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I contadini indiani non accettano alcun tipo di compromesso né proposta di indennizzo

La formica contro l’elefante

Una comunità rurale della costa indiana difende la propria foresta da un gigante dell’acciaio. La stampa locale prova a richiamare l’attenzione della comunità internazionale e noi di PeaceLink accogliamo volentieri la richiesta, supportando questa collettività di attivisti, pescatori e agricoltori.
29 novembre 2021
Cinzia Marzo

Protesta contro il progetto di acciaieria JSW a Odisha, in India

Avevamo parlato già qualche anno fa, esattamente a marzo 2016, di un gruppo indipendente di ambientalisti, ecologisti, attivisti sociali, agricoltori, che aveva denunciato il governo locale di Odisha (Orissa) per violazione della “Legge sui diritti delle foreste” evitando cosí, grazie all’intervento di una commissione d’inchiesta dello Stato, che Posco, colosso coreano dell’acciaio, desse il via allo sfruttamento di un’ampia area forestale ricevuta in concessione nel 2005.

Ebbene, degli otto villaggi coinvolti nella disputa, solo uno (quello di Dhinkia) non accettó nessun compromesso in fase di negoziazione e, ancora oggi a quasi vent’anni di distanza, continua a portare avanti con coraggio e caparbietà, la propria lotta per salvaguardare l’ambiente e il benessere dell’intera comunità. La regione dell'India dove dovrebbe sorgere la maxi-acciaieria

Ricordiamo che nel 2015 Posco, per aggirare l’ostacolo della partecipazione ad un’asta pubblica, imposto dalla commissione d’inchiesta del governo, aveva avviato una collaborazione con il colosso indiano Uttam Galva nel distretto Sindhudurg del Maharashtra. Lo scopo era quello di triplicare la produzione entro il 2019 e di favorire le esportazioni, per poi tornare nello Stato di Odisha e portare a termine la costruzione, già avviata, del proprio impianto siderurgico. Ma nel 2016, con l’abbandono temporaneo del progetto da parte di Posco, sembrava che la piccola comunità di Dhinkia potesse già esultare per una prima vittoria.

Cos'è avvenuto, in realtà, in questi ultimi anni? Posco ha rinunciato davvero ad un impianto industriale per la produzione di 12 milioni di tonnellete annue di acciaio? Le comunità locali sono riuscite a recuperare il pieno controllo delle proprie terre? La Land Bank di Odisha avrà infine scelto a chi e come destinare le foreste protette dal Forest Rights Act del 2006?

Per rispondere a questi interrogativi, dobbiamo peró fare un passo indietro.

Le aree naturali della regione di Orisha

Negli anni ’90 diversi governi locali indiani, per superare tutta una serie di scogli burocratici e permettere agli investitori privati di realizzare nuove infrastrutture e impianti competitivi in tempi brevi, crearono le Land Banks. Ma nel tempo tali “istituzioni”, nate per incrementare la crescita economica e lo sfruttamento della terra, hanno in molte occasioni negato alle stesse comunità locali (per favorire invece i grandi investitori) molti dei diritti fondamentali già acquisiti. Ció é stato fatto anche in deroga a decisioni e leggi approvate dal governo centrale.

Un recente studio del Land Conflict Watch, un gruppo di ricercatori di Delhi, ha rivelato che circa 13,7 trilioni di lakh sono stati spesi negli ultimi anni in 335 conflitti (703 sono stati i conflitti in totale) scoppiati in tutto il Paese esclusivamente per il controllo delle terre. Ad ogni rivolta partecipano, secondo LCW, in media, 10.900 persone.

Le aree naturali della regione di Orisha

Le Land Banks hanno acquisito cosí, nel tempo, sempre maggiore forza e potere, confiscando ampie aree naturali ai contadini e ai pescatori, spesso in cambio della promessa di un lavoro per i loro figli e di un futuro migliore per tutti. Ma in troppi casi la popolazione locale non ha ottenuto alcun beneficio. I nuovi impianti industriali hanno determinato l’inquinamento dell’aria e delle acque dei fiumi, una deforestazione selvaggia e la perdita di terre destinate all’agricoltura. Ecco perché molte comunità  continuano ad opporsi al predominio e alla costituzione di nuove Land Banks.

Come se ció non bastasse, lo Stato Centrale ha istituito nel 2020 una banca dati per gli investitori indiani e stranieri con la lista completa delle terre disponibili e vacanti, evidenziando in diverse tonalità le risorse naturali presenti (una sorta di linee guida), al fine di preservarle e di garantirne la piena salvaguardia. Purtroppo, in presenza di grandi colossi industriali e di immensi investimenti, queste direttive difficilmente vengono rispettate. Le aree naturali della regione di Orisha

Ma torniamo a Dhinkia e allo Stato di Odisha. Qualche settimana fa i manifestanti hanno ripreso a protestare, dopo un periodo di relativa calma, e questa volta con maggior vigore. La Land Bank infatti ha concesso lo sfruttamento di 2,900 acri di terra compresa tra Dhinkia, Nuagaon e Gadakujang Gram Panchayats ad un altro gigante del cemento e dell’acciaio, questa volta indiano, la JSW Utkal Steel Ltd. La decisione, inaspettata dopo l’abbandono definitivo del territorio da parte di Posco, ha riportato il malcontento nella comunità, già duramente provata (molti sono stati infatti gli arresti dei manifestanti negli anni passati), e ha scatenato forti proteste anche da parte degli ambientalisti e della stampa locale. I manifestanti impugnano la decisione del governo: “E’ illegale e arbitraria - sostengono in un comunicato ufficiale - perché, in occasione dell’incontro con JSW avvenuto nel dicembre del 2019, la comunità locale non é stata affatto convocata, mentre sono stati invitati all’incontro pubblico gruppi provenienti da altre regioni.” Inoltre il LARR del 2013 (Right to Fair Compensation and Transparency in Land Acquisition, Rehabilitation and Resettlement Act) sancisce che “le terre acquisite dalla Land Bank, ma non utilizzate per cinque anni (come in questo caso) devono essere restituite totalmente alle popolazioni locali”.

Acharya, direttore commerciale di JSW, ha risposto cosí, qualche giorno fa, ai giornalisti: "Abbiamo già identificato la terra e l’acquisizione sta procedendo in pieno accordo con il Governo di Odisha”, aggiungendo che si tratta solo di una questione di tempo.

Prafulla Samantra, presidente della ONG Lok Shakti Abhiyan, ha criticato duramente la decisione del governo e ha richiamato tutte le comunità locali a unirsi, chiedendo loro di non accettare questa volta alcun tipo di compromesso, né proposta di indennizzo da parte dell’impresa indiana: “JSW, come Posco, dovrà desistere quanto prima dal progetto!”

Intanto la stampa locale prova a richiamare l’attenzione della comunità internazionale sul caso e noi di PeaceLink accogliamo volentieri la richiesta, supportando per quanto ci é possibile, la causa di questa tenace collettività di attivisti, pescatori e agricoltori. Le famiglie di Odisha ci hanno già dato in passato e continuano a regalarci, ancora oggi, grandi speranze per il futuro.

 

Note: Fonti:

https://www.businesstoday.in/industry/infra/story/jsw-steel-to-acquire-land-in-odisha-for-rs-53000-crore-project-279994-2020-11-29

https://www.manufacturingtodayindia.com/products-suppliers/9121-jsw-steel-to-acquire-land-for-132-million-tap-steel-plant-in-odisha

https://www.downtoearth.org.in/news/environment/coastal-villagers-vow-to-oppose-jsw-steel-plant-in-odisha-80161

https://www.downtoearth.org.in/news/environment/palli-sabha-at-odisha-s-dhinkia-opposes-steel-cement-power-plant-69508

https://www.thehindu.com/news/national/other-states/odisha-villagers-oppose-jsw-steel-plant-proposed-in-land-acquired-for-posco-growing/article29994027.ece

https://india.mongabay.com/2020/03/posco-repeat-resistance-brewing-against-jsws-steel-project-in-odisha/

https://www.peacelink.it/economia/a/48198.html

https://lists.peacelink.it/ecologia/2021/11/msg00003.html

https://www.italiaoggi.it/news/in-india-la-piu-grande-acciaieria-2527157

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