Le vere ragioni per cui ArcelorMittal lascia
ArcelorMittal ha inviato la comunicazione di recesso e risoluzione del contratto di affitto dell'ILVA.
La chiave interpretativa per cogliere le vere ragioni di questa scelta è nel rigo 12 del comunicato di ArcelorMittal, in cui sostanzialmente si afferma che l'ILVA non è in grado di rispettare l'ultimatum della magistratura circa la messa a norma dell'altoforno numero 2, quello dove morì l'operaio Alessandro Morricella, investito da una grande fiammata dovuta a un malfunzionamento dell'impianto.
"I provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i Commissari straordinari di ILVA a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019". Tale data, osserva ArcelorMittal, è "impossibile da rispettare per gli stessi Commissari".
Non solo: ArcelorMittal fa notare che anche gli altri due altoforni in funzione dovrebbero adottare "ragionevolmente e prudenzialmente" le precauzioni tecniche previste per l'altoforno 2. In tal modo l'azienda ammette implicitamente che anche gli altri due altoforni non adottano le tecnologie per garantire la sicurezza per i lavoratori.
La messa a norma di tutti gli impianti e l'adozione per gli altoforni delle migliori tecnologie disponibili doveva terminare nel luglio 2014, secondo il cronoprogramma dell'Autorizzazione Integrata Ambientale ILVA. I lavori, cominciati pro forma nel 2012, hanno segnato continuamente il passo in una sceneggiata che ha rasentato il grottesco. Se non fosse avvenuta l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, la prima legge Salva Ilva del dicembre 2012 prevedeva il fermo degli impianti, che attualmente sono sotto sequestro penale in virtù dei provvedimenti della magistratura che sta processando i vertici dell'ILVA. Con sfrontata determinazione i vari governi hanno cambiato quella legge con proroghe e deroghe che hanno reso poi necessaria l'adozione dell'immunità penale in quanto gli attuali impianti sono in funzione a rischio e pericolo di chi li fa funzionare. Permangono numerose carenze ed emerge la mancanza di requisiti minimi importanti quali i certificati di prevenzione incendi degli altoforni, delle cokerie e degli altri impianti ad alto rischio.
In queste condizioni è stato ridotto lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa con una politica di proroghe e deroghe che è servita solo a tirare a campare e a spostare sul governo successivo la "patata bollente". Abbiamo assistito a uno scaricabarile continuo che non ha fatto onore allo Stato Italiano che è infatti stato condannato dalla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo) per non aver protetto i cittadini di Taranto.
In conclusione possiamo dire che è caduta la foglia di fico e che viene detta finalmente la verità: ILVA ha impianti pericolosi e fuori norma che richiederebbero investimenti mai fatti e che - date le ingenti perdite - non verranno mai fatti. Volevano proseguire con uno scudo penale in questo andazzo, ma ormai la sceneggiata è arrivata al suo temine ed emerge tutta la vergogna di uno Stato che - governo dopo governo - non ha protetto la popolazione di Taranto, forse perché troppo a sud.
ArcelorMittal aveva fatto pressioni durante l'estate e Di Maio (allora ministro al MISE) dopo le proteste della multinazionale, era intervenuto ad agosto sull'art. 2 del d.l. del 2015, ampliando lo spettro delle condotte che non potevano far sorgere responsabilità penale per gli affittuari e gli acquirenti (ossia ArcelorMittal).
Tuttavia in sede di conversione del suddetto decreto, una volta cambiato il governo, si è tolta la modifica di agosto, sopprimendo l'articolo che ampliava lo scudo penale.
Guarda caso il passaggio dal "grande scudo penale" al "piccolo scudo penale" entra in vigore proprio domani 5 novembre, ecco il perché della decisione di ArcelorMittal di lasciare l'ILVA. Ma a ben vedere vi sarebbe stata una più che probabile sentenza della Corte Costituzionale, nuovamente interpellata dal GIP, e una più che prevedibile richiesta di spegnimento dell'altoforno numero 2 da parte della magistratura che aveva dato l'ultimatum definitivo per dicembre, a fronte del quale i lavori previsti di messa a norma risultano - come si è già detto - attualmente non eseguiti.
Articoli correlati
- L'unguento che lenisce le affezioni delle vie respiratorie con un tocco di polveri sottili e benzene
Il balsamo d’acciaio che tutela l’ambiente
I 400 milioni che erano destinati alla tutela ambientale e alla bonifica delle aree contaminate vengono dirottati per sostenere la produzione dell’ILVA. Il DDL 1359 evidenzia che "il rischio chiusura dello stabilimento sia quello più rilevante e significativo anche dal punto di vista ambientale".13 febbraio 2025 - Alessandro Marescotti - Trasferiti fondi dalle bonifiche ambientali alla produzione di acciaio ILVA
Grazie Meloni!
Da Vicks VapoRub a ILVA VapoRub, il nuovo unguento per uso inalatorio è pronto per tutti i bambini di Taranto. Il governo stanzia 400 milioni per questo trattamento balsamico nelle affezioni delle vie respiratorie. La motivazione è che chiudere l'ILVA provocherebbe un "rilevante rischio ambientale".12 febbraio 2025 - Alessandro Marescotti - Comunicato stampa di PeaceLink sulla sottrazione di 400 milioni di euro alle bonifiche
"Includere i lavoratori ILVA nella valutazione del danno sanitario"
Il decreto è in contrasto con il principio “chi inquina paga”, destinando a finalità produttive fondi per la decontaminazione di terreni e falde. Occorre poi dare all'ISS l'ultima parola nella Valutazione di Impatto Sanitario e includere i lavoratori ILVA nella verifica dei danni alla salute.11 febbraio 2025 - Redazione PeaceLink - La conferenza stampa del 3 febbraio 2025
L'azione civile inibitoria contro l'inquinamento dello stabilimento ILVA di Taranto
L'azione ha una funzione preventiva in quanto non attende che il danno si concretizzi completamente, ma interviene per impedirlo, partendo dal principio di precauzione, fondamentale nel diritto ambientale. L'azione legale è promossa dall'associazione Genitori Tarantini presso il tribunale di Milano.4 febbraio 2025 - Redazione PeaceLink
Sociale.network