"ILVA è la peggiore operazione mai fatta da ArcelorMittal"
Così scrive Paolo Bricco oggi sul Sole 24 Ore.
Ad andare via da Taranto è anche l'ultimo degli uomini del management di ArcelorMittal: "Già a gennaio Londra - si legge sull'articolo - aveva ritirato tutto il management, mantenendo sotto il suo stretto controllo la casella più importante: l’uomo dei conti, della liquidità e (soprattutto) delle passività".
La Gazzetta del Mezzogiorno riporta il contenuto di una lettera esplosiva con cui ArcelorMittal pone come condizioni - per proseguire la nogoziazione con governo - la possibilità di licenziare 5000 lavoratori, di ottenere un prestito garantito dallo Stato di 400 milioni e di rinegoziare il prezzo d'acquisto.
Condizioni ovviamente inaccettabili ma avanzate evidentemente per alimentare un apparente negoziato volto a stemperare le tensioni.
Scrive la Gazzetta: "Con la lettera giunta nelle ultime ore, prudentemente affidata ai legali per evitare almeno ora e adesso l’insorgere di un nuovo conflitto giudiziario, in sostanza - stando a quanto appreso dalla Gazzetta - ArcelorMittal chiede di rinegoziare il prezzo d’acquisto del complesso aziendale ex Ilva (1,8 miliardi), di ottenere un prestito garantito dallo Stato (400 milioni di euro), rinviando ulteriormente di una ventina di giorni la presentazione di un piano industriale che però dovrebbe contenere nuovamente i 5mila esuberi contro i quali il Governo si era speso, ottenendo un accordo".
E' ovvio che si tratta di una posizione di facciata, che richiede la prosecuzione delle attività a sostanziale carico dello Stato e con un taglio della metà dell'attuale organico.
Martedì 26 il ministro dello Sviluppo Patuanelli terrà in Parlamento un’informativa sulla siderurgia. Ma le previsioni non solo rosee. Il Foglio scrive: "L’intera filiera dell’acciaio italiano, più di tutti i settori industriali, è in crisi profonda. Il calo, come denunciato già durante il 2019 da Eurofer, era principalmente dovuto all’introduzione dei dazi americani, che hanno comportato la sovraproduzione europea con forte import di materiale a basso costo da Cina. La fermata dell’automotive, e quindi della distribuzione, insieme alla cantieristica, hanno segnato lo stop anche alla domanda interna".
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