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Ecomafia, business miliardario

Rapporto di Legambiente: 2003 anno record della illegalità, per un affare complessivo da 132 miliardi di euro. Saliti del 32,6% gli illeciti accertati, e del 10,7% i traffici dei rifiuti. In aumento abusivismo e racket di animali
7 aprile 2004
Beatrice Macchia 


In 10 anni, dal 1994 al 2003, il business complessivo delle ecomafie in Italia è stimato in 132 miliardi di euro. Lo sostiene Legambiente nel suo decimo Rapporto su criminalità organizzata e illegalità ambientale, presentato ieri a Roma. Il business è fatto di mercato illegale dei rifiuti, abusivismo edilizio, racket degli animali, archeomafia, e inoltre investimenti a rischio, come gli appalti per la raccolta di rifiuti e per la realizzazione di opere pubbliche in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. I clan mafiosi con interessi diretti nei circuiti dell'ecomafia sono almeno 169, sempre secondo Legambiente, e gli illeciti commessi in quell'arco di tempo sono poco meno di 250.000.
Il dossier, realizzato con la collaborazione di forze dell'ordine, Procura nazionale antimafia, istituti di ricerca, Commissioni parlamentari di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, una associazione di volontariato, riporta dati dettagliati riferiti allo scorso anno. Il 2003 è quello che può vantare di aver superato tutti i record della illegalità ambientale, con una vera e propria impennata dei traffici ecomafiosi: sono saliti del 32,6% gli illeciti accertati dalle forze dell'ordine; i traffici illegali dei rifiuti sono cresciuti del 10,7%; in aumento le costruzioni e le cave abusive, come pure il bracconaggio e il racket di animali; gli incendi dolosi sono aumentati del 50% rispetto al 2002, toccando quota 7.000.

Tutti i parametri hanno registrato una forte crescita, e di pari passo è aumentato il business del settore: una cifra che sfiora i 19 miliardi di euro, con un incremento del 14,2% rispetto al 2002. Il Rapporto segnala che in 10 anni sono state quasi 155.000 le persone denunciate o arrestate per infrazioni in materia ambientale; i sequestri effettuati sono stati poco più di 40.000. Il 40% delle quasi 250.000 infrazioni si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Una percentuale che sale fino al 43% per quanto riguarda gli illeciti relativi al ciclo del cemento.

Nello stesso arco di tempo sono state realizzate in Italia 405.000 costruzioni illegali (dalle stalle alle ville con piscina), e il 57% di questa colata di cemento illegale si concentra ancora una volta nella quattro regioni meridionali con il triste primato della presenza di criminalità. Secondo il Cresme, istituto di ricerca, che ha collaborato al rapporto, si può parlare di una superficie complessiva equivalente a oltre 5,4 milioni di metri quadrati di cemento illegale, per un valore immobiliare superiore ai 2,7 miliardi di euro, per le sole 40.000 costruzioni abusive realizzate lo scorso anno. E sono state oltre 9.000 in più rispetto a quelle registrate nel 2002. Gli illeciti relativi al ciclo del cemento accertati dalle forze dell'ordine sono saliti di oltre il 16%, toccando quota 7.100. Più che raddoppiati i sequestri, passati dai 580 del 2002 ai 1.422 dello scorso anno. E sebbene il 39,5% delle infrazioni accertate si concentri nelle solite quattro regioni, quest'anno è stato il Lazio a conquistare la maglia nera della illegalità nel ciclo del cemento: 1.450 le infrazioni accertate, più del doppio di quelle riscontrate nel 2002.

Non di minor peso, è il caso di dire, la montagna di rifiuti entrati nel business dell'ecomafia e spariti nel nulla. E' come se avessimo davanti una vetta di 1.314 metri di altezza e tre ettari di base, pari a 13,1 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, molti dei quali pericolosi di cui si stima la produzione, ma non se ne conosce l'effettivo smaltimento e si aggiunge alle tre "montagne" di rifiuti spariti nel nulla già denunciate nei precedenti Rapporti.

Gli illeciti nel ciclo dei rifiuti crescono complessivamente di oltre il 10,7%, e la Sicilia si conferma ancora una volta al primo posto con 197 infrazioni accertate, pari all'11,2% del totale nazionale. Legambiente segnala anche i gravi fenomeni di contaminazione dovuti alla termocombustione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti in Campania, nella zona denominata "terra dei fuochi", nell'Agro aversano e in diversi Comuni dell'area a nord di Napoli. Proprio a causa di contaminazione è stato necessario abbattere alcune migliaia di capi bovini, oltre che determinare l'emanazione di ordinanze sindacali che vietano in alcune di queste aree il pascolo, la raccolta del foraggio e la detenzione di animali da cortile in quanto è elevato il rischio diossina, sostanza che si sprigiona con questi incendi.

Più in generale, gli illeciti ambientali accertati dalle forze dell'ordine sono stati quasi 26.000, circa il 32,6% in più di quelli registrati nel 2002. La Liguria si colloca al primo posto fra le regioni del nord per numero di infrazioni accertate, scavalcando la Lombardia. A livello nazionale è la Campania in testa a tutte, seguita da Calabria e Lazio. In forte aumento il racket di animali, come pure il saccheggio del patrimonio archeologico, storico e artistico dell'Italia, che costituisce il cosiddetto fenomeno dell'archeomafia.

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