Negli ultimi 300 anni persa la metà delle zone umide in Europa
Una nuova ricerca mostra che negli ultimi 300 anni è stata distrutta la metà delle zone umide in Europa, negli Stati Uniti continentali e in Cina, e alcune zone (tra cui il Regno Unito, l’Irlanda e la Cina) ne hanno perse più del 75%. A livello globale è scomparsa un’area grande quanto l’India.
Fino ad ora non si sapeva quante zone umide fossero rimaste. Le stime precedenti suggerivano che, a partire dal 1700, ne fossero state distrutte tra il 28% e l’87%. Per la prima volta i ricercatori hanno messo insieme i documenti storici e le cartine delle zone umide attuali per creare un quadro globale più preciso e hanno scoperto che, in base alle stime, il 20% di tutte le zone umide è stato distrutto. L’Europa, tuttavia, è la più colpita, dal momento che l’Irlanda ha perso più del 90% delle proprie zone umide; la Germania, la Lituania e l’Ungheria più dell’80%; i Paesi Bassi e l’Italia più del 75%.
Nonostante alcune regioni siano state colpite molto seriamente, i ricercatori dicono che il quadro generale mostra che rimane molto da salvare. “Si tratta di una buona notizia, infatti non è troppo tardi per proteggere la maggior parte delle zone umide del mondo”, ha spiegato Etienne Fluet-Chouinard della Stanford University, l’autore principale dello studio.
La perdita di zone umide è concentrata negli Stati Uniti, in Europa e in Cina.
Da migliaia di anni gli agricoltori considerano le zone umide un terreno improduttivo e le prosciugano, ma nel secolo scorso il tasso di distruzione è aumentato rapidamente. Questo, insieme all’impatto della crisi climatica, l’estrazione delle acque sotterranee, gli incendi e l’innalzamento del livello del mare, ha reso le zone umide uno degli ecosistemi più in pericolo del mondo, come spiegano i ricercatori in un articolo pubblicato nella rivista online Nature.
Le stime precedenti probabilmente erano sbagliate perché gli scienziati tendevano a concentrarsi sulle regioni dove la perdita era più consistente (spesso quelle dove vivono molte persone) e poi estrapolavano questi numeri. Tuttavia, un gran numero di torbiere, paludi e pianure alluvionali del pianeta esistono ancora in zone scarsamente poolate come il Canada, la Siberia, il Congo e l’Amazzonia. Ci sono anche molte zone umide in Alaska e questo abbassa al 40% la perdita media negli Stati Uniti.
Secondo l’articolo, più del 60% delle perdite a livello globale è stato causato dalle bonifiche operate per coltivare la terra sulle alture, seguite dalle conversioni per creare le risaie (18%) e la creazione di aree urbane (8%). Meno dell’1% delle zone umide è stato perso per estrarre la torba. Globalmente, le torbiere immagazzinano il doppio del carbonio immagazzinato dalle foreste del mondo, quindi è cruciale che questi ecosistemi vengano protetti se si vogliono rispettare gli obiettivi climatici.
Le zone umide sono importanti per la biodiversità: ci vive e vi si riproduce fino al 40% delle specie delle pianeta. Inoltre purificano l’acqua, proteggono dalle alluvioni e migliorano il benessere fisico degli abitanti delle zone urbane.
La distruzione più veloce è avvenuta negli anni Cinquanta quando in Nord America, in Europa e in Cina i governi concedevano agli agricoltori dei sussidi per la bonifica dei terreni allo scopo di creare terreni fertili per l’agricoltura e la selvicoltura. La Spagna è l’unico Paese europeo dove più del 50% delle terre umide è intatto.
Fluet-Chouinard ha spiegato: “Adesso che conosciamo l’entità della perdita e sappiamo quali benefici si perdono con la scomparsa delle zone umide, possiamo prendere delle decisioni più ponderate e consapevoli su come vogliamo gestire i nostri paesaggi”.
L’estensione delle zone umide attuali
Il gruppo di ricercatori ha studiato le cartine delle zone umide, che al giorno d’oggi vengono create usando le immagini satellitari, e poi hanno lavorato a ritroso sui documenti più antichi, molti risalenti al Ventesimo secolo, che sono stati digitalizzati. In totale, hanno studiato più di 3000 documenti sull’uso e la bonifica del suolo. I ricercatori spiegano che i dati sulle bonifiche precedenti al 1850 sono lacunosi e questo significa che la perdita delle zone umide potrebbe arrivare al 35%.
Calcolare le percentuali precise è importante perché può aiutare a indirizzare i progetti di conservazione. L’accordo raggiunto alla Conferenza sulla Biodiversità, che è stato firmato alla COP 15 a dicembre, afferma che il 30% delle terre, del mare e delle acque interne ha bisogno di essere protetto. Grazie a questo accordo gli attivisti sperano che gli ecosistemi non vengano più trascurati.
“La quantità di zone umide perse potrebbe essere minore di quanto temuto, tuttavia è comunque preoccupante”, ha dichiarato il Dott. Christian Dunn della Bangor University, e presidente del gruppo gallese della British Ecological Society, che non ha partecipato alla ricerca. “È essenziale smettere di considerare le zone umide come dei terreni incolti che esistono per essere bonificati e riqualificati come terreni ‘utili’.”
“Le zone umide, in realtà, sono i supereroi del mondo naturale e ci possono fornire delle ottime soluzioni in armonia con la natura per affrontare la crisi climatica e i suoi effetti. Dobbiamo fare tutto il possibile non solo per fermare questa perdita del 20% ma, anzi, per invertire la rotta e aumentare le zone umide con la massima urgenza.”
Potete trovare altri articoli sull’età dell’estinzione qui, e seguire i reporter della biodiversità Phoebe Weston e Patrick Greenfield su Twitter dove troverete le ultime notizie e i servizi più recenti.
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