Studio di fattibilità per un impianto a collettori parabolici sul sito attualmente occupato dallo stabilimento Ilva di Taranto
Lo scopo di questo studio preliminare è quello di fornire un’idea tecnica, finanziaria ed occupazionale, dell’insediamento di un impianto a collettori parabolici sull’area di Taranto attualmente occupata dalla stabilimento Ilva. E' uno studio di massima che serve ad avviare approfondimenti e a sollecitare contributi in tal senso. L’articolo è si sviluppa su tre filoni:
- Valutazione tecnica dell’impianto
- Valutazione economica dell’investimento e dei costi di gestione
- Valutazione occupazionale prodotto dal processo di costruzione dell’impianto
L’articolo risulterà piuttosto lungo ma vi chiedo la pazienza di seguirmi per una comprensione chiara del progetto.
Per fornire un quadro completo del progetto ho fatto una serie di assunzioni:
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La radiazione diretta normale (DNI) di Taranto circa pari a 1.600 kWh/m2 anno (in accordo con la mappa mostratavi nel precedente articoletto), dove ho considerato una riduzione dell’80% a causa dell’impossibilità di intercettare tutta la radiazione da parte dei collettori, e quindi la radiazione efficiente (ANI) è pari a 1.280 kWh/m2 anno.
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Area collettori uguale a 554 m2 (in accordo con l’articolo allegato)
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Bilanciamento in funzione della potenza termica da cedere all’acqua all’interno del generatore a vapore
Valutazione tecnica dell’impianto
Facendo riferimento allo studio ENEA (allegato), ho calcolato i parametri sintetici dell’impianto (vi risparmio la parte calcolistica, chi è interessato può chiedermela direttamente).
Si vede come un impianto da 50 MWe nominali eroghi, in un anno, una quantità di energia pari a 232,1 GWh, pari al 40% circa di tutto il fabbisogno elettrico domestico della Provincia di Taranto; tutto questo occupando “solo” il 10% dell’intera area occupata da Ilva (1,6 km2 dell’impianto solare contro i 15 km2 occupati dall’intero stabilimento). È chiaro che sarebbe possibile adoperare tutta l’estensione dell’aria Ilva, ma ciò avrebbe una ripercussione sui costi, che diventerebbero molto onerosi, difficili da sostenere e che ora andiamo a valutare.
Valutazione economica dell’investimento e dei costi di gestione
Facendo riferimento alla valutazione tratta dall’articolo allegato di ECOSTAR (European Concentrated Solar Thermal Road-Mapping) siamo in grado di valutare il costo indicativo dell’investimento, del finanziamento e dei costi di gestione.
Ho deciso di maggiorare i costi di gestione, rispetto a quelli indicati nell’articolo allegato, di un coefficiente pari al rapporto tra le superfici occupate dai collettori.
Mostrati anche i dati di natura economica di un impianto di questa natura, potrebbe sembrare altamente impattante ed altamente limitante il progetto di un opera così onerosa di durata trentennale. Non dimentichiamo, però, che la fattibilità di questi impianti, come gli impianti a solare fotovoltaico, è garantita dal meccanismo incentivante che, per un impianto come quello pensato, si attesta attorno ad un valore circa pari a 0,29 € /kWh per impianti che entreranno in esercizio dopo il 2017 (tempo di incentivo non superiore ai 25 anni).
(http://www.gse.it/it/Conto%20Energia/Solare%20termodinamico/Pages/default.aspx).
Questi incentivi sono scorporati dal prezzo di vendita dell’energia alla rete (prezzo medio di vendita pari a 0,06 €/kWh); vale a dire il produttore guadagna due volte: dal sistema incentivante e dalla vendita di energia alla rete.
Per dare un’idea più realistica di quali possano essere gli utili generati da un impianto come questo, non possiamo non considerare i flussi di cassa che si concretizzano nell’arco dei 30 anni di vita dell’impianto in tre scenari possibili: finanziamento del 100% dell’investimento, finanziamento dell’80% dell’investimento, zero finanziamento. Dalla figura mostrata successivamente, è possibile vedere come nel caso di finanziamento totale dell’investimento (curva azzurra), a causa dei tassi di interesse, gli utili trentennali siano evidentemente più bassi rispetto al caso di finanziamento dell’80% dell’investimento (curva rossa) con l’effetto positivo, però, che gli utili vengono generati dal primo anno di vita dell’impianto.
Nel caso in cui la società che voglia investire sia talmente “ricca” da mettere sul piatto i 209 M€ totali dell’investimento, si vede come l’impianto inizia ad essere in attivo dal 7° anno di produzione, ottenendo degli utili più importanti al termine dei 30 anni di funzionamento previsti.
Nessuna impresa nasce senza l’obiettivo di creare profitto, piccola regola, ma efficace.
Non posso non fare notare come varia il LEC – Levelized Energy Cost vale a dire il costo del singolo kWh prodotto a fronte dei costi sostenuti (si ottiene dividendo i costi totali per l’energia prodotta nel corso dei trent’anni).
Emerge che il kWh prodotto con l’aiuto dei finanziamenti ha un costo senza dubbio maggiore proprio a fronte degli interessi che vengono maturati nell’arco dei 15 anni di finanziamento, ciò non succede nel caso di zero finanziamenti dove il kWh prodotto costa 0,277 €/kWh.
Valutazione occupazionale prodotto dal processo di costruzione dell’impianto
Concludo questo progetto di massima con una valutazione di natura occupazionale nel processo di costruzione dell’impianto.
Faccio riferimento all’articolo (https://drive.google.com/file/
L’articolo in questione, utilizza il metodo Input-Output (calcolo matriciale) per quantificare l’incremento di bene e di servizi prodotti dalla costruzione di un importante insediamento industriale come quest’impianto. Premetto che non conoscevo questo metodo, e che ho cercato di comprenderlo riuscendoci n parte. Non possiedo mezzi di calcolo particolari ed ho adoperato, per tanto, i dati sintetici forniti dall’articolo in questione. Al paragrafo 4.1.1. si afferma che “l’effetto moltiplicativo è di 1,92 che significa che per ogni euro investito (domanda diretta) nell’impianto durante la fase di costruzione e di operatività dell’impianto, si generano 1,92 euro di bene e servizi (domanda indiretta)”
Si vede come il rapporto tra i due “totali” sia pari a 0,92 vale a dire il surplus creato.
Mantenendo le opportune proporzioni tra i posti di lavoro creati dagli investimenti diretti/indiretti emerge che
Questo numero ottenuto alla fine vuole dire che il processo di costruzione dell’impianto occuperebbe circa 10.000 lavoratori tra occupati diretti ed occupati derivanti dal processo di variazione di bene e servizi creati dalla costruzione dell’impianto.
Conclusioni
L’obiettivo di questo articolo è stato quello di fornire uno studio preliminare sul possibile insediamento di un impianto di questa natura. Lo studio fa emergere come il sito di Taranto sarebbe un sito potenzialmente appetibile da chi volesse investire nel nostro territorio. Nel caso peggiore (100% finanziamento) si produrrebbero degli utili medi annui circa pari a 34,5 M€/anno.
Più deludente è, invece, l’impatto occupazionale, ma qui permettetemi una premessa.
L’economia tarantina è stata, negli ultimi cinquant’anni, un’economia che definirei “drogata”. Si è pensato di garantire (non riuscendoci) elevati standard occupazionali puntando su un’unica realtà produttiva. Questo processo ha impedito lo sviluppo di ulteriori realtà economiche, industriali, magari più piccole, più modeste, ma lo stesso produttive. In tal senso qualsiasi realtà economica, se confrontata con la realtà occupazionale Ilva, finirà per apparire insignificante, minuscola, in definitiva troppo piccola rispetto agli attuali standard che il siderurgico garantisce.
Così come nel drogato si cerca di abbassare i livelli di concentrazione di eroina somministrando metadone, prima in dosi massicce e via via in dosi minori sino a garantirne un adeguato recupero, allo stesso modo l’economia tarantina dovrebbe prevedere una diminuzione di occupati per singolo settore industriale; che non vuole dire diminuzione di occupati!
Diminuendo il numero di occupati per singolo settore ma incrementando il numero di attività economiche di natura industriale sostenibile, manifatturiera, turistica ed universitaria si riuscirà a garantire il recupero del “malato” Taranto che oggi soffre di una malattia chiamata monocultura che si manifesta nell’ alto numero di occupati per singolo sito di produzione.
Ciò poteva andare bene negli anni '70, ma oggi l’economia è sostanzialmente cambiata. Ecco perché questo studio vuole collocarsi in un’ottica post-bonifiche che preveda l’ “ammortizzamento” degli attuali occupati nelle attività di bonifiche ed il loro graduale rinserimento in più realtà economiche che a Taranto dovranno nascere onde evitare la definitiva morte del malato drogato.
Allegati
CARATTERISTICHE TECNICHE DEI PRINCIPALI COMPONENTI DI UN IMPIANTO SOLARE DIMOSTRATIVO DA 40 MWe PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
ENEA1892 Kb - Formato pdfEuropean Concentrated Solar Thermal Road-Mapping
ECOSTAR3037 Kb - Formato pdf
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