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Una catastrofe innaturale

Aria irrespirabile. Il numero medio dei morti in città sale dell'1%

Oggi l'inquinamento è ormai di tale entità da essere la causa accertata di gravi danni per la salute e da far prospettare, per il prossimo futuro, sconvolgenti cambiamenti climatici prodotti dall'effetto serra.
23 aprile 2004
Indagator


Dopo un picco di polveri sottili di PM10, il numero medio dei morti in città sale dell'1%: solo a Roma, ad ogni sforamento delle centraline corrisponde un aumento medio di 6 decessi. A lanciare l'allarme è Roberto Bertollini, direttore tecnico dell'OMS, Organizzazione mondiale della sanità, in Europa, intervenuto al convegno su "Inquinamento atmosferico e qualità dell'aria", organizzato da CNR e Ministero dell'ambiente. Facendo un conto grossolano, ha detto Bertollini, i 37 sforamenti dei livelli di polveri sottili registrati a Roma dall'inizio dell'anno possono aver provocato ben più di 200 morti. I decessi sono solo l'effetto più grave dello smog in città: "Vanno infatti calcolate – spiega Bertollini – anche le malattie respiratorie, i ricoveri, i giorni di assenza dal lavoro: tutti danni da smog che pesano sulla collettività, anche dal punto di vista economico. A seguito dei picchi di polveri sottili, poi, si registra il 30% in più di casi acuti di asma nei bambini". (Il Sole – 24 ore, 23 marzo)

Abbiamo "pescato" questa notizia fra le brevi di una pagina interna del maggior quotidiano economico italiano. Non ci pare che altri media abbiano dato un risalto maggiore ai dati forniti da uno dei maggiori responsabili sanitari europei (l'OMS è la principale istituzione sanitaria mondiale). Insomma l'OMS denuncia la situazione catastrofica della qualità dell'aria ma nessuno ne parla!
A seguito dello sviluppo tecnologico, iniziato sostanzialmente all'inizio del 1800 e poi accentuatosi sempre più convulsamente nel corso di tutto il 1900, sono progressivamente emersi problemi causati dalle più diverse attività umane che, per fornire nel più breve tempo e a minor costo sempre maggiori beni e servizi, non hanno posto alcuna attenzione alle conseguenze ambientali e sanitarie.
Oggi l'inquinamento è ormai di tale entità da essere la causa accertata di gravi danni per la salute e da far prospettare, per il prossimo futuro, sconvolgenti cambiamenti climatici prodotti dall'effetto serra.
Riguardo alla salute, ricordiamo, ad esempio, che l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in un documento del 2002, ha concluso che l'inquinamento da polveri fini nell'ambiente urbano è responsabile ogni anno di circa 100.000 morti (e 725.000 anni di vita persi) nella sola Europa. Secondo la stima dell'OMS, l'inquinamento atmosferico rappresenta infatti in Europa il principale fattore di rischio ambientale, complessivamente l'ottava causa di morte più importante. Analoghe indicazioni vengono dal progetto APHEIS, uno studio finanziato dalla Commissione Europea sull'impatto dell'inquinamento atmosferico in 26 città europee. Secondo questo studio, una riduzione dell'inquinamento da polveri fini PM10 di soli 5 microgrammi per metro cubo potrebbe evitare circa 5000 morti per anno nella popolazione interessata dall'indagine (32 milioni di cittadini). Per rendersi conto di cosa significa questo dato è bene rilevare che le PM10 si misurano in microgrammi e che il livello di attenzione è oggi fissato a 50mg mentre quello di allarme a 75mg. Sono questi livelli ad essere stati sforati 37 volte a Roma dall'inizio dell'anno.

Riguardo ai cambiamenti climatici in atto, occorre ricordare che negli ultimi decenni si è manifestato un aumento della temperatura, non spiegabile affatto con i cicli naturali che producono sensibili variazioni non nell'arco di anni ma nell'arco di millenni ma spiegabile invece con le quantità enormi di anidride carbonica immesse in atmosfera (20 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in un anno). Di pari passo con l'aumento della temperatura si sono manifestati fenomeni naturali del tutto quantificabili e misurabili; ad esempio, negli ultimi 30 anni si è manifestata una diminuzione del 40% nella solidità minima della calotta artica durante la stagione estiva. A partire dal 1999 è iniziata una lunga e impressionante serie di fenomeni di inaudita violenza. Ad esempio: nel maggio del 1999 un numero di tornados senza precedenti si abbatte sul Kansas, l'Oklahoma e il Texas, causando distruzioni e 50 morti; nel mese di ottobre, sempre del 1999, due cicloni consecutivi provocano10.000 morti nell'est dell'India; nel dicembre 1999 due uragani flagellano il nord e il centro della Francia provocando danni enormi e 81 morti; nel febbraio del 2000 una serie impressionante di cicloni devastano il territorio del Mozambico e provocano la peggiore alluvione della storia del paese, con migliaia di morti e oltre 250.000 profughi. Ma per venire a tempi e luoghi a noi più vicini, vale la pena di ricordare la caldissima estate del 2003. in Italia il caldo intenso e duraturo ha causato fra gli anziani (oltre 65 anni) 7.659 morti in più rispetto al 2002 oltre ad una grave siccità, di certo anch'essa tra le più gravi mai vissute dal Nord Italia. Anche in Europa il caldo ha regnato incontrastato, in particolare in Francia nella prima decade d'agosto le temperature della regione centro-settentrionale hanno toccato o superato i 40 °C, provocando migliaia di morti tra le persone anziane. A Londra è infine stato toccato il picco massimo mai registrato con oltre 37 °C. In conclusione è utile ricordare una pubblicazione dello scorso ottobre a cura dell'insospettabile Azienda regionale per la protezione ambientale del Piemonte e riguardante il numero di morti per l'ondata di calore a Torino, nell'estate 2003; vi si legge: "Nei primi dieci giorni di agosto sono stati raggiunti i più alti valori di temperatura massima sulla città di Torino, sul Piemonte e su diverse località italiane ed europee… L'eccesso di mortalità rilevato è il più elevato mai raggiunto a Torino considerando gli ultimi 20 anni e testimonia l'eccezionalità dell'evento per durata e intensità dell'effetto… Questo genere di eventi potrebbe riverificarsi in futuro; le ondate di calore, infatti, date le modificazioni climatiche a cui si sta assistendo, si potranno ripetere e divenire più frequenti"

La responsabilità di questa catastrofe ambientale – anche le demenziali menti del Pentagono hanno dovuto ammettere che l'emergenza ambientale è più pericolosa di… Al Qaida (ma pensa un po'!) – è soprattutto delle scelte energetiche legate all'uso di carburanti fossili: petrolio, gas e carbone. Ma queste fonti sono in fase di esaurimento; il futuro è delle fonti rinnovabili e dell'idrogeno, fonti a basso o nullo impatto ambientale. Frenare i cambiamenti climatici significa anche frenare la mortalità dovuta all'inquinamento ma ciò si può fare solo passando da un'economia fondata sui combustibili fossili ad una che si basi sull'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili, soprattutto dall'eolico. Già oggi esistono le tecnologie per operare questo passaggio. "Il dubbio – scrive un ambientalista istituzionale come Lester Brown – è se avremo l'accortezza e la volontà di ristrutturare l'economia energetica prima che i cambiamenti climatici escano dalla sfera del nostro controllo". Dubbio più che legittimo considerato che la logica capitalista del profitto cozza ineluttabilmente con una trasformazione che per avere successo dovrà essere tanto radicale quanto rapida. E allora non resta che lavorare perché la crisi ecologica favorisca una trasformazione in senso socialista libertario delle nostre malandate società. "Socialismo o barbarie" diceva qualcuno. Aveva ragione!

Note: da: Umanità Nova, numero 13 dell'11 aprile 2004, Anno 84

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