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Bt11, il granturco che non piace a nessuno

Il via libera dato dalla Commissione europea non significa una vittoria per le multinazionali del biotech. Resta alta, infatti, la diffidenza verso i prodotti transgenici
20 maggio 2004
Luca Fazio Giorgio Salvetti


L'Europa apre le porte agli ogm. Questo è lo slogan propagandistico che accompagna il sì della Commissione europea alla commercializzazione del mais dolce BT11 di Syngenta. E' vero, si tratta della prima autorizzazione di un prodotto ogm a 5 anni di distanza dalla moratoria europea. Detta così, sembra un successo per le multinazionali del biotech, ma la partita è più complessa e non è detto che la lobby pro ogm abbia davvero segnato un punto a favore. La presunta apertura si deve al fatto che la Commissione aveva bisogno di lanciare un segnale per disinnescare la causa intentata dagli Stati uniti al Wto contro l'Europa, accusata di indebito protezionismo. Difficile però che il «contentino» possa bastare a Bush e compagnie, anche perché i consumatori europei continuano a non volere gli ogm e le industrie alimentari non hanno intenzione di metterli in produzione. Tanto più che la Commissione ha deciso sul BT11 senza il parere favorevole della maggioranza degli stati europei, e senza nemmeno un parere unanime della comunità scientifica. E' un atto non democratico che rivela il volto tecnocratico di un organismo che non tiene conto della volontà dei cittadini, sprezzante a pochi giorni dalle elezioni europee. E anche inutile, come afferma l'associazione Verdi Ambiente e Società (Vas): «I negoziatori statunitensi si sentiranno beffati dalla Commissione Ue poiché notoriamente l'amministrazione Usa pretende la capitolazione dell'intero impianto normativo in materia di ogm». Un'ipotesi ancora lontana dal realizzarsi.
Innanzitutto, non è vero che la moratoria europea che dal 1999 metteva al bando gli ogm è finita con l'autorizzazione di ieri: di fatto è stata superata dall'entrata in vigore della legge che dal 18 aprile impone l'etichettatura ai prodotti che contengono ogm in quantità superiore allo 0,9%: dunque, anche del mais BT11 della Syngenta. La moratoria infatti era proprio una decisione presa dai ministri europei per bloccare gli ogm in assenza di una normativa adeguata; ora che le norme ci sono, si possono riesaminare le richieste di autorizzazione rimaste in sospeso. Questo non vuol dire che l'autorizzazione al BT11 fosse scontata: il fatto è che gli stati europei, pur esprimendo pareri diversi, hanno deciso di non fare le barricate per vincere una battaglia che hanno ritenuto tutt'altro che decisiva, facendo svolgere il «lavoro sporco» alla Commissione europea. Non si spiega altrimenti il momentaneo voltafaccia pro ogm di un ministro per l'agricoltura, che rimane decisamente «contro», come l'italiano Alemanno. La vera partita non si gioca sui prodotti ma sulle sementi. Questa è la questione su cui ancora manca una legge europea e per questo neppure la Commissione avrebbe mai il coraggio di forzare la mano autorizzando nuove sementi modificate. In materia di colture, la moratoria di fatto è ancora in vigore.
E infatti, mentre Bruxelles si preoccupa di accontentare gli Usa, sono sempre di più le regioni e i singoli stati europei che si dichiarano ogm-free. In Italia stanno dicendo no nella mia regione quasi tutti i presidenti (fatta eccezione per il lombardo Formigoni, che tergiversa) e il ministro Alemanno sta lavorando a una legge molto rigida sulla coesistenza tra colture tradizionali e colture ogm. In Francia, undici regioni si sono già pronunciate nella stessa direzione, e cominciano ad arrivare le prime adesioni di alcune regioni di quei paesi dell'est che sono appena entrati nella comunità europea, territori che l'industria del biotech considerava facili da conquistare. Proprio ieri, in Grecia, il ministro dell'agricoltura ha ordinato la distruzione di un campo di mais gm; stessi segnali sono stati lanciati dalla Spagna di Zapatero, paese storicamente disponibile al transgenico. Il commissario europeo alla sanità, David Byrne, vorrebbe forzare sui semi ma sa che in materia di colture «la disciplina è rinviata ai singoli stati». A lui è toccato solo l'onore di dare il via libera a un prodotto destinato all'alimentazione umana (pop corn, merendine, prodotti da forno) che difficilmente finirà sotto i denti dei consumatori europei.
Il mais Bt11 non ha nemmeno messo d'accordo i pochi scienziati incaricati di studiarlo. L'unico parere favorevole della Ue è stato dato dal Comitato Scientifico Alimenti nel 2002, ma lo stesso comitato ha ammesso che le informazioni fornite da Syngenta «apportano elementi limitati in materia di sicurezza». Lo ha approvato unicamente sulla base di uno studio su un pomodoro Bt (che con il mais non c'entra nulla...) e su alcuni esperimenti sui topi durati poche settimane: niente dimostrò la nocività del Bt11, ma niente dimostrò il contrario. Dice l'opposto, invece, il rapporto del novembre 2003 dell'Agenzia francese per la sicurezza alimentare (Affsa): il rapporto denuncia la mancanza di analisi sull'alimentazione di animali e afferma che gli studi sono stati condotti solo con le linee di mais Bt11 da campo, cioé un tipo di mais già autorizzato dal 1998 ma destinato alla mangimistica animale. Altre ricerche, condotte da diversi gruppi di ricercatori, mostrano un aumento del contenuto di lignina nel mais Bt11: cosa comporta per l'uomo, nessuno lo sa. Infine, un rapporto del Servizio di biosicurezza e biotecnologie del Belgio sottolinea «incongruenze» tra i dati presentati dalla Syngenta e quelli prodotti da altri laboratori pubblici. Adesso sarà anche autorizzato da Bruxelles, ma nessuno sembra voler prendersi la responsabilità di confezionarci merendine.

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