“Ilva ha venduto le polveri velenose come concimi”
È il 24 febbraio 2004 quando davanti all’Ilva di Taranto si presenta un camion con rimorchio. Il giorno prima, al varco del siderurgico, è giunto un documento che anticipa la visita del camionista: “Dovrebbe venire un autoarticolato, inviato dalla ditta Ecofert Europe, per prelevare… dei sacconi di ‘sfridi potassici’… vogliate autorizzarne l’ingresso ed effettuare la consueta tara”.
Sul documento, scritto in calce e a mano, si legge “Ok 17 sacconi”. La Ecofert Europe è una società pugliese che si occupa di concimi. Secondo il luogotenente della Guardia di Finanza Roberto Mariani, sentito come teste il 9 settembre scorso, di sacconi che contenevano ‘sfridi potassici’, la Ecofert ne avrebbe acquistati per almeno mille tonnellate. Non sappiamo se e come li abbia poi utilizzati.
Quel che sappiamo è che, secondo la Procura di Taranto e la GdF, non era concime: si trattava di rifiuti pericolosi. Rifiuti che l’Ilva aveva persino tentato, invano, di smaltire al suo interno.
La scoperta avviene quando – è il 5 aprile scorso – gli investigatori ricevono la documentazione pervenuta dalla società Arcelor Mittal. E diventa pubblica durante le udienze del processo tarantino “Ambiente svenduto” che vede imputati, tra gli altri, gli ex patron dell’Ilva Fabio e Nicola Riva, e altre 42 persone, incluso l’ex governatore Nichi Vendola.
Il 9 settembre il pm Mariano Buccoliero, mentre il luogotenente Mariani illustra il contenuto delle fatture, chiede incredulo: “Quindi concime? Cioè dall’agglomerato usciva concime?”.
Nessun concime: erano le polveri degli elettrofiltri utilizzati per abbattere i fumi.
“La situazione prospettata – si legge in un’informativa della Gdf datata 25 giugno – ha evidenziato che già nel 2005 erano stati riscontrati nelle polveri Meep (Meep è il nome dell’elettrofiltro, ndr) i primi casi di superamento dei valori limite del piombo e (…) in una sola occasione, quelli del tellurio (cancerogeno).
L’aumento consistente del piombo è stato riscontrato a partire dal 2008. In ragione del piombo, anche se in sommatoria con altri metalli pesanti, dal 2010 al 2013 la caratteristica di pericolo è stata estesa anche alla ecotossicità. I risultati dei test (…) hanno evidenziato, a partire dal 2005, rapporti di prova con valori tali da escludere la possibilità di conferire in discarica interna (…) le polveri degli elettrofiltri (…) a causa dei parametri critici di piombo e selenio e, in casi minori, cadmio, rame e cianuri”.
Prima di venderli come “concime” l’Ilva ha provato a smaltirli al suo interno. L’ex dipendente Cosimo Zizzo spiega però che il riciclo nel processo produttivo “non andava bene”. “Ho visto caricare i camion e andare via”, aggiunge, “ho assistito anche il personale dei nostri che li caricava… però non so dove siano andati, chi erano i gestori di queste ditte… cosa ne facessero precisamente non lo so, so che qualcuno ha detto che erano ricchi di fosfati, di potassio, cioè roba che poteva trasformarsi in un prodotto per l’agricoltura”.
“Per le polveri Meep – si legge ancora nell’informativa – fu effettuato il tentativo di reimmetterle direttamente all’interno del circuito. Le prove durarono solo qualche mese, tra il 1999 e il 2000, ma non fornirono esito positivo. Fu deciso di scaricare le polveri in una betoniera per avviarle a smaltimento in stato fangoso”.
Poi arriva la vendita: “Ilva provvedeva alla cessione di polveri Meep sotto forma di ‘sfridi potassici’ nei confronti delle società Chimsider Logistica e servizi srl e Ecofert Europe srl. Le fatture commerciali… avevano quale oggetto: ‘concime minerale semplice – sali misti di potassio – ossido di potassio’. Sembrerebbe di capire che il processo produttivo dell’agglomerato generasse direttamente un concime che, come tale, non necessitava di ulteriori lavorazioni”.
Per quanto possa sembrare incredibile, stando agli atti d’indagine, l’Ilva ha venduto polveri – che contenevano piombo, selenio, cadmio, rame e cianuri – come concime pronto per l’utilizzo. E le società Chimsider Logistica ed Ecofert Europe le hanno acquistate. C’è soltanto da augurarsi che non siano state utilizzate come concime e, nel caso, chissà in quale modo sono state smaltite.
Vincenzo Musolino, funzionario di Arpa Puglia, ha evidenziato che sebbene le polveri avessero un contenuto rilevante di potassio, non poteva essere trascurata la presenza di altri metalli che di fatto le rendevano pericolose. Secondo gli investigatori, utilizzate come concime minerale, le poveri Meep avrebbero potuto contaminare terreni, falde e coltivazioni.
Non solo: “Le conseguenze potevano interessare anche la salute degli operatori addetti alla manipolazione”. “Non è da escludere – si legge nell’informativa – che le modalità con le quali sono state gestite le polveri degli elettrofiltri Esp e Meep, possano aver provocato nocumento alla sicurezza e alla salute della cittadinanza”. E ancora: “Anche per altre tipologie di rifiuti la gestione aziendale è stata verosimilmente la medesima”.
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Cfr. interrogazione parlamentare
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