Energia del vento non serve litigare
Dov'è finita la passione civile che unì, il 22 aprile del 1970, milioni di persone in tutto il mondo per celebrare la prima «Giornata della Terra»? Viene da chiederselo costatando che l'«ecologia» si sta trasformando in risse locali alla caccia di soldi, rincorrendo egoismi. Ne abbiamo avuto esempi nelle polemiche sullo smaltimento dei rifiuti, vediamo altri esempi nelle polemiche sulle centrali eoliche.
Ci sono alcuni fatti certi: in Italia il prodotto interno lordo, quel pur equivoco indicatore dell'economia, è quasi stazionario mentre aumentano i consumi di elettricità, proprio il contrario di quanto il buon senso richiederebbe. È indispensabile contenere le importazioni di prodotti petroliferi e ottenere elettricità da fonti locali rinnovabili. Una di queste è il Sole, la cui energia può essere trasformata in elettricità; un'altra è la forza del vento che pure deriva dal differente riscaldamento solare delle varie parti della superficie terrestre.
Purtroppo, anche le prospettive della trasformazione dell'energia eolica in elettricità generano conflitti. Coloro che vogliono costruire dovunque centrali eoliche - e fra questi molte amministrazioni locali - sono mossi non da amore per l'ecologia, da preoccupazioni per la scarsità del petrolio, da motivi di solidarietà planetaria, ma solo dalla fame di quattrini che circolano come premi e incentivi per chi vende motori eolici, chi li gestisce (i cosiddetti «developers») e i Comuni che ospitano i motori eolici nel loro territorio. D'altra parte molti di quelli che invocano la difesa della bellezza e della natura, a cui va la mia simpatia, naufragano spesso in un discorso localista e miope e sono incapaci di sostenere un'altrettanto energica battaglia per il contenimento dei consumi di elettricità, che sarebbe la vera ricetta per avere meno pale eoliche e meno elettrodotti.
Nelle attuali condizioni politiche e ambientali internazionali, deve essere fatto ogni sforzo per passare dalle fonti energetiche non rinnovabili e inquinanti, come i prodotti petroliferi e il gas naturale, alle fonti energetiche rinnovabili che sono quelle del Sole, del vento, e l'energia ricavabile dal calore sotterraneo della Terra, cioè l'energia geotermica. Il successo di questa transizione dipende da migliori conoscenze sui luoghi in cui è possibile ricavare tali energie, sulle tecnologie e i macchinari con cui è possibile trasformare le forze rinnovabili della natura in energia e elettricità utili per gli esseri umani, e sugli effetti ambientali negativi associati a tali macchine.
Per usare meglio le fonti rinnovabili occorre urgentemente una crescita della cultura della geografia dell'energia. Ad esempio, per proporre l'installazione di motori eolici sulla Murgia o sull'Appennino dauno bisogna prima conoscere esattamente l'intensità del vento disponibile in tali zone. I motori a vento cominciano a funzionare e a produrre elettricità quando la velocità del vento è superiore a circa 15 chilometri all'ora e devono essere fermati, per motivi di sicurezza, quando la velocità del vento è superiore a 70 chilometri all'ora.
Se ci sono venti abbastanza frequenti e costanti in questo campo di velocità, fra 15 e 70 chilometri all'ora per almeno 2000 ore all'anno, un motore eolico della potenza di un chilowatt può fornire circa 2000 chilowattora all'anno di elettricità. Prima di spendere pubblico denaro, di costruire strade e strutture per gli aerogeneratori, occorre chiedersi se il ricavato dalla vendita di tale elettricità, pur a tariffe agevolate, copre in un numero ragionevole di anni tali costi.
Le centrali a vento si stanno diffondendo rapidamente e con successo in moltissimi Paesi. Ci sono statistiche sull'intensità del vento negli aeroporti e in poche altre località, ma le frequenze e intensità del vento a Brindisi o a Bari Palese non forniscono alcuna informazione sulle condizioni del vento a Minervino o a Lucera. Senza queste informazioni la necessaria transizione alle fonti energetiche rinnovabili si traduce in disastri ambientali e in spreco di denaro pubblico; ma quanti dipartimenti universitari, quanti enti pubblici conducono ricerche sistematiche sugli effetti ambientali ed economici delle fonti rinnovabili? Quanti scienziati parlano con coraggio e verità sia a coloro che in maniera miope contestano la transizione a nuove tecnologie, sia quelli che troppo affrettatamente, per «portare a casa» finanziamenti e appalti, propongono scelte sbagliate?
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