Marco Boato ricorda suo fratello Sandro morto il 3 dicembre 2019
Le parole dell’edizione del 22 novembre 1988 del quotidiano La Repubblica: ‘nella bianca Trento monta l’onda verde.
Non avrei mai voluto dover scrivere, così presto, questo ricordo. Sono molto triste. Mio fratello Sandro Boato ha concluso serenamente la sua vita all’Hospice Cima Verde di Trento, dopo un’intera vita dedicata all’architettura, all’urbanistica, all’ambientalismo ed all’ecologia, all’impegno politico e civile, ma anche alla letteratura e soprattutto alla poesia.
Per trent’anni il suo percorso è stato accompagnato dal Parkinson, ma non si è mai arreso, accompagnato e sorretto dal suo angelo custode, sua moglie Odilia Zotta, e dai figli Matteo, pittore, e Giulia, docente universitaria, negli ultimi anni anche dai suoi amati nipoti, Matilda e Beatrice, Miro ed Enea.
Quando erano comparsi i primi sintomi della malattia, nel lontano 1989, era consigliere regionale/provinciale dei Verdi del Trentino (fino al 1993). Lo stesso mandato aveva ricoperto dal 1979 al 1983 (subentrato a Sandro Canestrini) per “Nuova sinistra”, collega in Consiglio regionale di Alexander Langer (per “Neue Linke/Nuova sinistra”), di cui è stato grande amico e collaboratore. Insieme a Langer e a me, con molti altri, aveva dato vita all’inizio del 1983 alla prima esperienza verde in Italia, dopo un importante Convegno internazionale promosso a Trento, nel dicembre 1982, nel palazzo della Regione, con la partecipazione dei “Grünen” tedeschi e austriaci formatisi da pochi anni.
Laureatosi in Architettura nella sua e nostra Venezia all’inizio degli anni ’60 (fu allora il più giovane laureato in Architettura di tutta Italia), già nel 1962 era approdato a Trento, chiamato dall’urbanista Giuseppe Samonà (incaricato per questo da Bruno Kessler), insieme al neo-architetto trentino Sergio Giovanazzi, a collaborare alla preparazione del primo Piano urbanistico provinciale (PUP), che si concluse nel 1967. Entrato come urbanista in Provincia, e dopo essere stato sottotenente nell’Aeronautica militare a Firenze e a Roma, la pianificazione territoriale era stata la sua principale vocazione professionale. In questa materia aveva anche ottenuto la libera docenza universitaria. Ma fin da allora si era dedicato all’ambientalismo e in particolare allo studio e alla promozione dei parchi, a cui dedicò poi varie pubblicazioni.
A Venezia, al liceo scientifico “G.B. Benedetti”, nella prima metà degli anni ’50 aveva avuto come insegnante di religione un giovane sacerdote, don Loris Capovilla. Con lui strinse un’amicizia intensa e profonda, che durò ininterrotta fino alla morte centenaria di Capovilla nel 2016, dopo che questi era stato segretario del patriarca Roncalli e poi di Giovanni XXIII (che Sandro conobbe personalmente), vescovo di Chieti-Vasto e a Loreto, e da ultimo cardinale con papa Francesco. Ne è ricca e straordinaria testimonianza una vastissima corrispondenza epistolare, ora studiata dalla storico Enrico Galavotti. Don Loris era venuto appositamente da Chieti a Trento il 13 settembre 1969, per benedire, nella chiesa di San Pietro con don Dante Clauser, le nozze tra Sandro e Odilia. Il 13 settembre scorso avevano serenamente festeggiato con la famiglia i loro 50 anni di matrimonio.
Durante tutta la sua vita, Sandro Boato ha avuto anche una vocazione letteraria e soprattutto poetica. Della prima ricordo solo il volume “Frammenti d’Italia. Prima e dopo il Sessantotto”, pubblicato nel 2008 con una bella prefazione di Adriano Sofri. Della seconda, rimangono centinaia di bellissime poesie in italiano e in veneziano, che coprono oltre mezzo secolo. Avremmo voluto riuscire a ripubblicarle tutte insieme in un unico volume mentre era ancora in vita, sotto il titolo da lui scelto “Là dove core el me pensier in fuga. Ritmi e paesaggi”. Il ricchissimo libro uscirà purtroppo solo postumo, con la prefazione di Giuseppe Colangelo. Sarà il più bel ricordo di Sandro, che con la moglie Odilia ci aveva lavorato intensamente in tutti gli ultimi mesi della sua vita.
Dell’amore di Sandro per la poesia e per le lingue resta già ora testimonianza in due volumi monografici, da lui curati, della autorevole rivista trimestrale “In forma di parole” (diretta allora da Gianni Scalia). In questi due preziosi volumi (editi in sequenza nel 2011 a Bologna), Sandro – sotto il titolo “Poesia del Novecento euro-occidentale e americana” – tradusse (con testo a fronte) centinaia di poesie: dal francese, dallo spagnolo, catalano e galiziano, dall’ispano-americano, dal portoghese, dal luso-brasiliano, dall’inglese e dall’anglo-americano, con un’ampia introduzione e con le biografie di tutti i poeti. Un’opera di traduzione poetica che lo impegnò per anni di intenso lavoro letterario.
Siamo (eravamo, purtroppo) cinque fratelli, uniti dallo stesso impegno politico e civile, anche nelle naturali diversità di ciascuno, fin dagli anni ’60 e ’70. Arrivato a Trento da Venezia nel 1963, quando Sandro mi segnalò la nascita del nuovo corso di laurea in Sociologia, a cui mi iscrissi subito dopo la maturità liceale, con lui si è creato fin da allora un rapporto di piena sintonia, che ci ha accompagnato in questa città per 56 anni, lungo tutto il nostro percorso di vita. Ora la morte ci separa, insieme agli altri fratelli Maurizio, Stefano e Michele. Mi tornano alla mente alcuni versi che Sandro aveva dedicato a nostra madre Rita, morta, nel 1998, che traggo da alcune sue poesie a lei dedicate: “La bara di silenzio / raccoglie/ memorie su memorie / pensieri senza forma / colori vivi, storie. / ‘Stassera hai toccato l’approdo / e l’acqua salutando si ritira”. Le ceneri di Sandro riposeranno assieme a quelle di Rita nell’isola di San Michele, il cimitero di Venezia, dove tante volte era tornato. Ed ora ci tornerà per sempre.
(Questo commiato uscirà su 'l'Adige' e l' 'Alto Adige' di domani, mercoledì 4 dicembre. Grazie al Direttore Alberto Faustini).
Siamo cinque fratelli: Sandro, Maurizio, Stefano, Marco E Michele. Viviamo in città diverse (Sandro e io a trento), ma sempre profondamente uniti. Purtroppo il primo di noi, Sandro (il primo a sinistra nella foto) sta percorrendo l'ultima fase della sua vita, all'hospice Cima verde di Trento, a causa di un forte aggravamento del suo parkinson. Lo stiamo accompagnando, notte e giorno, sua moglie odilia, i suoi figli Matteo e Giulia, insieme a me. Per chi crede, una preghiera per lui. Per chi non è credente, un pensiero solidale.
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