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Spiegazione della sentenza della Corte di giustizia dell'UE sull'ILVA

La Corte di Giustizia dell'UE ha stabilito che le autorità nazionali devono effettuare una valutazione degli impatti sulla salute umana prima di autorizzare l'ILVA. In presenza di gravi rischi per l'ambiente e la salute, devono sospendere le operazioni piuttosto che concedere proroghe.
25 giugno 2024
Redazione di PeaceLink
La sentenza odierna della Corte di Giustizia dell'UE sul caso dello stabilimento siderurgico ILVA è articolata in tre punti principali che riguardano la direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali e il suo impatto sulla salute e sull'ambiente. Ecco una spiegazione dettagliata di ciascun punto della sentenza.
Valutazione degli impatti ambientali e sulla salute umana
La Corte afferma che la direttiva 2010/75/UE, letta alla luce degli articoli 191 del TFUE e degli articoli 35 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, obbliga gli Stati membri a includere una valutazione preliminare degli impatti dell'attività industriale sia sull'ambiente che sulla salute umana come parte integrante dei procedimenti di rilascio e riesame delle autorizzazioni per l'esercizio di tali installazioni. In altre parole, prima di concedere o rinnovare un'autorizzazione, le autorità devono valutare come l'attività dell'impianto influenzerà l'ambiente e la salute delle persone.
Considerazione di tutte le sostanze inquinanti
Quando si rilascia o si rivede un'autorizzazione, l'autorità competente deve prendere in considerazione non solo le sostanze inquinanti prevedibili in base alla natura dell'attività industriale, ma anche tutte quelle sostanze scientificamente note come nocive che possono essere emesse dall'installazione. Questo include anche le sostanze che non erano state valutate durante il procedimento di autorizzazione iniziale. Ciò significa che ogni possibile inquinante noto per essere dannoso deve essere considerato, anche se non era stato specificamente esaminato all'inizio.
Autorizzazioni, proroghe e sospensione dell'esercizio
La direttiva 2010/75/UE non consente che la normativa nazionale permetta ripetute proroghe dei termini concessi al gestore di un'installazione per conformarsi alle misure di protezione dell'ambiente e della salute umana previste dall'autorizzazione, se sono stati individuati pericoli gravi e rilevanti per l'ambiente e la salute umana. Se l'attività dell'impianto presenta tali pericoli, l'articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva richiede che l'esercizio dell'installazione sia sospeso. Questo significa che, di fronte a pericoli seri e significativi, non è consentito continuare ad operare con proroghe continue senza aver risolto i problemi identificati.
In sintesi, la Corte di Giustizia dell'UE ha stabilito che le autorità nazionali devono effettuare una valutazione completa e preventiva degli impatti ambientali e sulla salute umana prima di rilasciare o rinnovare autorizzazioni per impianti industriali come l'ILVA. Devono considerare tutti gli inquinanti noti e, in presenza di gravi rischi per l'ambiente e la salute, devono sospendere le operazioni piuttosto che concedere proroghe. Manifestazione in piazza della Vittoria a Taranto
Note: Quella che avete appena letto è una semplificazione didattica realizzata con ChatGPT della più complessa parte finale (la più importante) della sentenza della Corte. Eccola.

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...Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) La direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), letta alla luce dell’articolo 191 TFUE e degli articoli 35 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretata nel senso che:
gli Stati membri sono tenuti a prevedere che una previa valutazione degli impatti dell’attività dell’installazione interessata tanto sull’ambiente quanto sulla salute umana costituisca atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame di un’autorizzazione all’esercizio di una tale installazione ai sensi di detta direttiva.
2) La direttiva 2010/75 deve essere interpretata nel senso che:
ai fini del rilascio o del riesame di un’autorizzazione all’esercizio di un’installazione ai sensi di tale direttiva, l’autorità competente deve considerare, oltre alle sostanze inquinanti prevedibili tenuto conto della natura e della tipologia dell’attività industriale di cui trattasi, tutte quelle oggetto di emissioni scientificamente note come nocive che possono essere emesse dall’installazione interessata, comprese quelle generate da tale attività che non siano state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale di tale installazione.
3) La direttiva 2010/75 deve essere interpretata nel senso che:
essa osta a una normativa nazionale ai sensi della quale il termine concesso al gestore di un’installazione per conformarsi alle misure di protezione dell’ambiente e della salute umana previste dall’autorizzazione all’esercizio di tale installazione è stato oggetto di ripetute proroghe, sebbene siano stati individuati pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana. Qualora l’attività dell’installazione interessata presenti tali pericoli, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva esige, in ogni caso, che l’esercizio di tale installazione sia sospeso.

INTERA SENTENZA

https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9514F7B1748F35AE6984431AADBB7299?text=&docid=287502&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=8833572

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