della cultura e della scienza risultano importantissimi, per controbattere e smentire le versioni di comodo. I miti spartani della forza e del coraggio a nulla servono se non si arriva a fare i conti con la complessità. E la democrazia è complessità.
Italo Calvino parlava della "sfida del labirinto". Per lui occorreva creare una “mappa del labirinto” e l'obiettivo era quello di uscirne usando l'intelligenza della complessità. Questa strategia, l'unica per vincere l'avversario sul terreno degli specialismi (Gramsci parlò di politico+specialista per definire la figura del nuovo intellettuale), incontra tanti ostacoli e la tentazione della semplificazione, il fascino della frase ad effetto, della scorciatoia, è sempre in agguato.
A Taranto abbiamo dovuto lottare e lottiamo ancora contro questa concezione che semplifica ciò che era e rimane un complito complesso, oltre che arduo.
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