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L'Italia ha una politica energetica?

In attesa dell'estate e di nuovi black out

Non si può pensare di correre dietro alle richieste sempre in aumento dei consumi. È necessario "inaugurare" un'altra strada che si chiama sviluppo sostenibile, ben noto ma dimenticato.
23 aprile 2004
Enrico Lorenzini*
Fonte: www.libero.it
23.04.04


Per una nazione che si ritiene sia la sesta o settima potenza industriale mondiale, il problema dell'energia è evidentemente fondamentale. Come noto nel bilancio energetico (...) ( segue a pagina 8) (...) nazionale l'80 % circa del consumo nazionale di combustibili è di importazione. Questo lo si dimentica facilmente, poiché in base alla "penetrazione elettrica" si ritiene essere l'energia elettrica (e le centrali che la producono) l'unico vero vettore su cui rivolgere l'attenzione. La domanda che subito rimbalza è: «che cosa avverrà questa estate, quando funzioneranno decine di migliaia di nuovi condizionatori a consumo di energia elettrica?». Allora conseguentemente si afferma: «Costruiamo nuove centrali per evitare futuri black-out». Tuttavia sorgono molti ostacoli. Gli amministratori Enel, alcuni esponenti del governo e il giornale di Confindustria si lamentano della sindrome Nimby, cioè nessuno vuole un potenziale inquinatore vicino alla propria abitazione. C'è da meravigliarsi? Si deve dire pro prio di no. Per ché forse chi si scaglia contro queste proteste vorrebbe vicino alla sua abitazione una centrale a carbone, una discarica di rifiuti, un deposito di scorie radioattive? Diciamocelo: la verità è che i cittadini italiani non hanno più fiducia nelle promesse, nelle parole, nelle assicurazioni che vengono loro fornite da chi vuole realizzare determinati impianti. Si può dar loro torto? Che poi chi vuole costruire simili infrastrutture lo faccia per spirito di servizio e per generosità è veramente difficile crederlo. Il problema è peròun altro. Determinate scelte devono essere fatte con serietà e competenza, devono essere dimostrate vere, oggettive, credute e credibili, appunto perché dimostrabili comparativamente. A questo punto presentiamo due semplici quesiti. Primo: l'Italia ha una politica energetica? Secondo: chi fa la politica energetica dell'Italia? Per avere una politica nazionale deve esistere un piano energetico nazionale "reale", comprensivo di un piano "vero" dell'uso razionale dell'energia. In Italia non esiste né l'uno né l'altro. Di conseguenza rimangono spazi liberi che vengono occupati, ma da chi? Allora perché costruire una centrale in un luogo piuttosto che in un altro? Necessita una programmazione oggettiva. Del resto non si può pensare di correre dietro alle richieste sempre in aumento dei consumi. È necessario "inaugurare" un'altra strada che si chiama sviluppo sostenibile, ben noto ma dimenticato. Di nuove centrali di produzione di energia elettrica ne occorrono davvero tante? Oppure è sufficiente ammodernare quelle che già esistono? Inoltre si vuole ricordare come e quando è avvenuto il disastroso black-out in Italia? Il 28/09/03 la richiesta di potenza era di poco più di 21.000 MW, mentre siamo in grado di metterne in campo quasi il triplo. Nessuno lo ricorda più! Ogni ulteriore commento è superfluo. Non è lecito però utilizzare questo grave evento (di cui nessuno è responsabile?) per portare l'Italia a compiere "passi falsi". Nel frattempo Enel sta trattando con Edf, desiderando entrare nel nucleare francese (con una quota della produzione delle vecchie centrali e/o con una quota nella nuova filiera Epr?) e così indirizza il suo interesse - 35%- sul piccolo produttore francese Snet, che gestisce alcune centrali a carbone di tecnologia superata. Questo è un primo passo per l'ingresso di Enel nel mercato francese, poi entrerà nel nucleare 3; 3; A tutti è nota la situazione di "Edison" con il blocco della quota Edf al 2%, e così il governo italiano dovrebbe riconsiderare questo aspetto per agevolare Enel nelle trattative. A parte ciò, che non è secondario, gli amministratori Enel dovrebbero domandarsi (e domandare almeno al Parlamento Italiano) se gli italiani vogliano questo ingresso nel nucleare e più specificatamente in quello di oltralpe, e se tutta l'operazione sarà utile per l'Italia (non solo per Enel). A mio avviso è vero il contrario, cioè per l'Italia sarà una operazione fortemente in perdita, se non nel brevissimo, sicuramente nel medio-breve termine, perché troppo ricca di incognite tecniche- non ben soppesate- e quindi economiche, non controllabili da Enel (né dall'Italia), come si vedrà in una prossima nota.

Note: *Ordinario di Gestione dell'Energia Università di Bologna

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