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Comunicato stampa di PeaceLink

ILVA, ecco le nostre richieste al ministro Di Maio

Abrogando il DPCM del 29 settembre 2017 scatterebbe automaticamente l’applicazione dell’art. 29 decies del Codice Ambientale (dlgs 152/2006, sanzioni AIA) che prevede la “chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente”.
18 giugno 2018
Associazione PeaceLink

PeaceLink parteciperà all’incontro con il ministro Luigi Di Maio.

Due sono le cose che saranno portate a Roma.

 

A) La richiesta di un nuovo decreto

 

Attendiamo dal Presidente del Consiglio un nuovo decreto di ripristino della legalità per Taranto con cui venga:

1) abrogata l’immunità penale ai commissari ILVA;

2) abrogata l’immunità penale ai nuovi acquirenti dell’ILVA;

3) abrogato il decreto del presidente del consiglio dei ministri Gentiloni (DPCM 29 settembre 2017) che proroga fino al 2023 l’attuazione delle prescrizioni AIA che dovevano essere già state realizzate entro il 2015 dall’ILVA.

 

In particolare abrogando il DPCM del 29 settembre 2017 scatterebbe automaticamente l’applicazione dell’art. 29 decies del Codice Ambientale (dlgs 152/2006, sanzioni AIA) che prevede la “chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente”.

La legge prevede quindi la CHIUSURA DELL’IMPIANTO non a norma che produce situazioni di pericolo e di danno. Se non vi fossero stati i decreti salva ILVA, lo stabilimento - dopo le varie diffide ricevute in fase ispettiva - sarebbe stato chiuso in virtù del mancato rispetto proprio dell’art. 29 decies del dlgs 152/2006. In un paese civile sarebbe stata applicata la legge. Dura lex sed lex.

 

Il nuovo governo non dovrebbe fare altro che ripristinare – di fronte alla conclamata situazione di pericolo sanitario e di danno ambientale – quelle norme di legge che i precedenti governi hanno cambiato in peggio e stravolto con decreti pro-ILVA, suscitando la contrarietà della Commissione Europea che ha già avviato una apposita procedura di infrazione per mancato rispetto della direttiva 75/2010/UE. Il governo attuale può fare molto in nome della vera legalità. Si tratta solo di ripristinare la norme a difesa dell’ambiente e della vita che i precedenti governi hanno ignominiosamente sospeso.

A Taranto i bambini che si ammalano di cancro sono il 54% in più rispetto al dato regionale. Vogliamo che i bambini di Taranto abbiano le stesse tutele dei bambini di Genova. A Genova è stata chiusa l’area a caldo perché non compatibile con la salute e quella produzione è stata trasferita a Taranto.

Taranto ha diritto alle stesse tutele di Genova.

Per l’ILVA di Taranto - dove è in corso un processo per disastro ambientale - va pertanto fermata l’area a caldo (ancora sotto sequestro) per il semplice motivo che non è stata messa a norma, nonostante tutte le promesse fatte e nonostante tutto il tempo che avevano a disposizione.

 

B) Una nuova ricerca sulla riconversione di Taranto

PeaceLink porterà al ministro Luigi Di Maio una inedita tesi di laurea in Pianificazione Territoriale che, partendo dalla procedura SERA (Security Engineering Risk Analysis), studia con rigore scientifico i processi di resilienza urbana e i percorsi per la riconversione economica di Taranto. La tesi è stata scritta da Cosimo Micelli (Politecnico di Bari, Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio). Nelle prossime ore questa importante ricerca sarà condivisa sul sito di PeaceLink.

Riteniamo che tesi come queste dovrebbero diventare la strada su cui fare ricerca uscendo da una diffusa afasia tecnico-scientifica della politica.



Appendice al comunicato stampa

 

La prosecuzione degli effetti avversi sulla salute

 

Alcuni ritengono che l’inquinamento dell’ILVA si sarebbe ridotto con la riduzione della produzione al di sotto i 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio e che pertanto si sarebbe fermato l’impatto dell’ILVA sulla salute della popolazione.

 

E’ vero questo ragionamento? Noi riteniamo che sia non dimostrato e che pertanto sia privo di fondamento. Viceversa non esiste un solo studio epidemiologico su Taranto che indichi un ritorno alla normalità.

 

Come ben si sa, nel 2012 la perizia medico-epidemiologica, sulla base della quale furono disposti il sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’ILVA, si concluse con queste parole dei periti, “l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.

Il 4 luglio 2017 è stato presentata a Bari dal dott. Francesco Forastiere la prosecuzione di quello studio epidemiologico consegnato alla magistratura nel 2012. Le parole conclusive del nuovo studio sono le stesse del 2012: “In conclusione, l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte”. Non è cambiata una sola parola.

Quindi questo significa che ad ogni proroga concessa all’ILVA per la messa a norma degli impianti corrispondono possibili effetti avversi sulla salute, come documentato dalla ricerca epidemiologica.

In ragione del Principio di Precauzione, chiediamo che la produzione dell’area a caldo dell’ILVA vada fermata.

 

Le proroghe per l’AIA

 

Nonostante queste evidenze epidemiologiche, i precedenti governi hanno concesso varie proroghe per il rispetto dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) allungando a dismisura i tempi della messa a norma degli impianti sottoposti a sequestro da parte della magistratura.

Ricordiamo l’aberrante sistema di proroghe per l’ILVA.

  • L’AIA riesaminata del 27 ottobre 2012 dava tempo fino all’1 luglio 2014 per la messa a norma degli impianti inquinanti e concedeva per la copertura del parco minerali il termine del 27 ottobre 2015.

  • E’ stata concessa per decreto una prima proroga al 3 agosto 2016.

  • E’ stata poi concessa per decreto una seconda proroga al 30 giugno 2017.

  • E’ stata poi concessa un’altra proroga al 30 settembre 2017.

  • Con l’ultimo DPCM del 29 settembre 2017 è stata infine concessa una maxi-proroga al 23 agosto 2023 per Arcelor Mittal.

 

E poiché nel frattempo gli studi epidemiologici potrebbero accertare, provandolo con nesso causa-effetto, una relazione fra le proroghe ed i probabili effetti avversi sulla salute, ecco allora la ragione e il significato dell’immunità penale concessa fino al 2023 sia agli acquirenti sia ai commissari ILVA nominati dal governo.

In ragione di quanto sopra esposto, chiediamo che venga abrogato il DPCM del 29 settembre 2017 che consente la maxi-proroga dell’AIA al 2023.

Il debito dell’ILVA

 

Vogliamo chiarire che queste scadenze non sono state rispettate non perché fosse troppo difficoltosa la messa a norma degli impianti. Anzi, già dal 2013 erano stati ordinate ad esempio le valvole Proven per minimizzare le emissioni cancerogene della cokeria. Ma non sono state acquistate. Perché?

Perché è stata privilegiata la prosecuzione dell’attività produttiva rispetto agli investimenti per la messa a norma degli impianti. Il risultato di questa scelta perversa non è stato quello atteso dai gestori dell’ILVA: infatti l’ILVA produce, nonostante tutto, in costante perdita, accumulando un debito spaventoso di cui non è pubblica l’entità.

Un articolo del Sole 24 Ore del 12 giugno stima in “non meno di 5 miliardi di euro” le perdite dell’Ilva degli ultimi 5 anni.

Chiediamo pertanto al ministro Luigi di Maio di rendere di dominio pubblico le perdite dell’ILVA mese dopo mese, ai fini della massima trasparenza.

 

Gli effetti dell’immunità penale

 

Vi è un esempio recente che attesta gli effetti delle norme che garantiscono a Taranto l’immunità penale all’ILVA. Il mese scorso, maggio 2018, il Pubblico Ministero Buccoliero della Procura di Taranto ha chiesto l'archiviazione al Gip in merito ai picchi di diossina misurati nel quartiere Tamburi di Taranto nel 2014 e 2015. Livelli mai registrati e unici al mondo sulla base della letteratura scientifica disponibile. Quella diossina era dell'Ilva: le relazioni di Arpa Puglia confermano che quella diossina proveniva degli elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione dell'Ilva di Taranto ma il Pubblico Ministero è stato costretto a chiedere l'archiviazione delle indagini per effetto del decreto 1/2015 del governo Renzi che “autorizza l’attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive”.

Chiediamo pertanto che alla magistratura vengano restituiti i propri poteri, oggi inibiti da una legislazione emergenziale che lede l’autonomia di chi dovrebbe svolgere la doverosa azione di individuazione e repressione dei reati.

 

Fiamme nell'altoforno 1 dell'Ilva di Taranto. La messa a norma per i certificati anti-incendio è prevista per il 2023



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