Brasile, «invase» cinquanta aziende
7.04.04
«Per ognuno dei nostri, ne moriranno dieci dei loro». Con queste parole, João Pedro Stedile, leader del movimento dei Sem-terra (Mst), ha fatto capire che il suo esercito di contadini non tollererà altra violenza, né da parte dei fazendeiros (allevatori di bestiame), né da parte della polizia che il 17 aprile del 1996 ha falciato la vita di 19 sem-terra a Eldorado de Carajas, nello Stato del Parà, trasformando la data in un'amara ricorrenza nazionale.
Come i leader del movimento avevano preannunciato, a pochi giorni dal ricordo di quella giornata di sangue, il conflitto fra il governo e i senza-terra si è, infatti, gravemente inasprito. In poco più di una settimana il Mst e i suoi gruppi alleati hanno realizzato oltre cinquanta invasioni (24 solo domenica scorsa), occupando terreni agricoli in sei Stati brasiliani. «Renderemo la vita del governo un inferno - ha dichiarato Stedile -, questo sarà un aprile rosso».
I toni del disaccordo fra il Movimento, tradizionalmente alleato del presidente Ignacio Lula da Silva, e l'attuale governo sono trascesi quando da documenti ufficiali relativi alla riforma agraria si è appreso che degli appezzamenti concessi a 37.800 famiglie nel 2003, il 75 per cento era relativo a terreni espropriati durante i governi che si sono susseguiti fra il 1972 e il 2002, e non sono stati, quindi, il frutto dell'impegno assunto da Lula prima delle elezioni. Ma, peggio ancora: il 65 per cento di queste famiglie ha ottenuto terre in remote zone dell'Amazzonia, aree insalubri, prive di infrastruttura e lontano dagli Stati di nascita.
Da parte sua, il ministro per lo Sviluppo agricolo, Miguel Rossetto, ha respinto le accuse: «Il governo è completamente impegnato nella realizzazione della Riforma agraria e non possiamo raccogliere le critiche che ci vengono rivolte in questo senso». Il ministro non si sbilancia nemmeno quando il leader del Movimento dei contadini senza-terra fa presente che, nei primi 80 giorni del 2004, il govern o ha speso appena il 2 per cento del budget a disposizione per prevenire conflitti e accelerare la riforma agraria in tutto il Paese. «Quanto stiamo spendendo - ha aggiunto il ministro -, è adeguato alla meta che ci siamo posti, garantire cioè a 115 mila famiglie un appezzamento di terra entro il 2004».
In Brasile, quasi il 40 per cento del terreno coltivabile, un'estensione pari a circa sette volte l'Italia, è in mano all'uno per cento rappresentato dai grandi proprietari terrieri e dagli allevatori di bestiame. Quattro milioni e mezzo di famiglie contadine, quasi 30 milioni di brasiliani, si devono spartire attualmente appena il 15 per cento del totale delle terre improduttive del Paese. Già durante la campagna elettorale del 1994, Lula aveva promesso di risolvere questo quadro secolare di ingiustizia sociale: «Quando diventerò presidente vi darò tanta terra che non riuscirete nemmeno ad occuparla», aveva assicurato ai Sem-terra. Oggi, invece, a mala pena il capo dello Stato riesce a dimostrarsi migliore dei suoi predecessori. Il governo promette di insediare 132 mila famiglie all'anno (circa 530 mila entro il 2006). Ma anche mantenendo questo ritmo, prima che la riforma agraria venga realmente completata, dovranno trascorrere oltre trent'anni.
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