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Salute e inquinamento

Donne in gravidanza e PM2.5

studio longitudinale su una coorte di donne di Città del Messico
Maria Pastore8 marzo 2021
Fonte: The Lancet
- 01 novembre 2020

Il Lancet Planetary Health è una autorevole rivista open access che pubblica ricerche, reportage e recensioni sullo sviluppo sostenibile (SDGs) e i cambiamenti ambientali di scala globale. Nel numero di novembre 2020 ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta a Città del Messico sulla esposizione a PM2.5 ambientale e conseguenze evidenti sul rigeneramento osseo delle donne in gravidanza, ricerca che ha coinvolto dipartimenti universitari degli Stati di New York, Svezia, Israele, Messico.
Lo studio è forte di una collaborazione multidisciplinare tra le scienze della salute ambientale, epidemiologia, matematica, medicina, pediatria e geostatistica.
Si tratta di uno studio di coorte e longitudinale, ciò significa che è stato selezionato un gruppo di persone (coorte) in funzione di alcune caratteristiche, e che lo stesso gruppo è stato osservato nel tempo (longitudinale), proprio per rilevare le dinamiche del fenomeno che interessano alla ricerca.
black silhouette pregnant woman

Il campione era composto da 930 donne in gravidanza di Città del Messico che ricevono assistenza prenatale dal Mexican Social Security Institute, e recrutate nel PROGRESS (Programma su Obesità, Crescita, Ambiente e Fattori di Stress Sociale). Le donne avevano un’età pari o superiore ai 18 anni, al momento della selezione non avevano ancora raggiunto la ventesima settimana di gestazione, prevedevano di restare a Città del Messico per i successivi 3 anni, non presentavano malattie cardiache o renali, non assumevano farmaci antiepilettici o steroidi né alcool, e avevano accesso a un telefono.
Le concentrazioni quotidiane di PM2.5 nell’ambiente sono state misurate con un modello spazio-temporale, secondo le variabili di attività antropiche presenti nel territorio e altri predittori spaziali (densità del traffico, temperatura, umidità relativa, strato limite planetario e precipitazioni atmosferiche), per cinque periodi di esposizione, 60 giorni prima del concepimento, primo/secondo/terzo trimestre e 1 mese dopo il parto.
La condizione delle ossa è stata misurata con l’ecografia quantitativa, un metodo non invasivo per sondare lo stato delle ossa periferiche. La velocità di trasmissione degli ultrasuoni riflette la combinazione esistente tra densità, architettura e elasticità ossea, e costituisce un importante indizio per valutare il rischio di fratture. Sono state misurate la parte trabecolare dal raggio del dito medio, la parte corticale dalla falange prossimale sempre del dito medio; nel secondo trimestre, nel terzo trimestre, a un mese e a 6 mesi dopo il parto.
I risultati della densità ossea (T-score) e le concentrazioni di PM2.5 sono stati correlati su modelli lineari misti e su modelli a ritardo distribuito.

Si parte dall'assunto che in gravidanza avvengono dei cambiamenti nell’omeostasi del calcio che possono comportare un deterioramento della densità ossea nella madre. Rispetto a prima del concepimento e al periodo iniziale della gravidanza, il rimodellamento osseo è più attivo durante il secondo e il terzo trimestre quando il 2-3% del calcio nelle ossa materne passa al feto per la sua crescita, come riscontrabile dalla perdita di densità minerale delle ossa della madre (BMD, bone mineral density). Sebbene la perdita di BMD associata alla gravidanza recuperi fisiologicamente, la sua diminuzione temporanea abbassa la forza ossea e rappresenta un maggiore rischio di fratture e di soffrire successivamente di osteoporosi, in particolare se nello stesso periodo si è esposte a fattori che aumentano la perdita di minerali o ne impediscono il pieno recupero.

Città del Messico, inquinamento atmosferico

Questa ricerca mostra che l'esposizione a PM2.5 aggrava la fragilità ossea delle donne in gravidanza e mostra in quali finestre temporali il deterioramento è maggiore.
Sebbene non sia chiaro quali tipi di tessuto e proprietà ossee siano influenzate dall'esposizione a PM2.5 dall'ecografia sono risultati dei cambiamenti nel rimodellamento osseo e nel turnover, con una maggiore influenza sull'osso trabecolare rispetto all'osso corticale. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l'osso trabecolare è metabolicamente più attivo dell'osso corticale. In generale, una elevata esposizione al PM2.5 in ambiente è associata con deterioramenti ossei osservabili anche dopo 2-3 mesi, anche se questa evidenza non persiste per lunghi periodi. L'esposizione a PM2.5 a lungo termine acutizza la perdita di forza ossea durante la gravidanza, di conseguenza, l'inquinamento da PM2.5 potrebbe portare a un aumento del rischio di osteoporosi e di fratture ossee durante la gravidanza e dopo il parto.

Le associazioni osservate sono coerenti con i risultati di studi precedenti sull'inquinamento atmosferico da particolato fine e densità minerale ossea: studi effettuati su uomini norvegesi di 75-76 anni sostengono esserci una corrispondenza tra l’esposizione ambientale a PM2.5 e una ridotta BMD corporea totale, con aumento del rischio di fratture dell'avambraccio distale. Uno studio condotto su bambini tedeschi di 10 anni ha riferito che il PM2.5 modifica i livelli sierici di osteocalcina e del telopeptide C-terminale del collagene di tipo I (CTX), due marker di turnover osseo che indicano una ridotta densità ossea, un incrementato rischio di osteoporosi e di frattura. Un'analisi del Medicare Data degli Stati Uniti ha mostrato un aumentato rischio di ricoveri ospedalieri per fratture ossee associate all’esposizione ambientale al PM2.5 in particolare nelle comunità a basso reddito. Lo stesso studio ha analizzato i dati di una coorte di uomini dell'area di Greater Boston, MA, USA e segnalato il legame tra l’esposizione a PM2.5 e la riduzione dell’ormone paratiroideo, un regolatore chiave nel metabolismo del calcio.
L'esposizione a PM2.5 è ormai una rilevante questione di salute globale. Concentrazioni di inquinamento atmosferico da particolato fine PM2.5 stanno aumentando a livello globale interessando in modo preoccupante i paesi a basso e medio reddito, per questo è necessario orientarci il prima possibile verso tecnologie e politiche che riducano l'inquinamento da PM2.5 per tutto il pianeta, senza discriminazioni economiche.

Note: Circa l'80% dello scheletro è costituito da tessuto corticale o compatto, più rappresentato nelle ossa lunghe e nella superficie delle ossa piatte, mentre il restante 20% è formato da tessuto trabecolare o spugnoso, maggiormente presente nelle vertebre, nelle parti terminali delle ossa lunghe e in quelle interne delle piatte. Le principali cellule del tessuto osseo sono gli osteoblasti e gli osteoclasti: gli osteoblasti sono deputati a sintetizzare nuova matrice ossea e a favorirne, al contempo, un'adeguata mineralizzazione, in modo da raggiungere la normale configurazione del tessuto osseo maturo; gli osteoclasti, invece, hanno fisiologicamente il compito di erodere e riassorbire il tessuto osseo più vecchio.
Queste due attività cellulari presiedono a quell'incessante rinnovamento del tessuto scheletrico, chiamato processo di rimodellamento osseo. Ogni ciclo di rimodellamento osseo inizia con l'erosione di una determinata quantità di osso da parte degli osteoclasti, che durante la loro attività scavano una vera e propria lacuna: questa viene prima ripulita da cellule di tipo propriamente macrofagico e, successivamente, riempita da tessuto osseo di nuova sintesi, generato dagli osteoblasti. Gli osteoclasti e gli osteoblasti non operano in modo indipendente, ma si scambiano, attraverso la produzione di numerose sostanze, continui e specifici messaggi, necessari per coordinare e sincronizzare queste complesse attività. L'accoppiamento tra le due attività cellulari garantisce il costante ricambio e la riparazione dell'osso, fondamentale per il mantenimento della capacità meccanica dello scheletro, che costituisce la principale funzione cui esso è preposto.
I processi di rimodellamento dell'osso forniscono, inoltre, all'intero organismo quel substrato di minerali, indispensabile al funzionamento della maggior parte degli organi e apparati. Lo scheletro, infatti, è il più cospicuo deposito di calcio e fosforo del corpo; queste sostanze, all'occorrenza, possono essere da esso prontamente mobilizzate per rispondere alle più diverse esigenze metaboliche.
(da Treccani online, Enciclopedia Universo del Corpo, 2000)
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