Riflessioni dopo la condanna di Nichi Vendola
Il momento più duro
Sono stata portavoce di Nichi nel 2005 la prima volta che si è candidato alla presidenza della Puglia. Il problema vero è che Nichi ha cercato di avere come interlocutori, e di più, come alleati, i Riva. All’epoca già sotto inchiesta. Parlava di stima reciproca.
7 giugno 2021
Francesca Borri
Mi raccomando, dicono. Che sta così giù.
Nichi è Nichi Vendola. Di cui sono stata portavoce nel 2005. La prima volta che si è candidato alla presidenza della Puglia. E anche se poco dopo la vittoria ero già su un aereo per il Kosovo, a ricominciare la mia vita, Nichi per me resta speciale. Arriviamo a Brindisi, il primo giorno, il primo comizio, in ritardo, con l’auto che si fa largo a stento tra le telecamere, i microfoni, e tutti i suoi sostenitori: e gli squilla il telefono. Guarda il numero, e mi dice: “Oddio, è importante. Rispondi tu?”, mentre squilla anche il mio telefono, intanto: e sul mio è lo staff di D’Alema. No non posso, dico. C’è D’Alema. “Ma questa è la signora Lucia”, mi dice. E chi è?, dico. Mi fa: “Una signora che ogni tanto mi chiama, perché non ha nessuno”. Scende, poi si gira un attimo, e mi fa: “Hai risposto? Che è così sola”.
Nichi è così. Di una bellezza infinita.
E però, no. Non gli ho scritto.
Perché in queste ore, mi spiace, ma la mia solidarietà non è per Nichi, è per Taranto.
L’ho visto da Corrado Formigli. Segnato. E fa male. Ma come giornalista, ho iniziato proprio con un’inchiesta sull’Ilva. Era il 2012. E non ho bisogno di leggere le carte per sapere come è andata. Di molte cose, ho esperienza diretta. Ed è per questo che quando mi hanno detto della condanna dei Riva, e di altri 45 imputati, una condanna a 270 anni di carcere, in tutto, non ho pensato a Nichi, ma a Sandro Marescotti, il fondatore di Peacelink: l’ambientalista che per primo si è battuto contro l’Ilva, e i suoi 210 chili di veleni l’anno per ogni cittadino di Taranto. Fu denunciato per procurato allarme.
In questi anni, dalla sinistra non ha mai avuto la solidarietà di nessuno.
Certo, prima non c’era niente. Prima, l’Ilva si certificava da sola le sue emissioni. E Nichi, invece, ha approvato la legge sulla diossina. E però, intanto, oltre alla legge in sé, conta la sua applicazione - perché poi, non entro nei dettagli, qui, è tutto nell’archivio di Peacelink: ma dai campionamenti in discontinuo alla diluizione delle rilevazioni con l’ossigeno, esistono mille tecniche perché la mano destra tolga quello che la sinistra ha dato. Ma il problema vero è un altro. Il problema vero è che Nichi ha cercato di avere come interlocutori, e di più, come alleati, i Riva. All’epoca già sotto inchiesta. Parlava di stima reciproca. E qualsiasi cosa ora Nichi possa dire, mi spiace: ma insieme a quello che dice, sento quello che diceva al telefono a Girolamo Archinà. Il responsabile Relazioni Istituzionali dell’Ilva. Quello che l’altra sera, in televisione, criticava: e con cui però rideva, e rideva a lungo, di un giornalista a cui era stato strappato via il microfono per una domanda sui morti di tumore.
Nichi dice che quella telefonata non è rilevante. Che è fuori dal processo. Dice che non dice niente. Sbaglia. Dice tutto. Perché il problema vero è che Nichi, come tutta la sinistra, non ha mai avuto mezza idea sul futuro dell’Ilva. E di Taranto.
E anche l’altra sera, su questo non ha risposto.
Dopo quella telefonata, gli dissi di andare a Taranto. Di andare a scusarsi. Il suo principale consigliere disse: "Tempo due mesi e sarà tutto dimenticato".
No. Mi spiace. Non sarà mai dimenticato.
Nessuno pretendeva che Nichi risolvesse la questione dell’Ilva. E per quella che è la sua storia, è più che comprensibile che tra l’ambiente e il lavoro Nichi abbia sempre pensato più al lavoro - anche se finirà che l’Ilva non sarà chiusa né dalla magistratura né dalla politica, ma dal mercato, perché produce in perdita: e non avremo difeso né l’ambiente né il lavoro. Ma Nichi è stato votato proprio perché è quello che è: uno diverso dagli altri. E quindi, perché si scegliesse gli interlocutori giusti. Gli alleati giusti.
Perché si scegliesse i Marescotti. Non gli Archinà.
Un giorno Nichi ricorderà questo silenzio. Ricorderà che non gli sono stata vicina, nel momento più duro. Ma nel momento più duro, chi è stato vicino a Taranto?
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