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Frane, mille comuni ad alto rischio

Protezione civile e Legambiente presentano la mappa del dissesto idrogeologico in Italia. Sos per due paesi su tre
10 maggio 2004
Matteo Bartocci


Sono più di mille i comuni italiani che vivono sotto la minaccia di alluvioni e frane. Una situazione che richiede interventi di prevenzione, manutenzione degli alvei dei fiumi e la preparazione di piani di emergenza. Ma un'indagine condotta da Legambiente e dalla protezione civile («Ecosistema rischio 2004») denuncia che tra i 1.173 comuni a rischio «molto elevato» più di uno su tre fa molto poco per diminuire il pericolo idrogeologico e addirittura uno su dieci (il 9%) non fa proprio nulla. Sebbene quasi tutte le amministrazioni locali abbiano predisposto il piano di emergenza previsto per legge (sono l'80%), solo la metà lo ha aggiornato negli ultimi due anni. Mentre nelle zone a rischio frane si continua a costruire: oltre due terzi delle case e una fabbrica su quattro (il 26%) sorgono in zone pericolose. Ad aggravare la situazione, anche dove i piani esistono spesso la popolazione è l'ultima a saperlo, pochissime le esercitazioni e scarsa la diffusione dei piani tra la comunità: solo il 29% dei comuni ha organizzato attività di questo tipo. Pochissimi infine (il 27%) sono i progetti di evacuazione conformi alle linee guida della protezione civile.
Che cosa è successo ai nostri fiumi e torrenti? Una volta i corsi d'acqua segnavano le sorti di una città, erano impareggiabili vie di comunicazione e di approvvigionamento idrico, oggi sono visti come ostacoli da superare con ponti e cavalcavia, vengono nascosti sotto colate di cemento e imbrigliati in argini sempre più ristretti. E' il caso, esemplare, del fiume Bisagno a Genova, cementificato e ridotto a quattro volte la sua portata originaria. Se in generale la situazione è migliorata rispetto al passato - dal 2000, per esempio, c'è finalmente una mappa nazionale dei rischi - l'Italia rimane sempre una bomba ad alto potenziale idrogeologico.
Secondo Guido Bertolaso, il capo della protezione civile, oggi si riescono a fare stime accurate all'80-90% delle località a rischio di frane ed esondazioni. «Le modalità di previsione e i sistemi di allarme elaborati negli anni scorsi sono stati fatti bene- dice Bertolaso con tono rassicurante - ed erano impensabili fino a pochi anni fa, in un paese in cui la meteorologia è come il calcio, dove ognuno dice la sua». Ma tutto ciò non basta, ricorda con piglio pragmatico il capo della Protezione civile: «Ora dobbiamo verificare gli effetti al suolo, i fiumi sono stati completamente trascurati e in molti casi sono ridotti a fogne a cielo aperto».
Contro questo degrado dimenticato Legambiente si batte da anni e oggi e domani festeggia la fine della sua campagna Fiumi puliti. Per due mesi più di 5mila volontari, soprattutto scout e studenti, hanno bonificato gli alvei dei torrenti di tutta Italia. Un'operazione necessaria, perché «sono ancora un terzo i comuni che non fanno nessuna opera di manutenzione degli argini o, addirittura, che aggravano i rischi tagliando gli alberi accanto ai torrenti», dice il direttore generale dell'associazione Francesco Ferrante. Clamoroso il caso della Basilicata, dove solo un comune su cinque si occupa di mantenere gli alvei. Il nostro, infatti, rimane il paese più «rischioso» d'Europa: il 60% del territorio è a rischio sismico e il 45% idrogeologico. Per questo il capo della protezione civile rilancia la vecchia idea di un'assicurazione obbligatoria verso le calamità naturali, un dibattito aperto in altri paesi europei. Ma il parlamento, oggi come con l'Ulivo, non sembra volerlo ascoltare.
Il rapporto di Legambiente non fa che rilanciare la disparità tra nord e sud nella prevenzione: le «maglie nere»» infatti sono quasi tutte nel Mezzogiorno o nelle isole, anche se in termini assoluti le regioni in pericolo di alluvione sono soprattutto quelle del nord, con 564 comuni a rischio molto elevato (279 nella sola Lombardia). E in Toscana, Calabria e Sicilia le case costruite in zone di questo tipo superano l'80% del totale. Anche per questo sono frequenti le tragedie, come quella di Sarno, dovute all'abusivismo e alla mala gestione del territorio. Paradossalmente Bertolaso dice che la rinascita del sistema potrebbe rinascere proprio da Sarno, premiata come «maglia rosa» dalla ricerca presentata ieri. Ma i cittadini non si fidano (vedi il manifesto del 6 maggio scorso) e quei 159 morti di sei anni fa sono un ricordo che viene spontaneo ogni volta che piove più del solito.

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