La verde forza vitale che ci nutre
29.04.04
La verde forza vitale genera le gemme, e dalle gemme il frutto. Le nuvole tracciano il loro cammino. La luna e le stelle risplendono di forza ignea. Dal legno secco germogliano di nuovo le gemme grazie alla forza verde. Tutte le creature hanno qualcosa di visibile e qualcosa di invisibile in loro. Ciò che vediamo è solo una debole ombra, molto più potente e vitale è ciò che non si può vedere». La celebre badessa Ildegarda di Bingen ha compreso questa forza che dà la vita ai vegetali per nutrire la terra e tutto ciò che la popola e l’ha chiamata viriditas. Ma noi che non crediamo nell’invisibile siamo riusciti nell’impresa contraria: togliere la vita dagli alimenti, per esempio dal grano che vuol dire il pane e la pasta e i dolci. Come? Abbiamo selezionato per cinquantanni varietà nuove con il solo intento di farle produrre molti quintali all’ettaro e poiché il valore del grano era stabilito dal peso, economicamente il discorso non fa una piega. Ma io sono costretto a chiedermi perché sono sempre più diffusi i malati di celiachia, una malattia nuova provocata dall’intolleranza al glutine che è la parte proteica di grano, orzo, segale, farro. E mi chiedo anche perché troppi medici, sia convenzionali che non, tolgono dalla dieta dei propri pazienti il pane e la pasta. E rifletto su come abbiamo ottenuto queste nuove varietà di grano basate solo sulla capacità di produrre quantità, come se negli uomini il valore fosse dato soltanto dal peso, contano solo quelli sopra il quintale. E allora penso alle mutazioni per nuove varietà indotte con l’irraggiamento di raggi X e raggi gamma o il passaggio in campi elettromagnetici e l’uso di sostanze chimiche per ottenerne la mutazione genetica usando sali inorganici, etil-metan-sulfonato, etilenimmine, dietil-solfato, etil-nitroso-urea. Siamo riusciti a nanizzare gli antichi cereali e farli produrre di più per ettaro, ma a che prezzo? È ancora grano questo nuovo derivato che può diventare pane solo con un’infinita gamma di ingredienti estranei alla sua natura come emulsionanti, lieviti, aromi, coloranti? Di questi nuovi cibi inventati in laboratorio l’igienista Aldo Sacchetti mi ha dato una definizione che trovo particolarmente appropriata: «Sono come un dischetto che inseriamo nel computer e il computer non lo sa leggere», così uno mangia il pane e il nostro organismo si chiede: «E questo cos’è?» Ma il nostro cammino verso la mutagenesi di piante e cibi procede inesorabile tra il plauso comune perché noi lo chiamiamo "ricerca", "progresso scientifico" per il bene dell’uomo e tutti sono contenti. Dal 18 aprile è entrato in vigore l’obbligo di dichiarare in etichetta la presenza di Ogm se questi sono utilizzati quali materie prime o se ve ne sia una presenza accidentale dello 0,9 per cento, ma non c’è nessun obbligo di dichiararlo nelle etichette di carne, uova, formaggi, latte se gli animali hanno usato mangimi contenenti Ogm. E così gli organismi geneticamente modificati sono entrati ufficialmente nella nostra tavola come il cavallo a Troia. Quasi tutti sono contenti perché dicono che ora giustizia è fatta con la possibilità per il consumatore di scegliere e invece io non sono contento per niente perché ci vedo l’impiccagione dell’agricoltura biologica che giustamente non può consentire nelle sue produzioni nessuna traccia neanche accidentale di Ogm. Da sempre i più forti hanno sempre fatto quello che gli pareva, ma io come vinto chiedo almeno di esprimere l’ultimo desiderio: diffondete nel mondo gli Ogm per appropriarvi dei cibi, ma non dite che servono per produrre di più e per consumare meno veleni perché in Argentina e in Australia è dimostrato che non è vero.
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