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Il fervido cattolicesimo dei Riva

Inquinavano e credevano in Dio

E' crollato definitivamente il sistema di potere che veniva benedetto e celebrato a Pasqua e Natale in fabbrica, con generose donazioni dai Riva all'ex arcivescovo di Taranto monsignor Benigno Papa.
11 giugno 2021

ILVA di Taranto

Mentre esce questo articolo tutti hanno potuto conoscere le condanne (fino a 22 anni di reclusione) alla fine del processo ILVA nato dall'inchiesta "Ambiente Svenduto". Tutti hanno potuto seguire su Radio Radicale i nove giorni di requisitoria dei pm Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano che avevano richiesto condanne fino a 28 anni di reclusione.

E' crollato definitivamente il sistema di potere che faceva perno sulla famiglia Riva e che trovava un grande ascolto nei decisori politici. Un sistema di potere a cui non hanno certo dato l'assalto i sindacati confederali. E che veniva benedetto e celebrato a Pasqua e Natale in fabbrica, con generose donazioni dai Riva all'arcivescovo monsignor Benigno Papa.

La magistratura fin dall'inizio ha fatto scattare arresti eccellenti.

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26 LUGLIO 2012. Su provvedimento del gip Patrizia Todisco, chiesto dalla Procura, viene sequestrata l’area a caldo del Siderurgico; nominati quattro custodi giudiziari. In otto finiscono agli arresti domiciliari: tra di loro il 'patron' dell’Ilva, Emilio Riva, il figlio Nicola, l’ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso e altri dirigenti. I provvedimenti sono stati preceduti da un incidente probatorio, conclusosi il 30 marzo, nel quale da alcune perizie sono emersi dati allarmanti sulla situazione ambientale della città.


26 NOVEMBRE 2012. Arrivano altre due ordinanze di custodia cautelare. Destinatari della prima sono Emilio Riva, il figlio Fabio (vice presidente di Riva Fire, holding del gruppo) che però non viene rintracciato, ancora Capogrosso, l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà, l’ex perito del Tribunale Lorenzo Liberti. Per alcuni indagati c'è l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale. Arresti domiciliari per l’ex assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva e per un ingegnere. Ma c'è anche un decreto del gip che fa sequestrare un milione e 700mila tonnellate di prodotti finiti e semilavorati sulle banchine dell’Ilva che l’azienda ha realizzato con gli impianti sotto sequestro senza facoltà d’uso. Tra gli indagati il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, e il direttore di stabilimento, Adolfo Buffo. Nell’inchiesta finiscono anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, un sacerdote e un poliziotto.

10 DICEMBRE 2012. La Procura di Taranto chiede un mandato di arresto europeo per Fabio Riva, ufficialmente latitante.

22 GENNAIO 2013. A Fabio Riva, rintracciato a Londra, viene notificato il mandato di arresto europeo. Torna subito in libertà vigilata dietro cauzione.

15 MAGGIO 2013. Nell’ambito dell’inchiesta 'Ambiente svenduto', parallela a quella 'madre' sull'Ilva, vengono arrestati il presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Florido, l’ex assessore provinciale all’Ambiente, Michele Conserva, Girolamo Archinà e l’ex dg della provincia di Taranto Vincenzo Specchia. All’origine, presunte pressioni su un funzionario dell’ente per l’autorizzazione all’utilizzo da parte dell’Ilva della discarica 'Mater Gratia'.

26 LUGLIO 2013. Per decorrenza dei termini di custodia cautelare, tornano in libertà dopo un anno Emilio Riva, suo figlio Nicola e Capogrosso. Hanno tutti l’obbligo di dimora.

6 SETTEMBRE 2013. La Guardia di Finanza arresta cinque persone, non alle dirette dipendenze dell’Ilva, ritenute i 'fiduciari' della famiglia Riva, che avrebbero costituito una sorta di governo-ombra dello stabilimento siderurgico, dando disposizioni e bypassando anche i dirigenti ufficiali.

30 OTTOBRE 2013. La Procura fa notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari: 53 indagati (50 persone fisiche e tre società), c'è anche il governatore della Puglia, Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata.

23 DICEMBRE 2013. “Per me era un dovere e anche una necessità, una impellenza morale farmi interrogare da questa Procura. Non ho sinceramente nulla di cui vergognarmi per quello che ho fatto per amore della città di Taranto”. Lo dice il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, uscendo dalla caserma della Guardia di finanza di Taranto dopo sei ore di interrogatorio.

26 FEBBRAIO 2014. La Westminster Magistrates' Court di Londra dà l’ok all’estradizione di Fabio Riva in relazione al mandato di arresto europeo notificato all’indagato nella capitale londinese nel gennaio 2013.

6 MARZO 2014. La Procura chiede all’ufficio del gip il rinvio a giudizio per tutti i 53 indagati dell’inchiesta.

(Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno)

Emilio Riva è morto di cancro mentre era agli arresti domiciliari. La magistratura ha colpito duramente i dirigenti e i capi area della fabbrica. E soprattutto Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, in passato premiato dalla curia locale per le sue attività di "volontariato".

Dalle intercettazioni telefoniche è emerso tantissimo. La Corte d’Assise ha scritto la sentenza con le pesanti condanne dopo aver ascoltato le parti civili e gli avvocati della difesa.

Gli imputati erano 47 (44 persone fisiche e 3 società). I Riva sono stati ritenuti i capi di un'associazione a delinquere finalizzate al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, all'omicidio colposo, all'omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, alla corruzione in atti giudiziari.

L'inchiesta da cui è nato questo processo è partita nel febbraio 2008 quando PeaceLink portò in Procura a Taranto i dati delle analisi di un pezzo di pecorino che risultava contaminato da diossine, furani e PCB (tre volte sopra i limiti di legge).

Il 21 marzo 2008, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, Nichi Vendola, allora presidente della Regione Puglia, rassicurava: "Non siamo in provincia di Caserta, abbiamo disposto il fermo sanitario solo per un'azienda zootecnica di Statte. La produzione di latte e derivati nelle aziende del Tarantino è assolutamente normale per i dati da inquinamento da diossina"

Il riferimento di Vendola a Caserta era dovuto al fatto che in quei giorni anche là era stata riscontrata la diossina nelle mozzarelle.

Per l'ex Presidente della Regione Puglia era stata richiesta dai pm una condanna di 5 anni di reclusione, ridotta nella sentenza a 3 anni e 6 mesi.

A far discutere è in generale l'atteggiamento "morbido" che la classe politica aveva nei confronti dei Riva. E' stato condannato anche Gianni Florido, storico esponente della Cisl locale, poi presidente provinciale del PD e poi Presidente della Provincia di Taranto. Ma ci sono anche altri esponenti politici in questo processo. Su Radio Radicale si possono ascoltare sia le deposizioni degli imputati che le intercettazioni telefoniche, ascoltate in aula, che li riguardano.

Fra i testimoni c’è anche l’ex arcivescovo di Taranto, monsignor Benigno Papa, che ha dovuto spiegare come riceveva le donazioni dell’ILVA. Monsignor Benigno Papa non è imputato. Nel maggio 2011 ha assegnato il «Cataldus d’argento» nel salone dei vescovi del Palazzo Arcivescovile di Taranto a Girolamo Archinà. L’ambita statuetta d’argento gli fu consegnata per le attività di “volontariato”. Durante il processo monsignor Benigno Papa ha dovuto spiegare come ricevesse da Archinà le donazioni dall’ILVA, se con assegni o con banconote. L’arcivescovo ha detto che i tagli delle banconote erano generalmente da 500 euro, in una busta, specificando però che lui, come cappuccino, aveva fatto voto di povertà e che quei soldi non andavano a lui.

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TESTE B.L. PAPA - C’è stata una volta che me l’ha data direttamente Emilio Riva. Quando
sono andato all’Ilva ha voluto incontrarsi con me e lui mi ha dato questa offerta, una
volta personalmente. Altre volte... Emilio non veniva tutti gli anni a Pasqua ad essere
presente, si serviva di questo signore Archinà che mi dava l’offerta. Ecco.
P.M. R. EPIFANI - Quindi era sempre Archinà che, tranne quella volta che era venuto Riva...
TESTE B.L. PAPA - A parte quella volta, le altre volte sempre Archinà.
P.M. R. EPIFANI - Benissimo. E questo ce l’aveva detto. Ci spiega le modalità? Come accadeva
che a lei pervenivano? Archinà prendeva un appuntamento, veniva, la chiamava? Che
faceva? Ci descriva, perché la Corte non sa nulla di questo.
TESTE B.L. PAPA - Il Dottor Archinà chiedeva appuntamento al segretario, di volere parlare
con me. Il segretario prendeva l’appuntamento e io lo ricevevo. Nella udienza che io gli
avevo concesso, lui pigliava la busta e mi diceva “Questo da parte dell’Ilva”. Ecco, così,
in maniera semplice, nulla...
P.M. R. EPIFANI - Quindi consegnava nelle sue mani queste...
TESTE B.L. PAPA - Sì: nelle mie mani, certo.
P.M. R. EPIFANI - Erano sempre in una busta?
TESTE B.L. PAPA - Beh, adesso le buste... In una busta, erano in una busta certamente.
P.M. R. EPIFANI - Erano banconote, denaro contante o assegni?
TESTE B.L. PAPA - Erano banconote: a volte di 500, a volte di 100 l’una. Qualche volta i soldi
erano in... Mi sto spiegando? 500, banconota di 500.
PRESIDENTE S. D'ERRICO - Il taglio, il taglio della banconota.
TESTE B.L. PAPA - Taglio della banconota.
PRESIDENTE S. D'ERRICO - 500: che cosa?
TESTE B.L. PAPA - 500 euro.
PRESIDENTE S. D'ERRICO - Euro.
TESTE B.L. PAPA - E altre volte 100 euro.
P.M. R. EPIFANI - Banconote da 50 ne ricorda?
TESTE B.L. PAPA - Come?
P.M. R. EPIFANI - Banconote da 50 ne ricorda?
TESTE B.L. PAPA - No, non me ne ricordo... Boh... qualche volta, non so. Ma in genere 500 o
100. Di 50 non mi ricordo. Me le avrà date...
P.M. R. EPIFANI - Ascolti, questa busta veniva consegnata sempre a lei?
TESTE B.L. PAPA - Sempre a me.

Le trascrizioni di cui sopra sono tratte da questo audio presente su Radio Radicale

 

Discutevano di religione anche Nichi Vendola e Emilio Riva, arrestato poi dalla magistratura nell’ambito di “Ambiente Svenduto”. Scriveva infatti Nichi Vendola:  “Chiesi ad Emilio Riva, nel mio primo incontro con lui, se fosse credente, perché al centro della nostra conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita. Credo che dalla durezza di quei primi incontri sia nata la stima reciproca che c’è oggi”. (“Il Ponte, rivista trimestrale locale di Taranto, promossa dall’ILVA, maggio 2011).

E' impressionante notare come in questa storia vi fossero diverse persone che, al comando della più grande acciaieria d'Europa, inquinavano la città - provocando quello che i giudici hanno definito un "disastro ambientale" - e contemporaneamente credevano in Dio ricevendo una sponda in altrettanti "credenti in Dio". 

Conforta sapere che padre Dario, missionario comboniano, dalla foresta Amazzonica abbia mandato a PeaceLink un messaggio di felicitazione per la conclusione vittoriosa del processo. Padre Dario ha lottato, anche lui vittoriosamente, con tutte le sue forze per difendere la comunità locale dall'inquinamento della multinazionale mineraria e siderurgica Vale che ha fornito le materie prime all'ILVA. 

E' arduo pensare che il Dio di padre Dario coincida con il dio delle persone condannate in questo processo.

Credere in Dio e inquinare è una cosa terribile per chi è credente.

Per chi non è è credente, invece, questa storia è la conferma antropologica che ognuno tende a costruirsi la propria visione religiosa in modo soggettivo, a immagine e somiglianza della propria ottima, mediocre o cattiva coscienza.

Ciò che tuttavia rimane di questa storia è un'amara considerazione: inquinavano e credevano in Dio. Una cosa che esula da ogni processo, perché la coscienza non si processa, ma che proprio per questo trova legittimo spazio in una libera riflessione.

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